Parole e immagini dall’Emilia, dove si vuotano le case e i garage dopo la piena del Secchia. E ci si chiede “Fa più paura il terremoto o l’alluvione?”
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/Andrea-Cardoni.jpg[/author_image] [author_info]testo, foto e video di Andrea Cardoni. Andrea Cardoni è responsabile comunicazione Anpas Nazionale. Ha pensato e raccontato, con video, foto e cose scritte, storie e tante care cose dei villaggi rurali della Tanzania, dei terremoti dall’Aquila all’Emilia, di un partigiano che ha più di 100 anni che si chiama Garibaldo e di suo nonno Remo.[/author_info] [/author]
22 febbraio – «Tu che hai la macchina fotografica, vieni a fare le fotografie dentro casa nostra che ci servono per i rimborsi», mi dicono i signori che hanno appena aperto la loro casa, a Bastiglia, una settimana dopo l’alluvione. «Madonna, che lavoro ragazzi», dicono ai volontari che entrano in casa loro.
Tutto da portare fuori dalla casa della loro mamma anziana: pentole, sedie, frigoriferi, quadri, cyclette, poltrone, posate, cassetti, armadi, ante, letti, materassi. Tutto da lavare, pulire, sperando di riuscire a salvare qualcosa.
La prima cosa che ha lavato, pulito e salvato Giuseppe è stata una cornice con la foto di un signore, che forse è il papà dei signori che hanno aperto la casa. Poi con Giuseppe siamo entrati nella camera da letto e abbiamo visto il segno che ha lasciato l’acqua sul muro. Ha superato la testiera del letto.
Intanto fuori, intorno, si sente solo il rumore dei mezzi che portano via le macchine, di quelli della protezione civile con sopra i volontari, che sono gli stessi che c’erano da queste parti un anno e mezzo fa, quando la terra ha tremato. E poi c’è il rumore continuo, costante delle idrovore e delle pompe che aspirano l’acqua dai garage: tutto il giorno con quel rumore nelle orecchie.
Adesso, da queste parti, i discorsi sono: fa più paura il terremoto o l’alluvione? e chi dice che fa più paura l’alluvione è perché il terremoto lo senti quando è arrivato e invece l’acqua quando arriva non la senti e per questo fa più paura il terremoto. Il rumore dei compressori e delle idrovore in questi giorni dopo l’alluvione però si sente forte in tutte le vie.
Intanto Giuseppe ha salvato pure un pesce rosso dal garage sotto casa dei signori. I piedi dopo mezza giornata all’ammollo iniziano ad essere freddi e c’è il bisogno di sfilarsi gli stivali e mettere ai piedi delle scarpe comode e calde. Ma c’è ancora tanto da lavorare e le divise a metà giornata sono già sporchissime: per quanto fango ha addosso Daniele non sa con quale lembo di pelle ancora pulita potrà riuscire prendere il telefonino quando gli squillerà nella tasca.
I volontari spontanei, quelli senza divisa, quelli che hanno preso un tiracqua, un secchio e una pala e sono andati per strada a dare una mano ai vicini o a quelli che non conoscevano, hanno addosso le maglie da lavoro, quelle che da queste parti andavano di moda dopo il terremoto, con scritto “Teniamo botta”. Sui giardini delle case che si stanno asciugando ci sono già le margherite «e non va mica bene», dicono da queste parti. E forse, a vedere tutto questo, ha ragione Massimo che dice che «qui più che raccontare non si racconta».
.
.