#Privaliapeople, si torna a manifestare

Cinquantadue (52) persone su centodiciotto (118) verranno licenziate dal gruppo di e-commerce spagnolo. Dopo giorni di protesta ben udibile per le vie di Milano ora c’è una trattativa. I lavoratori e le lavoratrici sono tornati al lavoro per terminare gli ultimi giorni previsti. L’azienda non ha sospeso le procedure, il sindacato non è soddisfatto di come procede la trattativa e si torna allo stato di agitazione. Con che stato d’animo? Leggetelo nelle loro storie che pubblichiamo.

di Angelo Miotto

Le trattative sono in stallo, si torna allo stato di agitazione. I lavoratori Privalia torneranno a farsi sentire presto. Ma procediamo con ordine.

La prima volta che li ho visti in realtà li ho sentiti. Era una mattina di qualche settimana fa’ e il rumore dei clacson, delle trombe e dei fischietti mi aveva investito appena girato l’angolo. Camminavo nella direzione del suono, poi uno striscione bianco con una scritta spray proprio davanti a quel palazzo dove avevo scorto nei giorni precedenti la targhetta “Privalia”. Ah, ecco, mi ero detto, è quei che sta privalia, che per me era una pubblicità in rete che mi era rimasta appiccicata nelle mail, con offerte commerciali di cui ricordavo solo il logo.

Le foto sono di Stefano Vergari

[new_royalslider id=”102″]

Erano i lavoratori di Pivalia, lo sono ancora, una parte di essi per meglio dire. Una parte consistente: 52 su 118 che fischiavano a pieni polmoni in quesi fischietti, al freddo, con in mano un cartone: “Suona il clacson”. Li avrei visti tutti i giorni passando di lì, con la pioggia e il sole, la voce che si arrochiva negli slogan urlati. Adesso c’è silenzio, una trattatoiva aperta con i sindacati, il lavoro che resta per legge da sbrigare. Privalia sta bene, questa è la notizia. E per questo licenzia, offrendo come contropartita all’inizio contributi figurativi per 6000 euro e una pacca sulla spalla, oppure la possibilità di andare in Brasile o in Spagna, perché le nostre vite sono oggi leggere come un file.

Il fronte sindacale
Le ultime notizie ce le racconta Marisa Moi della Filcams Cgil, che abbiamo contattato proprio ieri 28 febbraio, a una settimana dall’apertura del tavolo che aveva individuato alcuni punti precisi da studiare:

• riduzione di 9 esuberi da recuperare su posizioni in Italia

• 22 possibili trasferimenti in Spagna con aiuto economico

• valutazione sulla possibilità di richiedere un anno di CIGS come strumento di ammortizzatore aggiuntivo alla mobilità

• incentivazione economica per coloro che non vengono riassorbiti nella struttura Italiana e Spagnola adeguata

Una settimana dopo l’individuazione di questi capitoli, come dicevamo, l’azienda non ha sospeso le procedure e non risulta che siano iniziati i colloqui con chi si è detto disponibile al trasferimento in Spagna, né vi sono notizie sulla possibilità di applicare la Cassa integrazione. Insomma, una settimana persa. Per questo si torna a manifestare. Marisa Moi mette il dito nella piaga quando ragiona su questa storia: “Privalia è un gruppo sano, il problema si pone in Italia e la politica farebbe bene a riflettere su quello che sta accadendo: non solo il commercio on line ha ripercussioni su quello tradizionale, ma per sua stessa natura se ne va dove costa meno. E se non ci sono interventi di regolamentazione si verificheranno altri casi simili”. Una riflessione inevitabile, dove però l’elemento tempo è quello che dovrebbe far scattare immediate forme di difesa del lavoro rispetto all’unica legge del ‘maggior profitto minor costo del lavoro possibile”.

I lavoratori raccontano a Q Code Mag
Abbiamo chiesto ad alcuni lavoratri se avevano voglia di scrivere un aspetto quotidiano di questa incudine che cade sulla testa di chi lavora e si sente dismesso da un giorno all’altro. E vogliamo già qui ringraziarli per queste parole, non facili da stendere in parole scritte.

