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Il blog racconterà di Timor Est, il più giovane stato asiatico, che occupa la parte orientale di un isolotto nel Pacifico, a ridosso dell’equatore, a pochi passi dall’Australia. Si parlerà dei suoi abitanti, poveri, allegri, pigri, delle loro abitudini, della loro vita, e delle loro storie. Il blog è una relazione d’amore con quest’isola incantata, tutta da scoprire, che sta lottando per crearsi una sua identità e un suo luogo dopo secoli di controllo coloniale, terminato solo una decina d’anni fa. [/note]
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/12/Il-volto-di-Fabrizio-1.jpg[/author_image] [author_info] Fabrizio Fontana. 35 anni. Ama ascoltare. Da qualche tempo vive a Dili, in Timor Leste, dove trascorre le sue giornate insegnando, studiando la lingua e la cultura dell’isola, passeggiando e oziando. È interessato alla permacultura, alla salvaguardia ambientale, alla natura, ma soprattutto a trovare un modo di vivere che sia in sintonia con il benessere dell’essere umano. Pensa che ogni situazione sia una storia da raccontare. In questo periodo scrive di Timor Leste, ma per caso, perché ora vive lì. [/author_info] [/author]
24 marzo 2014 – Non è semplice viaggiare a Timor, non lo è per i turisti e non lo è per i locali. Spesso è caro, scomodo, lento e solitamente i timoresi viaggiano poche volte all’anno per tornare nelle sperdute località di origine dopo aver trascorso tutto l’anno lavorando o studiando nella capitale. La maggior parte dell’isola è collegata da stradine sterrate e non c’è un vero e proprio trasporto organizzato. Ci si sposta normalmente in scooter, in camion o in autobus. Le automobili sono ancora praticamente inesistenti, e inadatte per le strade del paese.
Per chi non possiede uno scooter il viaggio è un evento incerto. L’orario e le fermate degli autobus non si conoscono mai in anticipo e per avere queste informazioni ci si affida ad una comunicazione sotterranea avvolta di magia e mistero. Si telefona, si chiede in giro a sfinimento, ma soprattutto si aspetta. Non c’è nessuna informazione certa e nessuna fretta. A Natale, che è il periodo dove la maggior parte delle persone si muove, il mattino presto si andava al mercato, che fa anche da partenza degli autobus e poi si aspettava, a volte per ore, a volte per giorni.
Anch’io ogni tanto mi faccio prendere dalla voglia di uscire dalla capitale e, se metto da parte la fretta, spesso l’esperienza del trasporto giustifica il viaggio. Questo è un viaggio in camion verso un paesello di montagna a un centinaio di chilometri da Dili. La partenza era prevista all’alba ma il camion arriva solo nel tardo pomeriggio. Un ritardo normale per i canoni locali, tanto che l’autista non sente neppure l’esigenza di giustificare il ritardo. In fondo il concetto di perdere tempo è una costruzione mentale occidentale che qui a Timor è completamente assente.
Come si fa a perdere qualcosa di così profondamente astratto come il tempo? Salto sul cassone tra bagagli, cibo, gente. C’è un grosso materasso, qualcuno è seduto nella tipica posizione asiatica a gambe incrociate, qualcuno è coricato, altri sono in bilico sulla sponda, aggrappati con le unghie ai vicini. Io sono tra questi, con l’aria che mi sferza la faccia e la strada che scorre lenta qualche metro più in basso. L’atmosfera è da gita scolastica e ben presto quelli che alla partenza erano degli sconosciuti iniziano a parlare. La gente è amichevole e sorridente e solitamente non c’è nessun problema nel rompere il ghiaccio e conoscersi. È una cosa che avviene con naturalezza qui dove le persone sono abituate fin da piccole a condividere il loro spazio e tutto il loro tempo.
La strada è stretta e tortuosa e costeggia il mare, offrendoci una panoramica su baie silenziose e deserte, su spiagge abitate dai coccodrilli e su piccoli villaggi abbarbicati sui ripidi pendii delle montagna a strapiombo sul mare. Lo sviluppo industriale non è arrivato ed è un raro privilegio riuscire a godersi questi angoli ancora selvaggi.
Ben presto inizia a piovere, cosa normale trattandosi della stagione delle piogge. Sul cassone di un camion non c’è molto spazio per ripararsi ma tra i bagagli appare un telone che mille mani tengono tirato, riuscendo così ad evitare in qualche modo il grosso dell’acquazzone. Sotto il telone l’atmosfera è carica di umidità e corpi, ma la scomodità e il disagio non fanno che aumentare il clima di cameratismo. La stanchezza non è ancora arrivata e le chiacchiere e le risa sotto il telone sono la colonna sonora del viaggio. Proseguiamo così fino a che con l’arrivo della notte anche la pioggia cessa.
Dopo tutte queste ore di strada deserta fa strano trovarsi in un villaggio. È Manatuto, capitale dell’omonima provincia, sonnolento paesino bagnato dal mare ma con l’anima rivolta verso le montagne che lo sovrastano. Il camion si ferma per una breve sosta e tutti saltiamo già dal cassone per dileguarci come fantasmi nel villaggio notturno alla ricerca di cibo. Sono case basse dal tetto di zinco assiepate attorno al mercato notturno. Si vendono per lo più bevande alcoliche fatte artigianalmente, tabacco e dell’ottimo cibo cucinato sul posto, ideale per proseguire il viaggio. Gli abitanti del paese sembrano essere tutti in strada e l’atmosfera festosa lascia intuire che il mercato è l’avvenimento sociale del paesino.
Il cielo lavato dalla pioggia è limpido e nell’oscurità della notte equatoriale si vedono migliaia di stelle. Il cassone è ingombro perché tanti si sono coricati. Io ora sono sul tetto della cabina da cui ho una visione perfetta della strada silenziosa che si arrampica sulle pendici della montagna. Non ci sono luci, nessun villaggio e nessuna traccia di civilizzazione se non fosse per la strada e il rumore del motore. Il paesaggio scorre in un silenzio ovattato e le ore passano lente e sonnolente. Ho sentito di gente che durante il viaggio casca addormentata dal tetto di qualche autobus o camion.
Questa forma di viaggiare dal perenne sapore di avventura è legato alla magia di quando muoversi è un evento eccezionale. In questi ultimi anni a Timor è arrivato lo sviluppo economico e il progresso ed è in programma un enorme progetto di collegare il paese con un sistema viario moderno. Molto probabilmente questi sono gli ultimi anni in cui ci si può godere questo tipo di trasporto dove percorrere cento chilometri è un avventura che dura un giorno intero.
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