Come una storia cambia ed è cambiata da una città
di Gigi Gherzi
Direttore artistico di Teatro degli Incontri
foto: Teresa Sala
19 giugno 2014 – Teatro degli incontri è lavoro teatrale con migranti, rifugiati politici, ragazzini di seconda generazione, adolescenti a rischio, senza fissa dimora, cittadini dei quartieri di Milano. Un lavoro teatrale rivolto a comunità presenti nella città. Un lavoro teatrale che parte da una comunità stabile: un gruppo di cinquanta cittadini-attori che, tutto l’anno, si trovano per lavorare insieme e per organizzare gli interventi da farsi nelle comunità che ci proponiamo di raggiungere.
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Teatro degli Incontri si confronta con le comunità a partire da una storia. Da tre anni quelle storie le troviamo nel corpus di opere della tragedia greca. Tragedia greca, età “aurea” del teatro, ma soprattutto una straordinaria indicazione, che viene dal passato ed è insieme utopia per il presente, di come il teatro possa essere generato dalla città e dai suoi cittadini, e alla città, alla fine, ritornare. Venendo modificato dal rapporto con la città e, nello stesso tempo, modificandola.
Quest’anno (2013-2014), abbiamo incontrato la storia di Medea. All’inizio solo un nome, oltretutto avvolto da un’aura di sventura e di lutto. Poi abbiamo scoperto un’altra storia: Medea donna straniera, che viene da un paese considerato “barbaro”, ma pieno di riti e di sapienza, una donna che deve attraversare il mare, giungere in un paese lontano dove la sua cultura non viene riconosciuta, Medea che deve affrontare una città fatta di “norme”, che fanno a pezzi ogni possibilità di vita e di relazione. Una città ”dei coltelli”, dove la violenza, implicita ed esplicita, la fa padrone. Una donna che però, in quella città, non riesce a non sognare altre forme di vita e d’incontro tra cittadini.
Quella città di Medea per noi, da subito, é diventata Milano: le sue difficoltà, battaglie, sconfitte. Ci siamo interrogati sulla condizione di chi, italiano o migrante che sia, la vive da “straniero”.
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Così il gruppo stabile di cinquanta attori di “Fiera Medea” si è messo in viaggio. Ha incontrato cortili di condomini popolari, gruppi di adolescenti armati di rap e di tag, ma capaci coi loro racconti d’illuminare un tempo d’oro nel proprio passato di ragazzini e di bambini. Ha incontrato ragazzini, in guerra con tutto e con tutti, con le famiglie in difficoltà da cui spesso provengono, con la scuola, con le infinite norme imposte loro, senza che mai ne capiscano fino in fondo la ragione. Sono diventati, quei ragazzini, i cani selvaggi che hanno accompagnato il percorso di Medea in Milano, concretamente, hanno scritto, costruito e messo in scena storie, sculture, scene di cani selvaggi.
Abbiamo incontrato i condomini Aler della zona 9 di Milano, case al limite del collasso, in condizioni di degrado impensabili, attraversate da piccola malavita e criminalità, che in quei luoghi abbandonati a se stessi, trova possibilità di agire. Città dei coltelli, della violenza di chi ha trasformato le case popolari in un ghetto, sempre più dimenticato e sempre più impenetrabile.
Al Centro Rifugiati di Viale Fulvio Testi, a Milano, abbiamo verificato le forza e l’amore con cui non si è smette di cercare un “posto altro”, una vita con una trama d’incontri, di relazioni, di pratiche diverse.
Tutti questi lavori nelle comunità hanno avuto, come esito finale degli interventi, una serie di spettacoli da offrire alla città. Circa 800 persone si sono recate al Centro “Tempo per l’Infanzia”, al Centro “Tempo per il Barrio”, nell’Auditorium Niguarda della zona 9 di Milano, al Centro per Rifugiati di Viale Fulvio Testi , e, in quelle sedi, hanno incontrato le comunità. Comunità che, all’interno del lavoro teatrale, attraverso Medea parlavano di sé e della propria condizione, e invitavano a essere guardate con altri occhi.
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Il pubblico chiamato ad assistere a rap che parla di ricordi d’infanzia, ad ascoltare il racconto che un tredicenne fa della sua città, pubblico impegnato a capire ragioni profonde e drammi nascosti nella condizione dei “condomini degradati”, a partecipare attraverso i propri scritti e la propria presenza attiva in scena, ai racconti della “città dei coltelli” dei rifugiati e insieme a una visione solare del viaggio
Ognuno ne è uscito cambiato: i cinquanta attori di Teatro degli Incontri hanno visto la loro Medea crearsi poco a poco, a partire dai loro racconti e da quelli, a volte inattesi, delle persone incontrate nelle comunità della città.
I membri delle comunità, costretti fare i conti con la sorpresa che la loro storia era considerata importante per la città, non un racconto ininfluente e marginale, ma una storia che si presenta al pubblico indicando la loro condizione come oggetto d’interesse e di commozione.
Usciti cambiati gli spettatori, alle prese con un teatro strano e inatteso, fatto in luoghi strani, quasi sempre non sui palchi del teatro, teatro fatto in saloni di riunioni, in sale di centri giovanili, di notte, dentro un parco, in un Centro Rifugiati normalmente sempre chiuso al pubblico. Pubblico alle prese con un teatro che racconta la città, i suoi problemi, e chiede un’agorà di cittadini per ascoltare quella comunicazione, condividere bellezza e, delle volte, per cominciare a condividere pubblicamente alcune battaglie, come quella dei “condomini degradati” di zona 9.
il 7 e 8 giugno 2014, al Parco del Paolo Pini, di Milano, in collaborazione con l”Associazione Olinda”, ha avuto luogo l’evento finale di questo anno di attività di Teatro degli Incontri. Una proposta fuori dal comune: dodici ore di teatro il sabato e dodici la domenica, quaranta piccoli spettacoli disseminati nel Parco del Paolo Pini, uno spettacolo collettivo di quaranta attori. Medea viene, al termine del percorso, restituita al pubblico della città, arricchita da tutte le esperienze fatte, si presenta con una pluralità di narrazioni e un grande spettacolo collettivo.
Circa mille persone in quei due giorni hanno percorso, attraversato, esplorato il Parco del Pini, sulle tracce della Medea fiera che lì s’aggirava. Un evento teatrale nuovo, e di grande successo, con una grande partecipazione della città.
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Segno che il cambiamento può partire, nel teatro, anche da un diverso rapporto con i tempi e i luoghi dello spettacolo, da una proposta di profonda condivisione allo spettatore, da un aspetto, anche di gioco, ove però il giocatore sia sempre attivo e curioso, in ricerca delle parole necessarie che il teatro può regalare. .Un teatro della città, delle piazze, delle nuove pratiche, un teatro degli incontri.
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