Dal profondo

Valentina Zucco Pedicini vince la sezione “Prospettive.doc” all’ottavo festival di Roma con un film ambientato quasi completamente all’interno delle miniere Carbosulcis di Nuraxi Figus

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/02/Juri-Saitta.jpg[/author_image] [author_info]di Juri Saitta. Nato nel 1987, laurea triennale in “Scienze della Comunicazione” e laureando in “Discipline cinematografiche. Storia, teoria, patrimonio” al DAMS di Torino. Appassionato di cinema praticamente da sempre, collabora da qualche anno con la rivista e il sito “FilmDOC”.[/author_info] [/author]

18 aprile 2014 – Vincitore della sezione “Prospettive.doc” all’ottavo festival di Roma, Dal profondo dell’esordiente Valentina Zucco Pedicini è un’opera che mostra e racconta il lavoro e il periodo di sciopero dei minatori della Carbosulcis di Nuraxi Figus in Sardegna, adottando – almeno nelle intenzioni – fondamentalmente due linee linguistiche e tematiche: una più “narrativa” e una più “intimista”.

La prima osserva in modo volutamente distante l’attività quotidiana dei cavatori e la loro protesta per il rischio di chiusura della miniera; la seconda privilegia invece il racconto personale e soggettivo dell’unica donna presente tra i centocinquanta operai. Quest’ultima non solo viene ripresa e seguita più volte dalla cineasta, ma le si affidano anche alcuni piccoli monologhi, pronunciati in voice over, più intimisti e riflessivi sulla propria situazione lavorativa.

 

locandina-dal-profondo

Da entrambe le prospettive emergono problematiche interessanti e attuali, come la crisi economica e i mutamenti che porta con sé, il pericolo dato dall’attività mineraria e, soprattutto, la mancanza della pur minima mobilità sociale. Infatti, dai dialoghi e dai monologhi si può notare che quasi tutti i minatori sono figli e nipoti di altri minatori, in una successione quasi automatica che non prevede né rende possibili altri destini e altre vite.

Tutto viene narrato e supportato da un buon lavoro sull’audio (realizzato da Stefano Grosso, già montatore dei suoni in film come Diaz di Daniele Vicari e Sacro GRA di Gianfranco Rosi) e da alcune belle immagini, tutte molto studiate ed elaborate, alcune persino poetiche e suggestive. Tuttavia, è proprio su tali inquadrature che l’autrice sembra fermarsi e smarrirsi, come se fosse quasi abbagliata e incantata dal suo lavoro. Il ritmo dell’opera è, infatti, molto lento e disteso, spesso persino eccessivamente. Se in alcuni momenti la pacatezza narrativa è giustificata dal senso di vuoto e d’impotenza del contesto raccontato, per la maggior parte di volte risulta semplicemente compiaciuta e non necessaria.

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Carbosulcis Miniera Carbone

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Valentina Zucco Pedicini si sofferma troppo spesso su lunghe inquadrature che mostrano i sotterranei, i mezzi di lavoro e i volti dei soggetti rappresentati, tralasciando così le due idee forti precedentemente descritte. Sia il racconto della protesta sia il ritratto dell’unica donna presente nella miniera vengono prima introdotti, poi massicciamente interrotti dalle immagini suggestive e poi nuovamente accennati, ma mai sviluppati a sufficienza, rimanendo di conseguenza soltanto degli spunti un po’ abbozzati.

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Risulta dunque evidente che la regista si sia persa tra narrazione, osservazione intima di un individuo e poeticità delle immagini, senza riuscire così a intraprendere una strada precisa e portarla avanti fino in fondo. Un tipico caso in cui l’abbondanza d’idee – non essendo controllata – invece di essere una risorsa che arricchisce il film si tramuta in un limite che rischia di soffocarlo. Si può concludere affermando che Dal profondo è un esordio non pienamente soddisfacente, ma comunque interessante, probabilmente più lodevole per le intenzioni e per i singoli elementi che per il risultato complessivo.

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