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Sono passati almeno 10 anni dall’uscita di ognuno dei film che rivisiteremo in questo spazio, eppure, nel bene o nel male, nulla pare essere cambiato. Pare che le tematiche siano più attuali del previsto. Dunque, si ripropongono, proprio come i peperoni. Speriamo solo di digerirli il prima possibile. [/note]
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/Schermata-2013-07-12-alle-14.20.02.png[/author_image] [author_info]Alice Bellini. Scrittrice, si laurea in cinematografia tra Londra e New York. Non è una critica di nulla, ma le piace dire la sua, sapendo che, comunque, la risposta a tutto è inevitabilmente 42.[/author_info] [/author]
19 febbraio 2014 – Patrick Bateman esiste. Ma Patrick Bateman non esiste. E anche dopo aver assistito a ciò ha fatto, anche dopo aver ascoltato le sue confessioni più violente, Patrick Bateman non trova soluzione. È semplicemente pazzo, si potrebbe dire. Ma tutti coloro che lo circondano sono forse più sensati? Sono forse più assennati?
2000. Un assolutamente impeccabile Christian Bale gela il sangue degli spettatori di mezzo mondo con la sua interpretazione nel paradossale e assolutamente plausibile American Psycho, per l’altrettanta impeccabile regia di Mary Harron, risultando in 101 minuti di insostenibile e invasata tensione.
Finisce il film. Lo shock si placa. È solo un film. È solo un film. Un gran bel film. Molto realistico. Ben fatto. Ma sì, stiamo tranquilli, solo un film.
Eppure.
Mi guardo intorno. E tutto quello che vedo sono persone che si preoccupano più del biglietto da visita che del loro contenuto. Persone che dovrebbero fare giustizia e giustizia non fanno. Ministri politici parlamentari capi di stato che si preoccupano più della loro immagine, che delle vittime che ogni giorno mietono, nella loro perversa corsa al potere, nel loro pietoso “giocarsi tutto”, nelle loro pietose commozioni, nelle loro pietose promesse. Vedo versioni ufficiali e notiziari perfettamente architettati, dediti a costruire realtà fittizie, alibi che lascino i loro capi liberi di operare. Vedo omertà sulle violenze che ogni giorno le minoranze subiscono. Vedo l’indice delle priorità impazzire senza più alcun pudore. E poi vedo una totale noncuranza, che tutti hanno nei confronti di tutti, nessuno più interessato a guardare negli occhi, guardarci dentro, soffermarsi, osservare, ragionare. E magari anche capire.
L’Italia esiste. Ma l’Italia non esiste. E così anche il resto del mondo. Quello che vedo intorno a me, ogni giorno che passa, non riesco più a capire di cosa si tratta. Non so più dov’è che giace la verità, dove la realtà, dove la sincerità. Trovare un punto fisso che sia netto e solido sembra un’impresa sempre più disumana. E pare che l’unico modo per farlo sia autoconvincersi, tapparsi gli occhi davanti ad almeno una cosa. Non poter più fare affidamento sul puro, sul totale, sul completo. Sull’integro. Trovare il compromesso. Compromettersi. Perché tanto alternativa non c’è.
Ma non riesco a non chiedermi se è davvero Patrick Bateman ad essere impeccabile nell’indossare la sua maschera, oppure è il mondo attorno a lui che non vuole vederla. È Patrick Bateman a nascondere abilmente la sua vera personalità, oppure chi lo circonda ad essere così assuefatto da non percepire più stimolo alcuno? È il sangue che non emana più alcun odore, o è chi lo annusa a voler far finta di niente? Il problema è chi vuole far credere, o chi crede – meglio, vuole credere? Dove giace la vera psicosi?
Ma non c’è da preoccuparsi. American Psycho è solo un film.