Raccontando delle persone, delle vite, delle giornate di quelli che la guerra la pagano
di Q Code mag
@QcodeMag
15 luglio 2014 – L’ennesima punizione collettiva alla quale viene sottoposta la popolazione civile di Gaza, come tutte le altre, non porterà a nessun risultato. Sempre che il risultato non sia quello di nuovi lutti, di nuove distruzioni, di un odio che non potrà che crescere, ingrossando le fila di coloro che non hanno più alcuna fiducia in una soluzione giusta del conflitto.
Il governo israeliano, attraverso il suo esercito, ancora una volta scatena una pioggia di fuoco in risposta al lancio di razzi di qualche gruppo, come se ne fossero responsabili i civili di tutta la Striscia di Gaza. Che dieci anni fa, mentre festeggiavano la fine di un’occupazione, si sono resi conto di essere finiti reclusi in una prigione a cielo aperto. Cielo dal quale, a cicli alterni, piovono bombe.
Questa raccolta di pensieri (in quindici righe) vuole essere un racconto ‘altro’ di Gaza, reso da coloro che hanno avuto per i motivi più diversi la fortuna di incontrare l’umanità di Gaza, quella che non viene mai raccontata, da media che si ricordano di Gaza solo quando c’è un attacco, come se la vita a Gaza non fosse un inferno quotidiano. Ma anche nell’inferno la vita esiste e resiste, sempre, ogni giorno. Ed è questa resistenza di umanità che questa raccolta di voci vuole raccontare.
Perché a un popolo si può togliere la libertà, ma non gli si può togliere l’umanità.
Se siete mai stati a Gaza, mandateci le vostre quindici righe scrivendo a: redazione@qcodemag.it
Mariagiulia Agnoletto, psichiatra e coordinatrice dell’Associazione Salaam Ragazzi dell’Olivo Milano-Onlus, che dal 2001 collabora con l’associazione palestinese socio-educativa Remedial Educatioon Center con progetti di affido a distanza dei bambini/e dei villaggi e del campo profughi del nord della striscia di Gaza
La mia esperienza nella striscia di Gaza è nell’incontro con i bambini/e e le loro famiglie e nel rapporto con i volontari e gli operatori (educatori, insegnanti, psicologi, clown, animatori) delle associazioni palestinesi psico-educative, che quotidianamente “resistono”, cercando di trasmettere, condividere con i bambini un attaccamento alla vita, una speranza per il futuro.
A Gaza tutti i diritti del’infanzia sono negati quotidianamente: alla vita, alla libertà, alla salute fisica e psichica, alla casa, all’istruzione, al gioco, alla libertà di movimento. I bambini appaiono passivi, ritirati o più spesso tesi, con atteggiamenti di sfida, rabbia, che nascondono dolore, paura, frustrazione. Infatti “i bambini delle pietre non sono di pietra, soffrono, hanno paura”, come diceva un amico psichiatra palestinese. Sono bambini continuamene traumatizzati, quindi gli educatori palestinesi devono intervenire “durante il trauma” e cercare di aumentare la resilienza dei bambini: identificare il trauma, dare un senso all’evento e alla propria reazione emotiva, cercare di garantire loro una protezione di fronte agli eventi traumatici successivi, per evitare che il disagio psichico si strutturi in patologie. Permettere ai bambini di esprimere emozioni, bisogni, disagi, dare un significato alle proprie paure, angosce, aiutarli ad uscire dalla alienazione/rabbia, trovare soluzioni costruttive e specialmente riconoscere e stimolare le loro risorse positive (con teatro, danza, pittura, narrazione, clowneria, psicodramma, tecniche di rilassamento).
Ho visto le maestre accogliere i bambini terrorizzati (come loro stesse), dopo una notte sotto le bombe, proponendo una narrazione singola e collettiva, come valore terapeutico della testimonianza e condivisione. Una possibilità di distinguere i fatti reali da quelli amplificati e deformati dalla paura, piuttosto che il disegno, come occasione per proiettare le conseguenze emotive del trauma.
Ho visto costruire con i bambini le lanterne e gli aquiloni, con scritti e disegnati sopra messaggi di pace, giustizia, desideri, speranze … da far navigare in mare o volare in cielo, oltre l’isolamento di Gaza.
Ho visto incontri tra madri e insegnanti per costruire, ideare, immaginare, imparare giochi, canzoni, racconti da utilizzare per sé e i propri bimbi nelle successive situazioni di paura, terrore.
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