Ieri è stato arrestato il narcotrafficante serbo-montenegrino Darko Sarić, uno dei più ricercati al mondo
di Lorenzo Bagnoli
19 marzo 2014 – Un mastino in camicia bianca. L’aria serena, il viso colorito, nonostante le manette ai polsi. Alcune fonti dicono che l’hanno arrestato in Sudamerica, dov’era di casa dal 2009. È Darko Sarić, narcotrafficante nato a Pljevlja. Fino alla mattina del 18 marzo, uno dei più ricercati del mondo. Secondo la Corte di giustizia serba, si sarebbe arreso un mese e mezzo fa. “Per evitare un bagno di sangue e una carneficina”.
Aveva un impero sconfinato. Investiva forte, come un broker dell’alta finanza. Possedeva giornali, agenzie assicurative e immobiliari, alcuni famosi night di Budva (Montenegro). Tutti beni e aziende comprati con i proventi della cocaina. Aveva degli uomini in Sudamerica, nei principali porti d’Europa, in Sudafrica, in tutti i Balcani. Militare era la precisione con cui faceva portare la roba ai grossi fornitori di altre organizzazioni criminali.
Tra i suoi accoliti c’era un certo Rodoljub Radulović: un imprenditore che usava le sue navi per trasportare la coca. Funzionava così: yacht e piccole navi a motore si passavano la coca lanciando in mare degli zaini riempiti di palloncini, che risalivano sulla superficie dell’acqua. Il prezioso carico, poi, veniva trasportato sulle navi cargo, dove l’equipaggio connivente lo nascondeva. Fino all’arrivo.
Uno che conta, Rasulović. Uno che era amico di consiglieri molto vicini all’ex (da pochi giorni) premier della Serbia, Ivica Dačić. Misa Banana, lo avevano soprannominato: vendeva tonnellate di banane in America centrale e negli Stati Uniti. Le navi che facevano rotta verso lo stretto di Gibilterra, quelle le riempiva anche di cocaina, stando alle accuse della magistratura serba.
La multinazionale del narcotraffico di cui era direttore esecutivo Darko Sarić si chiamava Guerrieri balcanici. Perfetto esempio di come mafia, ex corpi militare e politica si prendano per mano nei Balcani. Si scopre della loro esistenza nel dicembre 2009: un carico di 2,7 tonnellate di cocaina con un altissimo tasso di purezza viene sequestrata lungo le coste dell’Uruguay. Il mondo scopre il nome di Darko Sarić. La sua organizzazione aveva il controllo dell’intera filiera della droga: dai porti argentini e uruguaiani, fino a Livorno, Genova, Monfalcone, Vado Ligure. Sì, la storia di Saric parla anche italiano.
Questa storia in Italia racconta dei legami ancestrali mafie balcaniche – ‘ndrangheta. Racconta la Milano che sniffa, le periferie ammalate e spacciatori di successo. E comincia ancora prima che nel resto del mondo: nel 1999, dieci anni prima che Saric diventi uno dei narcotrafficanti più ricercati del mondo. Secondo quanto riferito dai servizi segreti serbi a Stevan Dojčinović, giornalista che da anni segue le tracce di Saric, l’uomo avrebbe passato gli anni della sua educazione criminale in Italia. Non si sa dove, non si sa con chi. Tra il 2008 e il 2011 a Milano si leggevano cronache di questa banda di serbo-montenegrini che spacciava 40 chili di coca alla volta girando per le periferie con i panetti nascosti nel sotto sella. Gratosoglio, Quarto Oggiaro. Ma anche San Siro, corso Vercelli, via Washington. 5-600 mila euro a viaggio, pagati cash. Lo ha raccontato il pentito Francesco Petrelli, nel 2010: la gola profonda di Loptice, l’operazione con cui, a Tirrenia, la Dda milanese ha preso 535 chili di coca. Era destinata alla piazza del capoluogo lombardo.
.
POST SCRITTO: Quando ha incontrato la gang di Saric, Michele Grifa pensava di aver fatto un affare. Classe 1987, da sempre al quartiere Gratosoglio, periferia sud di Milano. Aveva cominciato da giovane e vendere palline di droga. Con gli anni ha fatto successo: da piccolo spacciatore a fornitore della ‘ndrangheta. Il business lo portava avanti con il padre e Paolo Fossati, altro fornitore delle mafie milanesi. A novembre 2013 Michele Grifa s’è preso 16 anni di carcere per traffico internazionale di cocaina. È stato un ingranaggio del potere di Saric. S’è arrichito anche lui, ma mai come i vertici. È una di quelle storie che ci ricorda che dietro i mega affari dei narcos di tutto il mondo ci sono le piaghe dei quartieri di periferia dove uno è cresciuto. Come Gratosoglio: Torri Bianche e noia. O Quarto Oggiaro, che nonostante abbia qualcosa come 12 associazioni, centri culturali attivissime, fa parlare solo quando torna a mano armata. A febbraio sono morti tre componenti della famiglia Tatone, clan mafioso caduto in disgrazia che stava cercando di tornare alla ribalta, a suon di coca. Manco a farlo apposta, anche loro sono stati clienti dei “serbi”, come i milanesi chiamavano i Guerrieri Balcanici.