Servizi televisivi, scoop giornalistici e rivelazioni scottanti: l’anima mediatica di Vado Ligure e l’incertezza del quotidiano
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/02/Giovanni-Borrello-ritratto-bn.jpg[/author_image] [author_info]di Giovanni Borrello. Nato a Savona ventitrè anni fa, ha esordito nel 2011 con il volume “All’ombra delle ciminiere. 40 anni di carbone e tumori a Savona” (Fratelli Frilli Editori – Genova) sulla vicenda del presunto inquinamento della centrale termoelettrica di Vado Ligure-Quiliano. Si tratta del primo libro a livello nazionale a trattare di questo tema. Collabora con alcuni giornali online e a progetti culturali di ricerca storica, ha scritto alcune drammaturgie teatrali e ha curato allestimenti di mostre in ambito museale.[/author_info] [/author]
“Dai cambia canale che stasera c’è la centrale in TV!” Negli ultimi tempi è stata probabilmente la frase più pronunciata nelle case dei savonesi. Beh, forse esagero un tantino, ma certamente questo spiazzante imperativo ha sostituito molte altre pretese di rivendicazione catodica tra partner nelle fredde serate invernali. Ed è così almeno dall’ottobre 2013, quando di fatto è esploso a livello nazionale il “caso Vado Ligure”: un tardo riconoscimento, se vogliamo, ad un problema vecchio di quarant’anni ma che oggi – in un’epoca di rivalutazione ambientale e crisi pecuniaria – sembra riassumere in sé il travagliato spirito dei tempi.
Fratello minore del caso “Ilva di Taranto”, lo scandalo vadese si palesa con tonnellate di carbon fossile pronto ad essere combusto nelle caldaie della centrale termoelettrica Tirreno Power (nata ENEL, poi Interpower): due immani ciminiere – di cui solo una fumante – sovrastano una modesta piana densamente popolata e dolcemente tappezzata qua e là da distese coltivate, parentesi bucoliche nell’ingegnerismo demodé di silos, capannoni e serbatoi.
L’ORA DELLA VERITA’?
Se ci rifacciamo alle testate giornalistiche, ormai sembrerebbe certo che dalle ciminiere siano fuoriuscite sostanze inquinanti nocive e non semplice vapore acqueo. Per esempio, in un articolo de “Il secolo XIX” del 19 febbraio 2014 si legge: “esisterebbe un nesso di causalità tra le polveri emesse dalla centrale e l’incremento di mortalità (450 casi) accertati nelle zone di maggiore ricaduta delle emissioni rispetto a quelle dove gli effetti sono minori [nel periodo compreso tra 2000 e 2007 nda].” Ma non siamo che all’inizio di un lungo iter giudiziario e si sa che le verità giudiziarie necessitano di tempi lunghi e valutazioni caute.
Un caso particolare quello di Vado Ligure, in cui sostanzialmente l’Asl non ha mai rilevato criticità importanti nella popolazione, i Ministeri hanno indossato guanti di velluto in meeting e discussioni e dove mai la cittadinanza ha visto attuare un’indagine epidemiologica dell’Istituto Superiore di Sanità (anche se da pochi mesi è nato un Osservatorio Regionale Salute Ambiente). Salvo l’Ordine dei Medici della Provincia di Savona, unica entità a fare la parte di Cassandra, nessuno sembrava avallare ipotesi di inquinamento. Fino ad oggi, con la svolta derivante dalle indagini guidate dal PM Francantonio Granero (coadiuvato da una equipes di esperti) per disastro ambientale a cui si vanno ad aggiungere quelle parallele della Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) di Genova riguardanti il presunto smaltimento illecito delle ceneri di carbone, materiale di scarto della combustione del fossile, in alcune zone del Basso Piemonte. Tutto ciò però è solo la punta dell’iceberg mediatico di una situazione di disagio e incertezza maturata anni e anni addietro.
LA PROTESTA HA UN CUORE ANTICO
Sorta alla fine degli anni Sessanta tra i comuni di Vado Ligure e Quiliano, la centrale termoelettrica della Tirreno Power fu fin da subito al centro di aspri scontri e dibattiti nel savonese. Entrata in funzione nel 1970 con ENEL, inaugurò una lunga serie di discussioni, polemiche e accuse che per quarant’anni hanno contraddistinto la vita politica e sociale dell’intera Provincia di Savona e non solo. Proprio l’utilizzo del carbon fossile ha protratto per così tanti anni un clima di incertezza e paura: un materiale ampiamente usato fino a pochi anni fa nella maggior parte delle centrali elettriche europee, ma che ormai risulta un investimento sempre più rischioso e inaffidabile per gli impianti e le nazioni del nuovo millennio.