Beppe.
-Mamma mamma ma perché fuori dal tuo ufficio c’è tutta quella gente che fischia?
-Amore sono colleghi ai quali la mamma ha dovuto dire che non lavoreranno più perché così mi è stato ordinato. Ora però finisci di mangiare, gioca un po e poi nanna!

E…io? Cosa risponderò a mia figlia quando passerò giornate intere a casa?

priva

Luisa. Ciao, mi chiamo Luisa sono la mamma di due bambini Emanuele e Melissa, la mattina mi svegliavo presto presto, preparavo loro la colazione li portavo all’asilo e salutandoli con un bacio sulla fronte dicevo loro: ” Buona giornata, fate i bravi ora mamma va al lavoro, ma torna
presto, e poi gioca insieme a voi.”, poi una corsa in stazione a prendere il treno, mi tuffafo tra la folla di pendolari e correvo per arrivare in Privalia,  puntuale per iniziare a fare il mio tanto amato lavoro : “la fotografa”….
Poi arriva il famoso Lunedì 13, proprio quel giorno sono in ritardo corro corro e mi avvisano di una riunione straordinaria con i capi spagnoli…arrivo nel bel mezzo della riunione, mentre pronunciano la frase “LICENZIAMENTO COLLETTIVO DI TUTTO IL REPARTO PRODUZIONE..”

Come è cambiata la mia vita?…la mattina mi alzo più tardi, porto i bambini all’asilo…e fin qui tutto bene…ma a un certo punto Emanuele mi chiede.” Mamma, ma come mai non sei di fretta? Non vai al Lavoro?” io rispondo ” No tesoro perché Privalia mi ha licenziata”… lui mi
dice ” ma hai fatto la monella ” io ” No tesoro ho fatto solo il mio dovere, sono stata una brava professionista”.

Schermata 2014-02-28 alle 16.32.29

Nicola. A 27 anni l’ottimismo non dovrebbe mai mancare. La forza catartica e travolgente con cui affrontare le sfide non dovrebbe mai lasciare il posto al malumore e alla paura del futuro. Eppure è esattamente quanto mi è accaduto quando in data 13 gennaio 2014, un lunedì qualunque tristemente troppo vicino all’inizio del nuovo anno, la direzione della mia azienda ha comunicato la decisione di lasciare a casa me e 51 dei miei colleghi. Giovani di belle speranze, è il caso di dirlo, ma con la particolarità di avere talenti sottovalutati e lati umani così toccanti che solo pochi nella vita sono fortunati da incontrare.

“La decisione è frutto di una riorganizzazione aziendale atta a migliorare la qualità della produzione” queste le parole – uno schiaffo per qualcuno che per 4 anni ritoccava le foto e creava grafiche stando attento al dettaglio che vedi solo con lo zoom al 1000%. Ho passato i giorni seguenti tra lo sgomento e l’ansia di non sapere cosa fare esattamente, nella frenesia di mettere insieme quei ritagli di carriera da proporre ad altri, con la tristezza di guardare miei amici condividere la stessa malaugurata sorte. Ma soprattutto cercando di ricordarmi come stavo la domenica prima. Quando ero sereno. Quando ero tranquillo. Quando sapevo che avrei avuto qualcosa in banca. Quando l’affitto era sicuro e mi dicevo che avevo fatto bene a lasciare la Puglia per venire a studiare a Milano e potevo “addirittura” concedermi il lusso di un cinema ogni tanto. Quando facevo progetti di andare a visitare il mio migliore amico a Edimburgo, città dove lui ha trovato lavoro perchè – serve dirlo? – qui in Italia c’è poco e nulla, e quel che c’è è sottopagato.

