La gabbia dei matti cattivi

L’opg di Montelupo nei ricordi di un volontario

di Cristina Galasso, tratto da PluraliaWeb

Tredici anni di volontariato all’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo, direttore di “Spiragli” la rivista nata nel 1998 all’interno dell’Opg e, adesso, autore del libro “La gabbia dei matti cattivi”, il racconto della sua esperienza di volontario attraverso memorie e appunti… E’ molto raro che un volontario decida di narrarsi in prima persona, per iscritto e in un libro. Intervista a Riccardo Gatteschi.

Cosa l’ha spinta a farlo?
Per tredici anni ho tenuto (e tengo tuttora) un diario dei miei incontri bisettimanali con gli internati che frequentano la redazione di Spiragli. Spiragli è, infatti, una rivista creata e costruita nella sua interezza grazie alla collaborazione, volontaria e gratuita, degli internati stessi. Sono loro che scrivono gli articoli, le poesie, le riflessioni, le denunce, gli appelli… Ma il mio impegno all’interno dell’Opg di Montelupo non è solo questo. Non è infrequente il caso che la direzione mi chieda di accompagnare un internato in qualche località per un colloquio, per un trasferimento, per la sopraggiunta libertà… Di queste mie esperienze ho tenuto un diario che tre anni fa ho fatto leggere al magistrato di sorveglianza, il dottor Massimo Niro, il quale mi disse che, in caso di pubblicazione, sarebbe stato felice di scrivere la prefazione. Così il libro è uscito nel marzo 2010 e sta avendo un certo successo, tanto che ho in cantiere una nuova pubblicazione con un editore di più ampio respiro.

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Come è cambiato l’Opg in questi anni?
In questi 13  anni molto è cambiato nell’Opg di Montelupo, anche se rimangono le tante difficoltà di qualsiasi istituto di pena: tempi lunghi, impedimenti nel portare avanti iniziative alternative, problematicità nei rapporti, specialmente con gli internati con patologie più complesse.. Innanzitutto è calato il numero degli ospiti che è passato dagli oltre 200 agli attuali120. E poi negli anni ’90 l’attività di volontariato quasi non esisteva; oggi, invece, grazie anche all’impegno dell’Associazione di Volontariato Penitenziario, è una realtà radicata, anche se il numero dei partecipanti è ancora contenuto.

Quale storia o episodio tra i molti che ha vissuto ricorda oggi con più emozione?
E’ difficile estrapolare un ricordo che abbia lasciato tracce più profonde nella mia esperienza di volontario. Ogni persona che incontro ha una sua storia, un suo percorso… Certo, il lungo rapporto, che poi è diventato anche un legame di amicizia, con Enrico (ne parlo nel libro), il cui epilogo è stato la sua morte su un marciapiede di Roma, ha segnato in maniera forte la mia esistenza.

Dopo la recente inchiesta parlamentare sugli Opg promossa dal senatore Ignazio Marino, sono sempre più numerosi quelli che pensano che gli Opg siano un fallimento e vadano chiusi. Lei che ne pensa?
In linea teorica non ritengo che un Ospedale Psichiatrico Giudiziario sia un istituto strutturalmente negativo e fallimentare. Guardando, però, alla realtà dei fatti e sulla base della mia esperienza, credo che l’Opg di Montelupo sia del tutto inadeguato alle finalità che dovrebbe perseguire. E’ inadatto architettonicamente: la sezione più affollata si trova all’interno di una struttura seicentesca, nata in origine come stalla per i cavalli della corte medicea. E’ inadeguato anche come luogo di cura e riabilitazione: i servizi medici e psichiatrici sono ridotti al minimo, gli ambienti dove dormono e vivono gli internati non sono camere, come dovrebbero essere in un ospedale, ma vere e proprie celle con porta blindata,  spioncino, sbarre, gabinetto a vista. I ripetuti interventi del senatore Marino sono stati importanti e hanno prodotto alcuni effetti positivi: la chiusura di alcune celle fatiscenti, la messa  in opera di un seppur minimo impianto anti-incendio, una maggiore attenzione alla manutenzione degli ambienti e alla cura dei suoi abitanti… Ma c’è ancora molto fa fare…

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