Apparentemente, nulla di più anacronistico, specialmente se si considera che dal 2007 parte della centrale è alimentata da turbogas – risultato di lunghe trattative con l’allora ENEL negli anni Novanta – e che tutto l’impianto si trova in centro città, letteralmente a pochi passi dalle abitazioni (sorte prima della costruzione delle ciminiere), in una piana già fortemente compromessa da industrie impattanti come aziende petrolchimiche, stock di carburanti e discariche, di cui una per rifiuti speciali.
Una cittadina, Vado Ligure, di appena 8mila abitanti, destinata ad affrontare problemi ambientali che metterebbero in imbarazzo i vertici governativi di una vasta regione. Una città che respirerebbe polveri sottili cancerogene (secondo medici e scienziati) ed è bagnata da un mare che nei suoi sedimenti (dati Arpal) ha concentrazioni di mercurio, arsenico e idrocarburi policiclici aromatici anche più alti di quelli che si troverebbero alla foce di un torrente inquinato come il Lerone che, tra Arenzano e Cogoleto, ha sopportato i liquami della fabbrica di vernici Stoppani (con il temibile cromo esavalente) e gli sversamenti di greggio della petroliera Haven.
Tutta colpa della gloriosa parentesi industriale del Novecento (qui la centrale c’entra poco), quando Vado era definita “la città dalle centotre ciminiere”. La Tirreno Power, divenuta proprietaria dell’impianto all’inizio degli anni Duemila dopo la breve gestione Interpower, da diversi anni è al centro di polemiche ma si è sempre dichiarata calunniata e ingiustamente accusata di inesistenti crimini. Sebbene non siano più gli anni d’oro dell’inquinamento, quando dalla centrale uscivano nuvole nere che seppellivano la città sotto coltri di polvere nociva, come una Pompei industriale, e le piogge acide facevano inorridire turisti e agricoltori, il problema pare non sia affatto concluso: la gente muore di tumore per un ampio raggio attorno all’impianto, sostengono i comitati e i medici. Sarcoma, linfoma, leucemia e carcinoma sono parole comuni in troppe famiglie savonesi secondo loro. Gli studi sulla nocività della combustione a carbone sono noti da molti anni a livello internazionale e – così sostengono sempre i comitati e i medici – solo una completa metanizzazione può garantire una qualità della vita accettabile.
Per anni sono stati solo minoranze politiche a contestare lo “strapotere” dell’ENEL, lottando come potevano contro il ricatto lavoro-salute che in questa terra ha radici antiche. Ma il quadro politico è molto cambiato nell’ultimo decennio: quelli che erano semplici nuclei di dissenso come “Vivere Vado”, “Amare Vado” e “Uniti per la Salute” si sono trasformati – con il plauso della cittadinanza – in vere e proprie controparti degne di attenzione. Sbrigativamente bollati come “quattro gatti” da alcuni esponenti politici, i gruppi sono ben presto riusciti ad assurgere al livello di importanti interlocutori.
Una data spartiacque fu il 2009, quando Vado Ligure – dopo ben sessant’anni di governo di Sinistra – elesse a proprio sindaco un esponente sorretto dai comitati, gettando nello scompiglio i direttivi di partito di Provincia e Regione. Uno schiaffo al passato che era sintomo di un disagio profondo che arrivava da una terra martoriata da decenni di sfruttamento massiccio delle risorse ambientali e consumo del suolo. La città più industrializzata del ponente voltava pagina. Tra la popolazione si era aperta una frattura incolmabile: tra chi anteponeva la salute al posto di lavoro e viceversa.
Ma la politica pare non aver colto questo sentimento e, cavalcando mediaticamente i dati allarmanti sulla disoccupazione in provincia, ha offerto in questi anni una sola panacea al tracollo economico: ampliare la centrale e costruire un mega terminal portuale che una volta realizzato potrebbe ospitare comodamente quaranta campi da calcetto. Questa, a dire dei sindacati e dei partiti di maggioranza (PD-PDL), sarebbe l’unica soluzione possibile per salvare dalla disoccupazione più di 20mila persone. Ma la strategia non ha dato i frutti sperati: nelle ultime elezioni nazionali per le politiche ha trionfato anche a Savona il M5S (molto attento alle problematiche vadesi); per la prima volta il blocco di Sinistra si è ritrovato con soli due rappresentanti locali a Roma, contro i tre dei cinquestelle. E oggi, a pochi mesi dal rinnovo delle cariche amministrative comunali, nella popolazione c’è attesa.
L’amministrazione Caviglia, che pure è considerata una rottura col passato, è stata duramente attaccata dai comitati per presunte inadempienze (come nel caso delle concessioni dell’AIA in sede ministeriale), ma tra diversi vadesi gode ancora di una certa stima. Tuttavia, l’ultima volta, il fermento ha giovato alla cittadinanza. Tra indagini legali e coscienza civica, l’aria pare che a Vado, all’ombra delle ciminiere, poco per volta, stia cambiando davvero… [continua]