I diari della bicicletta/2: Regionale veloce

[box]Q Code Magazine partecipa al progetto “Sarajevo cuore d’Europa: tre viaggi per un centenario” curato da Viaggiare i Balcani in occasione dell’anniversario dell’attentato di Sarajevo, il 28 giugno 1914. Lo fa raccontando storie, con i diari di due viaggi in bicicletta verso Sarajevo. Uno già fatto, l’altro quasi. [/box]

 

Racconto a puntate di un viaggio già fatto (e un altro quasi) nel centenario della Grande guerra

di Giulia Bondi

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21 aprile 2014 – La bicicletta è appoggiata alla parete del vagone. Sarebbe un posto riservato agli handicappati. “Poi se arriva una carrozzina la deve spostare”, chiarisce il controllore. Ha fatto bene a dirmelo, io invece ero intenzionata a litigare con il primo viaggiatore disabile cantando “Calpesta il paralitico” degli Skiantos. Alla richiesta di aiuto per appenderla negli appositi ganci (non semplicissimi da agganciare) “Io non aiuto nessuno”, abbaia, “Perché se le cose si rompono ci vado di mezzo io”.

Marina ha sete. Vorrebbe scendere alla stazione di Ferrara per prendere una bottiglietta, ma non ha i soldi. Così chiede 50 centesimi, offrendo in cambio una penna o un pacchetto di fazzoletti. Le do i centesimi. In regalo. Poi le viene paura che il treno riparta e lei resti giù. Allora le do acqua in tazza di metallo, dalla mia borraccia, sulla bicicletta. Chiacchieriamo di estate e di viaggi, ha diciotto anni e vuole andare a Santiago di Compostela, dopo la maturità. Magari prima si allena un pochettino.

I bagagli sulla bici sono al minimo, eppure pesano tanto. Gavrilo Princip, l’attentatore di Sarajevo 1914, è nato a Obljaj, frazione di Bosasko Grahovo, proprio dove dovremmo passare noi e tutti ci stanno sconsigliando, perché “dopo la guerra non ci abita più nessuno, da quelle parti”. Ma figurati se non si trova un alberghetto, penso. Incauta, ma ancora non lo so.

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Intanto sta viaggiando anche Paolo Rumiz, sui luoghi della Grande Guerra. Scopro dal suo pezzo su Repubblica che piazza Unità, a Trieste, prima si chiamava piazza Grande. Proprio come la nostra piazza, la mia, quella con la Ghirlandina e di fianco il Duomo di Modena, il più bel romanico del mondo, ci dicevano a scuola.

Il vagone in testa treno è quello dei ciclisti. Una coppia che va al mare in Croazia, due americani silenziosi con i pantaloncini fighi, della marca con lo scorpione. Ma i più bellicosi sono Radan da Brescia e Lorenzo da Rimini. Sono diretti a Nis, Serbia, dove staranno dalla famiglia di Radan. Le bici cariche all’inverosimile, non c’è sport che non abbiano fatto, Radan e Lorenzo.

Progettano di alzarsi alle 5.40 ogni mattina, smontare il campo nei boschi, dove dormiranno, e pedalare con il fresco. Il bagaglio comprende fornelletti, due tende, un’amaca, svariate confezioni di aminoacidi, una cartina 1:800mila (“faremo le strade principali, terza corona e macinare chilometri”) e un paio di metri di corda doppia. Dalla borsetta da manubrio uno dei due estrae, subito dopo il moleskine, una confezione di petardi “per scacciare gli orsi”.

In stazione mi accoglie Fede, amico e poeta. Finiamo in un bar al ghetto, a parlare di scuola, viaggi, famiglie e Palestina, per poi ascendere verso casa di Sara, grondanti di sudore, alle tre del pomeriggio di una domenica d’agosto sulla salita del Mulino a Vento. Il resto della giornata è spettacolare accoglienza triestina. Anzi, friulana migrante, precisa quasi in coro tutta la cumpa: “A Trieste ci siam venuti per l’università”.

Limonata fresca, poi il mare a Grignano, dove fai due bracciate e ti trovi davanti il castello di Miramare. E poi l’aperitivo in pineta alla Barcola, sedici euro per quattro birre e una stuoia per sedersi vista mare. Tranne me, hanno tutti gli occhi azzurri. Ultimo bagno al tramonto e cena all’usmizza, saporito retaggio austriaco, che sembra che qualcuno ti abbia invitato a cena da sua nonna. Si parla di browser, di privacy in rete, di viaggi a Budapest tra rock e wellness. E di quanto è bello andare in giro sui pedali: chi lo ha già fatto racconta le sue imprese, gli altri promettono di allenarsi, per il prossimo anno.

[Continua]

 

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