Il pane a vita: viaggio nell’Italia senza lavoro

L’inverno di tre operaie in cassa integrazione nel documentario di Stefano Collizzolli premiato al “Millennium Film Festival” di Bruxelles

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di Redazione

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19 aprile 2014 – A ottobre 2012 chiude, dopo 123 anni, il cotonificio Honegger di Albino, nella media valle bergamasca, dove il lavoro è una religione. Al cotonificio il posto al telaio si passava di madre in figlia e le neoassunte avevano la certezza di aver trovato “ol pà ‘n véta”, “il pane a vita”. Seguendo per un inverno la vita quotidiana di tre operaie in cassa integrazione, il documentario “Il pane a vita” di Stefano Collizzolli, prodotto da Zalab con Caritas Diocesana Bergamasca, Fondazione Bernareggi, racconta il tramonto di un modello di lavoro e di società e il vuoto che ne segue.

Premiato pochi giorni fa, lo scorso 11 aprile, al “Millennium Film Festival” di Bruxelles, il film sarà distribuito in Belgio, tradotto tanto in lingua francese che in lingua nederlandese, in una serie di proiezioni organizzate dal sindacato CSC. Sarà in programmazione per un anno, e ogni proiezione sarà occasione di un dibattito sulla fine di un modello di vita e di lavoro.

 

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Un passaggio che riguarda l’Europa, ma soprattutto l’Italia, che ha perso un quarto della sua capacità industriale negli ultimi cinque anni. Un passaggio che l’Italia non ha ancora lucidamente affrontato: ora che è finito il pane, come ci reinventiamo la vita?

“C’era una volta, in Italia, il lavoro – scrive l’autore, Stefano Collizzolli, nelle note di regia – Quello che fonda la Repubblica, e quello su cui generazioni di Italiani hanno fondato e costruito le loro vite, le loro famiglie, il loro essere cittadini. Quello con i diritti e le garanzie. C’era una volta, e non c’è più. La crisi economica ha dato il colpo di grazia ad un modello già da tempo messo all’angolo, già distante dall’esperienza di sopravvivenza quotidiana dei trentenni del nostro Paese. Per certi versi, quindi, questo è un film archeologico. Ma è un’archeologia paradossale, sia perché su quello che resta del lavoro con garanzie e diritti, su quello che ha consolidato in piccoli e saggi capitali familiari si regge tuttora, e forse per poco, l’economia del Paese; sia perché questo cambiamento, questo lutto,  non l’abbiamo ancora capito ed elaborato. Il vuoto che racconto – prosegue l’autore – non è solo nelle economie e nelle giornate delle protagoniste del film, ma nella disillusione che provano nel vedere tradito un patto sociale che passava di madre in figlia, quello per cui a lealtà corrispondeva un posto sicuro – il pane a vita – e, a duro lavoro, corrispondeva una dignitosa pensione. Ed è un vuoto che non è stato riempito da riflessione e azione collettiva, ma solo dalla previdenza sociale – fino a quando durerà – e dall’indispensabile aiuto della solidarietà”.

Stefano Collizzolli (Padova, 1978) è formatore di video partecipativo e autore di cinema documentario. Ha progettato ed è stato trainer sul campo per laboratori di video partecipativo in Italia, Palestina, Tunisia, Senegal e Repubblica Dominicana. E’ dottore di ricerca in sociologia della comunicazione presso l’Università di Padova e fa ricerca principalmente sulle metodologie visuali. E’ socio fondatore dell’associazione ZaLab. Fra i suoi lavori: I see you Nicholas (doc, 2003), Rehabilitations (doc, 2005), Sotto lo stesso tetto (lab, 2005), Solchi (lab, 2006), Have fun! (doc, 2007), I Sogni di Za (lab, 2007), La salute è un tuo diritto (lab, 2009), Fermi al primo approdo (doc, 2010), I nostri anni migliori (doc, 2011). Ha inoltre collaborato ai film Come un uomo sulla terra, di A. Segre, D.Yimer e R. Biadene (ZaLab, 2008); Magari le cose cambiano di A. Segre (ZaLab/OFF!cine 2009); Canzone per Amine di A. Bougleux (Sodepau/ZaLab 2009) Il Sangue Verde di A. Segre (ZaLab/AEternam 2009) come consulente di edizione.

Per organizzare una proiezione del film e per saperne di più si può visitare il sito Il pane a vita.

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