Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo.
Primo Levi
Una cosa è sentir parlare dell’orrore, una cosa è vederlo, sentirlo, avvertirlo quasi come entità palpabile che rivive attraverso i nostri sensi e ci definisce esseri umani.
Camminando lungo le cupe palazzine tra filo spinato, torrette, baracche – tutte cose già viste in centinaia di film e documentari – ero preso allo stomaco dal veder realizzato dal vivo l’incubo di Kurtz in Cuore di tenebra. L’orrore
di Gaetano Liguori
tratto da Gariwo
28 giugno 2014 – Durante la visita delle palazzine adibite a museo, le spiegazioni delle bravissime guide impallidivano di fronte alla montagna di capelli tagliati agli esseri umani passati di là, che ancora oggi ti guardano tra migliaia di foto e sembra che ti vogliano interrogare chiedendoti perché noi?
Suonare il pianoforte è una cosa piacevole che faccio da ormai 50 anni, e da almeno 40 mi esibisco in concerti che spesso sono legati a tematiche sociali, dai concerti alla Statale occupata degli anni 70 a Cuba, Eritrea, Palestina, Iraq, Siria, India, Thailandia e tanti altri posti dove i pianoforti non erano certo quelli del Conservatorio.
Ho quindi legato il mio nome e la mia musica a Gariwo e alla sua battaglia per ricordare coloro che, a rischio della propria vita, non si sono voltati dall’altra parte durante genocidi e persecuzioni. Con Gariwo ho partecipato a varie iniziative per riuscire a ottenere l’approvazione del 6 marzo come Giornata europea dei Giusti, suonando al Palazzo Reale di Milano, all’Auditorium San Fedele, al Teatro Franco Parenti, a Varsavia, a Praga e per Piano City.
Partecipare con il “Treno della Memoria” a un viaggio a Cracovia per visitare Auschwitz è stato per me quasi un imperativo, per rispondere a un’esigenza, una cosa che dovevo fare. Insieme a Roberto del Piano e Filippo Monico – il trio Idea – abbiamo accettato volentieri di partecipare a questa esperienza e ci siamo ritrovati, quarant’anni dopo i nostri esordi, con qualche chilo di più e qualche capello in meno, a partecipare a questa iniziativa, organizzata dal Sindacato per gli studenti delle medie e delle superiori.
Sul treno, dove uno scompartimento era adibito a spazio ritrovo per assemblee, con una tastiera che traballava come in una seduta spiritica, una batteria di fortuna e un piccolo amplificatore per il basso, abbiamo riscaldato il nostro giovanissimo pubblico con brani che ci rimandavano ad altri viaggi memorabili della nostra carriera. Com’era diverso suonare in quel vagone rispetto alla Sala Alessi di Palazzo Marino a Milano con il mio pianoforte gran coda, davanti ad un pubblico di eccellenza! Dopo pochi brani, però, grazie all’entusiasmo dei ragazzi e alla voglia di far musica che non ci ha ancora abbandonati, ci siamo lasciati andare, protagonisti di un sofferto concerto.
Tutte preoccupazioni svanite durante la visita a quello che era il campo di Plaszow, alla fabbrica di Schindler e poi, il giorno dopo, ad Auschwitz e Birkenau.
Giornate fredde, piovose e ventose, in cui studenti da tutto il mondo varcavano l’ingresso con una baldanza che pian piano si spegneva, stalag dopo stalag, baracca dopo baracca.
Ho trovato impressionante, durante la visita, la perfetta organizzazione burocratica che i nazisti mantenevano nei campi, attenti a ottimizzare il tempo, l’arrivo dei deportati, la registrazione maniacale di nomi, cognomi, lavoro svolto, data di ingresso e di decesso dei prigionieri. E tutto questo era fatto da anonimi funzionari, come disciplinato funzionario era Adolf Eichman: non belve assetate di sangue – nonostante non mancassero simili individui – ma solerti e grigi omini che volevano fare bella figura e servire il loro Paese. In quei registri è iscritta tutta la banalità del male di cui parlava Hannah Arent.
La sera, nel teatro di Cracovia dove si concludeva l’iniziativa, dopo una simile giornata non era facile tornare a suonare, ma con Roberto e Filippo ci siamo fatti forza e abbiamo cercato di trasmettere, attraverso la musica, anche il senso del bello che mostra l’animo umano.
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