In morte del subcomandante Marcos

La lotta zapatista non ha più bisogno del personaggio di nome Marcos. Dunque la figura di Marcos muore. Ma la lotta continua.

di 20zln – blog 20zln.noblogs.org

27 maggio 2014 – “Estas seran mis ultimas palabras en publico antes de dejar de existir”, annuncia il subcomandante, all’inizio del suo ultimo discorso che dura più di cinquanta minuti.

Un testo lungo, profondo e ampio. Una lettera/discorso/conferenza stampa di addio che attraversa gli oltre trent’anni di lotta, i dieci di preparazione e i venti trascorsi dall’alba del 1 gennaio del 1994. Ma soprattutto rende esplicite, trasparenti e pubbliche le trasformazioni occorse all’interno della lotta zapatista, un lungo percorso iniziato almeno dieci anni fa con la nascita dei caracoles e la costruzione dell’autonomia zapatista.

Un percorso che ha portato l’EZLN a porsi dietro le comunità, a tutelare il percorso di autonomia lasciando sempre più spazio e protagonismo alle comunità indigene e alla vita “smilitarizzata” degli zapatisti. Attenzione, non si caschi nell’errore di pensare che EZLN e comunità indigene siano due entità separate, sono due lati della stessa medaglia, basti pensare che tutti gli zapatisti si definiscono “basi di appoggio dell’EZLN”.

Link audio discorso Marcos : http://komanilel.org/AUDIO/EZLN/entreLaLuzyLaSombra.mp3

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Semplicemente c’è un lato militare, che per anni è stato anche vertice politico dell’organizzazione, e che in accordo con le comunità stesse si pone oggi in secondo piano.Un percorso in crescendo che attraversa la marcia silenziosa del 21 dicembre 2012 in 5 città, poi la nomina del nuovo Subcomandate Moises (conosciuto dai principi dell’insurrezione zapatista prima come maggiore, poi come Tenente Colonnello), quindi l’annuncio dell’escuelita zapatista (evento anti-celebrativo che ha messo al centro le nuove generazioni), infine a dicembre il passaggio di consegna da Marcos a Moises dei ruoli di portavoce e capo dell’EZLN.

Oggi, dopo l’accelerazione impressa dall’aggressione paramilitare del mese scorso, arriva l’ufficializzazione dell’addio alla vita pubblica del Sup Marcos. Non un addio alla lotta zapatista, piuttosto un cambio di passo. Marcos, chiedendo il permesso a Moises, ricorda che “Nulla di quello che abbiamo fatto, che sia stato buono o cattivo, sarebbe stato possibile senza che un esercito armato, l’esercito di liberaziona nazionale, non si fosse alzato in armi contro il mal governo, esercitando il diritto alla violeza legittima. La violenza di chi sta in basso contro la violenza di chi sta in alto”. E aggiunge “siamo guerrieri e come tali sappiamo qual’è il nostro ruolo e il nostro momento”.

La lotta zapatista non ha più bisogno del personaggio di nome Marcos. Dunque la figura di Marcos muore. Non ci sarà, non esisterà più. E’ il momento che il processo di trasformazione attivo all’interno della galassia zapatista faccia il suo corso, anzitutto affrontando pubblicamente questa metamorfosi con una presa di parola fortemente simbolica.Marcos ricorda come la sua figura è stata un’invenzione dell’EZLN e della stampa. E’ arrivato il momento di uccidere quello che è stato creato perchè “o serve al collettivo, o non serve”. Vita e morte sono elementi molto presenti nella simbologia neozapatista.

Nel 2003 per “lanciare pubblicamente” il percorso dell’autonomia, l’EZLN uccise gli aguascalientes, sedi d’incontro tra zapatisti e società civile” per far nascere i Caracol, i centri dell’autogoverno.Domenica uccidono Marcos e fanno nascere Galeano, il subcomandante Galeano, il subcomandante che prende il nome del compagno ucciso il 2 maggio alla Realidad dai paramilitari. Non serve ricordare come già il nome di Marcos è un nome di finzione, anche questo nato per ricordare un compagno ucciso dal mal governo messicano. In questa simbologia ricorsiva ritroviamo l’equilibrio tra metamorfosi e innovazione che è un tratto peculiare di questo processo rivoluzionario: uccidere il leader per dare centralità al collettivo significa superare non solo i personalismi ma scommettere sulla solidità di una struttura che duri nel tempo.

L’addio di Marcos è un potente testo teorico dello zapatismo di oggi. Un testo che riprende i concetti cardine del “comandare obbedendo” e le motivazioni che spinsero l’EZLN a nascere e sollevarsi in armi. Non solo, affronta la questione dell’esercito, del suo funzionamento e di quello che ha significato per lo zapatismo. “La nuova tappa della lotta zapatista era già pronta”, mentre quello che non serve più scompare. Così Don Durito della Lacandona, il Vecchio Antonio e Cane-Gatto faranno compagnia a Marcos nel viaggio d’addio.Non c’è spazio per la commozione, anche se la voce di Marcos si inceppa più del solito e lascia trasparire una sorta di emozione. Evento raro poiché Marcos in primis ma tutti gli zapatisti nelle celebrazioni pubbliche dimostrano la marzialità che una vita in armi porta con sé.

Due lunghi applausi salutano la discesa dal palco di quello che fu il subcomandante insorgente Marcos, il personaggio Marcos, il portavoce dell’EZLN ma anche filosofo politico tra i più lucidi e influenti degli ultimi 30 anni. Ingenuo sarebbe pensare che questo sia solo un atto simbolico. Così come 10 anni con la nascita dei Caracoles, porterà novità strutturali. Così come detto dal Subcomandante Moises dopo l’addio di Marcos: “Quello che vi abbiamo spiegato si vedrà nei luoghi da cui venite, sperando che lo abbiate compreso”.

L’epilogo della figura pubblica di Marcos si è probabilmente velocizzato a causa del ritorno dell’EZLN all’attività pubblica come richiesto dalle stesse comunità dopo l’omicidio Galeano. Questo momento che rappresenta una discontinuità nel percorso di creazione dell’autonomia, è diventato il momento per rendere esplicite le trasformazioni nella catena di comando e soggettivazione indigena dello zapatismo. Un colpo di scena, mediaticamente potente, che mostra ancora una volta la genialità comunicativa e politica dell’EZLN.



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