Un’indagine sul mondo carcerario e sul Sudamerica, un viaggio durato dieci anni e che ha portato il fotografo Valerio Bispuri a visitare 74 prigioni, a volte ad entrare in celle di 4 mq dove vivevano fino a trenta persone. “Un lavoro di denuncia per mostrare le condizioni in cui versano molti prigionieri”
Sabrina Lupacchini, Redattore Sociale
11 aprile 2014 – “Avevo 77 anni quando qualcosa di misterioso mi spinse a spendere la paghetta di 5 mila lire che mio padre mi aveva dato per una gita scolastica, per comprare la mia prima macchina fotografica. Ne è passato di tempo da allora, ma mi è sempre rimasta la voglia di raccontare il mondo attraverso le immagini”, si racconta così Valerio Bispuri, romano, classe 1971, fotoreporter professionista dal 2001. Per lui “la fotografia è indagine, possibilità di approfondire e svelare per far emergere situazioni che si conoscono poco o che per qualche motivo vengono nascoste”. Dal 2002 al 2011 Bispuri si è impegnato in un lungo progetto, una indagine sul mondo carcerario e sul Sudamerica, un viaggio che lo ha portato a visitare settantaquattro prigioni “in paesi ancora per molti versi sconosciuti, dalla Colombia e il Venezuela fino all’Argentina e il Cile”.
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“Encerrados” questo è il titolo del reportage “è un lungo filo che attraversa le città, i sorrisi, la rabbia e le illusioni di chi vive rinchiuso, un lavoro di denuncia per mostrare le condizioni, spesso inumane e terribili in cui versano molti prigionieri, un lavoro antropologico che non dà mai un giudizio, semplicemente racconta”. “Ho sempre amato i reportage lunghi, che permettono di andare a fondo, di scavare, ho scelto di raccontare il Sudamerica attraverso le carceri perché credo siano lo specchio di una cultura, di un paese, esprimono le difficoltà e le speranze di un popolo” spiega il fotografo, che nelle tante prigioni visitate ha incontrato la disperazione della gente ed è entrato in celle di 4 mq dove dovevano vivere sino a 30 persone, come sottolinea nel video legato al progetto.
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“Nelle prigioni, prosegue Bispuri, sono riuscito ad entrare con i permessi, prima tramite ambasciata e poi di seguito con le varie organizzazioni che gestiscono il sistema carcerario, l’impatto è sempre molto forte, sono realtà chiuse dove i sentimenti si amplificano, non hanno una loro logica”. Il reportage è stato esposto al Visa pour l’Image a Perpignan nel 2011, al Palazzo delle Esposizioni a Roma, presso l’Università di Ginevra, al festival di fotografia di Berlino e a Buenos Aires. La prossima mostra ufficiale è prevista a New York il 16 ottobre 2014. Nel 2013 Valerio Bispuri ha terminato un progetto durato otto anni per denunciare la diffusione del consumo di Paco, una droga a basso costo che sta uccidendo migliaia di adolescenti e bambini nei sobborghi delle metropoli sudamericane. “Credo molto in questo progetto, conclude il fotografo, e penso possa diventare un libro, un documento che resti e che dia la possibilità di presentare il lavoro in modo completo” attraverso il crowdfunding l’intento è pertanto quello di realizzare una pubblicazione: 100 scatti che raccontano un continente e gli “encerrados”, i rinchiusi.
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