Bologna è pronta a ospitare il festival eritreo al Parco Nord. Rischia di diventare la celebrazione di Isaias Afewerki, unico presidente dal 1993 e capo di un regime responsabile di sistematiche violazioni dei diritti umani
[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto. @RAFFAELEMASTO. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]
30 giugno 2014 – Come se non fosse mai successo. Dal 4 al 6 luglio al Parco Nord, a Bologna si terrà il festival della spietata dittatura eritrea. Festival che ha ricevuto tutti i permessi regolamentari per occupare suolo pubblico italiano e svolgere la celebrazione di un regime accusato di violare i diritti umani da autorevoli organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Right Watch.
Ma soprattutto ciò accade come se ci si fosse dimenticati che il 3 ottobre scorso, a Lampedusa, non fossero morti trecento eritrei annegati per sfuggire a quella tremenda dittatura dove i giovani sono sequestrati alle loro famiglie per svolgere un assurdo servizio militare illimitato.
Dove le carceri sono piene di oppositori politici senza accuse, senza processo da anni, dimenticati e torturati (e molti di loro sicuramente morti). Questa volta è il turno del comune di Bologna a oltraggiare la morte di quei trecento ragazzi eritrei. Quel 3 ottobre dell’anno scorso invece fu il turno del governo e di un ministro che avrebbe dovuto essere sensibile più di altri alle vicende dei migranti e dei rifugiati politici.
Sto parlando della allora ministra Cecile Kienge che partecipò alla cerimonia funebre nonostante mancassero i corpi degli annegati, ma ci fosse l’ambasciatore eritreo a Roma, cioè il rappresentante ufficiale di quel governo che li aveva costretti a fuggire. Insomma l’Italia non riesce proprio ad essere sensibile di fronte ad una dittatura contro la quale dovremmo (anche per storia coloniale) essere i primi ad alzare la nostra condanna.
Invece dimentichiamo, facciamo gaffe, pasticciamo, ci giustifichiamo peggiorando addirittura le cose. Adesso il comune di Bologna – che aveva dato e, adesso, ha ritirato il patrocinio – dice che è impossibile revocare il contratto (del valore, pare, di quindici mila euro) fatto con gli organizzatori della festa.
Un’ultima riflessione vorrei fare su questa vicenda. Se vi capita di passare per Milano, nella zona di Porta Venezia, se aspettate che si faccia sera, se passeggiate nelle stradine laterali vi capiterà certamente di vedere dei giovani africani un po’ sperduti, un po’ trasandati, con il viso stanco e gli occhi impauriti.
Ecco, quasi certamente sono eritrei che non sanno dove andare a dormire, che magari non hanno mangiato, che non riescono a pensare di avere un futuro. Sì, sono eritrei. Di quel regime che le autorità italiane non riescono a condannare concretamente, con misure e prese di posizione. Non riescono a farlo nemmeno per interesse: finché il regime eritreo resterà in vita sulle nostre coste continueranno ad arrivare giovani che cercano di mettersi in salvo. Spero che a quei giovani non arrivi la notizia della gaffe del comune di Bologna. Penseranno di essere finiti nel paese sbagliato. E magari è vero!