Ecco. La cosa che più mi devasta è che con la notifica di licenziamento collettivo la mia azienda non solo mi ha tolto quella possibilità di fare piani e progetti che dovrebbe essere garantita a chiunque in questo paese, ma mi ha privato anche del ricordo di quel senso di pace che avevo quando stavo bene. Quando un pezzo di carta con su scritto “indeterminato” sosteneva un po’ quel senso di ottimismo che, a 27 anni, non dovrebbe mai mancare, e che ora invece devo cercare scavando un po’ di più dentro me stesso. Tra le cose che so di saper fare che purtroppo nulla son valse davanti al bisogno di un azienda di battere ancora, sempre più, dolorosamente, cassa.

Schermata 2014-02-28 alle 16.32.29

Stefano. Non sono una persona che si cullava sicura al pensiero del contratto a tempo indeterminato, in azienda della new economy che vantava tassi di crescita deò 300%.
Quel realismo che credo mi contradistingua mi ha sempre portato a pensare che questo non è un’età di certezze, in questo emisfero, in questo paese, per persone della mia estrazione sociale.
Mai sedersi, preparati a cambiare.
Eppure il 13 Gennaio ho pensato “Bravi,mi avete fregato!”.
Il mio amministratore delegato  dice che l’azienda cresce ma in un mercato così competitivo bisogna aumentare ancora un pochettino i margini per gli investitori,e  quindi il mio lavoro viene spezzettato tra Spagna e India, salari minori, diritti inesistenti.
5 reparti produttivi, 52 persone su 118 sono considerate in esubero da un momento con l’altro.
Tutti mi chiedevano “Hai il contratto a tempo indeterminato, perché non fai un mutuo?”.
E io che pensavo: 150.000 mutuo per 30 anni.
30 anni, ma non se il mio paese sarà ancora a galla tra 6 mesi, io mi lego con la banca per 30 anni? E dove la trovo la caparra, con il mio stipendio con cui faccio fatica ad arrivare alla fine del mese?
La mia azienda mi ha tolto questo dubbio.

Grazie a Dio da domani non so neanche come pagare l’affitto.
Per un mese ho dovuto tentare di capire cosa è una procedura di licenziamento collettivo, a imaparare cosa vuol dire Mobilità, a imparare i significati delle più diverse sigle sindacali per poi rimettersi nelle mani di mamma Cgil.
Nel frattempo continuare a lavorare, svegliarsi la mattina e recarsi nel posto di lavoro dove per 5 anni a ritmi serrati, lamentandoti, ma anche divertendoti, e trovarlo svuotato di senso,guardi in faccia i tuoi colleghi e trovi lo stesso smarrimento,  dove sono i prodotti da vendere online che riempivano i nostri corridoi?
Le hanno rispedite verso la Spagna…
Gennaio 2014 doveva essere il mese in cui avrei festeggiato l’inizio della nuova epoca del “risparmio”, perché finalmente grazie al fatto che la mia ragazza iniziava a percepire un piccolo reddito, avremmo potuto cominciare a condividere delle spese e a “risparmiare”, o quanto meno finalmente avere due lire a cui poter attignere in caso di emergenza.
Doveva essere l’anno in cui forse in vacanza non sarei andato come al solito a trovare la mia famiglia in Puglia.
L’anno in cui forse avrei potuto incominciare ad cercare un master universitario, riprendere i miei studi in modo da crearmi da solo l’opportunità di abbandonare questa zattera di salvataggio che era la mia azienda, che mi aveva permesso di rimanere un minimo a galla durante questi anni di crisi, ma sulle cui prospettive non sono mai riuscito a fidarmi del tutto.
Ma mi hanno fregato.
Se in questi anni qualcuno ha vissuto al contrario di me passando da un contratto a precario ad un altro, forse sorriederà di fronte al nostro sgomento e lo capisco.
Ma quando sai di avere un contratto a tempo indeterminato, fai l’errore di non vivere con i tuoi genitori, fai l’errore di comprare una macchina, fa l’errore di comprare una casa o peggio di fare un figlio, e questi sono errori che da domani rischiamo di pagare molto cari.



Lascia un commento