“Stop iniquo compenso”: giornalisti irrompono nella sede della Fnsi

Nel corso del presidio contro l’accordo sull’equo compenso e il nuovo contratto, un gruppo di manifestanti è entrato, tesserini alla mano, dentro il palazzo della Federazione nazionale della stampa e ha contestato il segretario Siddi e la giunta, chiedendone le dimissioni

 

di Raffaella Cosentino, Redattore Sociale
@RaffaellaRoma@RedattoreSocial

 

9 luglio 2014 – Contestazione e momenti di tensione nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana, a Roma in Corso Vittorio. Per la prima volta negli oltre cento anni di storia del sindacato unico dei giornalisti, un gruppo di giornalisti ha fatto irruzione nella sede della Fnsi per protestare contro gli accordi siglati con gli editori della Fieg. Al termine della protesta i giornalisti hanno chiesto le dimissioni del segretario Franco Siddi e di tutti i componenti della giunta esecutiva.

La manifestazione “Stop Fnsi”, indetta sui social network, ha visto la presenza di una cinquantina di giornalisti giunti da diverse città italiane, da Milano a Napoli, in un presidio in corso Vittorio Emanuele II a Roma. “Stop iniquo compenso e iniquo contratto”, “Il papa dice che l’equo compenso è adorazione del male”, “Gli Africani di Castel Volturno non lavorano per meno di 50 euro al giorno, i giornalisti devono farlo per 8 euro” sono alcuni dei cartelli portati in strada e attaccati davanti alla sede del sindacato.

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Dopo aver spiegato al megafono le ragioni della protesta e indirizzato cori come “vergogna, dimissioni” all’indirizzo del palazzo, una nutrita delegazione, tessere del sindacato e dell’ordine alla mano, è salita fino al secondo piano. Durante l’irruzione è stata interrotta una riunione della giunta e si sono verificati momenti di tensione in un battibecco fra il segretario della Federazione Franco Siddi, principale accusato per gli accordi siglati, e gli organizzatori della manifestazione.
Tutto è rientrato in poco tempo e i manifestanti hanno ottenuto di tenere una conferenza stampa in una sala della Federazione. Il fronte della contestazione e del dissenso vede unito un gruppo eterogeneo di lavoratori dell’informazione. Al presidio erano presenti non solo freelance e precari ma anche rappresentanti di alcuni comitati di redazione e giornalisti dipendenti di varie testate, dal web alle televisioni, ai canali all news.

“L’accordo sul lavoro autonomo – ribattezzato “iniquo compenso” – e il contratto truffa sottoscritti senza alcuna consultazione – dicono gli organizzatori della manifestazione #stopFnsi – sono accordi che legalizzano lo sfruttamento e retribuzione da fame dei giornalisti autonomi e sanciscono per contratto l’esercizio dilettantistico della professione, infliggendo un colpo mortale alla dignità dei lavoratori e alla libertà di stampa”.

A proposito dello scontro verbale avvenuto all’interno della Federazione durante l’irruzione dei giornalisti, i manifestanti esprimono “rammarico per gli attacchi personali che il segretario Siddi continua a rivolgere nei confronti di alcuni colleghi che esprimono dissenso verso le sue scelte”.
I giornalisti in rivolta promettono battaglia anche sul fronte “dei120 milioni di fondi che il Governo ha annunciato di voler stanziare per le assunzioni nei giornali, affinché non siano destinati ai contratti di apprendistato che pongono un limite di età che pregiudica un’intera generazione di precari”.
“I momenti di tensione sono frutto dell’esasperazione di un sindacato che non ascolta quando diciamo l’ovvio: abbiamo diritto a essere pagati dignitosamente – ha detto Valeria Calicchio, una degli organizzatori della protesta – Siddi ci risponda, perché le nostre proposte sull’equo compenso non sono state recepite?”. Secondo i giornalisti, a essere stata messa a repentaglio è la stessa libertà di stampa.

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“Non possiamo più garantire l’informazione in questo paese – ha proseguito Calicchio – Non siamo qui per rappresentare una categoria, ma perché se non c’è equità nel pagamento, non ci può essere libertà di informazione. Il vero conflitto di interesse che mina la libertà di stampa è dato dallo sfruttamento di 24mila precari e freelance con redditi al di sotto dei cinquemila euro l’anno. La nostra è una battaglia di libertà per il Paese, perché il sindacato ha fallito nelle sue due missioni, tutelare i lavoratori e la libertà di stampa”.

I giornalisti hanno anche espresso dissenso verso i metodi usati dal gruppo ristretto dei dirigenti per arrivare agli accordi in modo “blindato”, senza consultarsi con la commissione contratto del sindacato e senza indire una protesta contro gli editori prima di arrivare ad accettare cifre al ribasso.

“Da quattro giorni gli assunti con contratto a termine non vengono più retribuiti come sempre avvenuto con contratto integrativo aziendale – ha detto al megafono un rappresentante del Cdr di La7 – l’azienda sta allontanando i precari con maggiore anzianità. Un sindacato che non ha più armi, è un sindacato che non può più svolgere la sua funzione. Questo contratto ha sradicato il contratto nazionale di lavoro, svilito in modo indegno il lavoro dei freelance e dei collaboratori e posto le condizioni per la destrutturazione definitiva della professione. Significa che tra poco precari e non precari saranno davvero sulla stessa barca anche retributiva”.

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