Ecco perché ai lavoratori di Porcia non bastano le garanzie annunciate dall’azienda dopo il tavolo di concertazione al Ministero dello Sviluppo Economico
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di Antonio Marafioti
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9 aprile 2014 – L’annuncio ufficiale diramato dal Ministero dello Sviluppo Economico al termine del tavolo di lavoro sulla questione Electrolux ha fatto gridare alla vittoria: “Tutti e quattro gli stabilimenti italiani – si legge nella nota – restano aperti, su tutti e quattro si prevedono investimenti e almeno fino al 2017 non si parla di esuberi”.
Senza quella precisazione finale, che circoscrive il salvataggio al termine del prossimo triennio, oggi si potrebbe raccontare un’altra storia. Quella della fine di una crisi, della messa in sicurezza dei posti di lavoro di quattrocento persone, quella di un’azienda che torna a puntare definitivamente sul made in Italy. Probabilmente qualcuno potrebbe finanche azzardarsi a segnare il primo punto a favore del governo Renzi. Invece no. Ai lavoratori pordenonesi, in presidio permanente dal 27 gennaio scorso, non sono bastate le rassicurazioni divulgate dalla titolare del MISE, Federica Guidi, da quello del Lavoro, Giuliano Poletti, e dall’amministratore delegato dell’azienda, Ernesto Ferrario, dopo le quattro ore d’incontro con le parti sociali e i governatori del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, del Veneto, Luca Zaia e dell’Emilia Romagna, Vasco Errani.
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Il passo è stato fatto, dicono dal picchetto di Porcia, ma è ancora troppo piccolo, e allora lo sciopero continua. Solamente nella giornata di ieri si è arrivati a farlo durare tre ore e un quarto durante il turno della mattina e un’ora e mezza durante quello del pomeriggio.
«A Roma sono emersi aspetti positivi, ma nulla di così nuovo da farci pensare che la partita sia davvero chiusa», ha dichiarato il segretario della Uilm di Pordenone, Roberto Zami. «Siamo soddisfatti dalla decisione di applicare una decontribuzione fiscale alle aziende che applicano i contratti di solidarietà, ma siamo altrettanto coscienti del fatto che ciò porterà a congelare gli esuberi, non a riassorbirli. C’è bisogno di un piano industriale che, nero su bianco, offra prospettive di lungo periodo, non un mero rinvio a una nuova data. Il 2017 non è poi così lontano».
Anche per la Fiom di Pordenone la vertenza non può dirsi chiusa. Maurizio Marcon, segretario provinciale, raggiunto telefonicamente mentre si stava recando ad un’assemblea straordinaria degli operai di via Brentella, ha ricordato che «non c’è da stare allegri. Stando a quanto pubblicato in queste ore dai giornali sembrerebbe che la soluzione sia in tasca, che il problema sia definitivamente risolto. Per quanto ci riguarda nulla è cambiato rispetto a prima di questo incontro. Il piano proposto continua a essere quello già annunciato a febbraio e che prevede per Porcia quattrocento esuberi fino al luglio 2018, data in cui finirà la Cassa Integrazione».
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Il sindacalista ha ribadito che quella annunciata al termine dell’incontro romano, rappresenti una soluzione temporanea: «Nessuno ha smentito la decisione più importante: quella di delocalizzare parte dell’alto di gamma in Polonia. Porcia abbasserà la sua produzione: passeremo da un milione e centomila lavatrici all’anno a 750mila. Se non verranno fatti investimenti considerevoli, assisteremo alla chiusura dello stabilimento nel giro di qualche anno».
Durante il vertice al MISE, i rappresentanti dell’azienda si sono comunque detti pronti a salvare le sue quattro sedi produttive in Italia. «È quanto avevano già promesso, ci saranno nuovi piani e volumi produttivi per le fabbriche di Solaro, Forlì e Susegana, ma la nostra situazione resta ancora critica. Non ci resta che aspettere le riunioni dei prossimi giorni ed essere fiduciosi nella possibilità che sia stilato un importante piano aziendale anche per Porcia».
Fino ad allora, promettono le sigle di categoria, «manterremo alta l’attenzione e continueremo a scioperare». La riunione del nuovo tavolo di concertazione è previsto per i prossimi 16 e 28 aprile.
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