Venerdì 11 luglio è iniziata la discussione al Senato per la conversione in legge del Decreto 91, definito “Competitività e tutela ambientale”
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/149443_1453084330719_6152780_n.jpg[/author_image] [author_info]di Alessio Di Florio, da Chieti. Attivista di varie associazioni e movimenti pacifisti e ambientalisti abruzzesi e responsabile locale dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink – Telematica per la Pace. Collaboratore delle riviste Casablanca – Storie dalle Città di frontiera, de I Siciliani Giovani, di Libera Informazione e di altri siti web che si occupano di pacifismo, denunce ambientali(tra cui speculazione edilizia, gestione rifiuti, tutela delle coste, rischio industriale e direttive SEVESO), diritti civili, lotta alle mafie e altre tematiche[/author_info] [/author]
16 luglio 2014 – “Istruitevi perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”, scrisse Antonio Gramsci sul primo numero del primo de L’Ordine Nuovo. Era il maggio 1919, ma quasi novant’anni dopo, è una frase di un’attualità incredibile. Così attuale che sembra essere sempre più applicata dalle realtà ambientaliste espressione dei tanti conflitti che animano il Bel Paese.
Si è già scritto nei giorni scorsi delle mobilitazioni No Triv, Stop Biocidio di Taranto, quelle contro il MUOS in Sicilia che stanno letteralmente scrivendo nuove pagine della storia dell’ambientalismo e della cittadinanza attiva italiani. Quella mobilitazione, che trova i suoi momenti di maggiore visibilità mediatica e incontro in cortei, sit in, concerti, altri eventi, è quotidianamente animata da chi s’informa, sviscera documenti istituzionali e scientifici, studia, rende pubblici provvedimenti legislativi (e non solo) che influiscono sulla vita di tutti. Ma che spesso non diventerebbero mai noti se non fosse per gli ambientalisti che seguono l’indicazione di Gramsci mettendo la loro intelligenza al servizio del bene comune.
Tra i fronti più caldi, soprattutto nell’ultimo anno, c’è quello delle bonifiche dall’inquinamento industriale che per decenni ha avvelenato i nostri territori. Il “decreto del Fare” del governo Letta (così come precedentemente il “Decreto Semplificazione” del governo Monti) aveva previsto che le bonifiche potevano essere realizzate “se economicamente possibili”. Il decreto “Destinazione Italia” (e siamo al Governo Renzi) prevede quasi un condono, con finanziamenti pubblici per le bonifiche (che devono, invece, essere a carico di chi ha inquinato). Queste decisioni governative sono state tutte modificate dopo proteste vibranti giunte da chi riuscì a farle conoscere e s’indignò.
La storia prosegue, e un nuovo capitolo (che speriamo possa finire come i precedenti) si sta scrivendo in questi giorni. Venerdì 11 luglio è iniziata la discussione al Senato per la conversione in legge del Decreto 91, definito “Competitività e tutela ambientale”. “Ambiente Protetto” è il nome delle proposte ambientali del Ministro Galletti contenute nel decreto.
Un nome apparentemente rassicurante dietro il quale si nascondono, al contrario, nuove insidie secondo il Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, il Coordinamento Nazionale Siti Contaminati e i comitati Stop Biocidio di Abruzzo e Lazio, che l’ha ribattezzato “Inquinatore Protetto”. I movimenti ambientalisti invitano ad una nuova mobilitazione nazionale e a scrivere in massa ai senatori che ne stanno discutendo la conversione in legge per chiedere di modificare i punti più controversi (la proposta di testo da inviare e gli indirizzi email sono disponibili a questo link.
Il primo punto denunciato dai movimenti ambientalisti riguarda la questione delle aree militari, che verrebbero equiparate a zone militari. Un provvedimento che coinvolgerebbe poligoni, campi di addestramento e persino le caserme e aumenterebbe i limiti per l’inquinamento anche di 100 volte.
Ma, ricordano i 4 sodalizi ambientalisti mobilitatisi, queste aree sono spesso “zone verdi coperte da macchia mediterranea e boschi” come Capo Teulada e Quirra in Sardegna o Monte Romano (5000 ettari) nel Lazio. Enormi potrebbero poi essere le conseguenze per le caserme, oggi al centro di un ampio dibattito su una possibile alienazione a Regioni e Comuni ai fini di una loro riconversione civile. Le previsioni di questo decreto probabilmente scoraggeranno il proseguimento di tali proposte: nel momento in cui una Regione o un Comune dovessero procedere all’acquisto e riconvertirlo, l’immobile non verrebbe più equiparato a zona militare e quindi i limiti per l’inquinamento tornerebbero ad abbassarsi, con gli oneri economici per le bonifiche che ricadrebbero sull’Ente Locale.
Il decreto recita (riportiamo testualmente) che per gli scarichi in mare “le Autorizzazioni integrate ambientali rilasciate per l’esercizio possono prevedere valori limite di emissione anche più elevati e proporzionati ai livelli di produzione”. Tale previsione coinvolgerà anche acciaierie, centrali elettriche e a carbone, cementifici, raffinerie, stabilimenti chimici, rigassificatori e inceneritori (spessissimo al centro delle proteste ambientaliste in varie parti d’Italia) con in più il paradosso che maggiore sarà la produzione e più si potrà inquinare.
La proposta del Ministro dell’Ambiente Galletti prevede anche una drastica modifica dell’iter delle bonifiche di aree private, con quello che appare un netto favore agli inquinatori che dovranno in futuro pagare i costi della bonifica dell’inquinamento prodotto (anche se, leggendo il decreto, viene il dubbio che non sarà più così ).
Fino al 2017 ci sarà una sorta di silenzio-assenso sperimentale: il privato autocerticherà i dati dell’inquinamento e della bonifica necessaria e, solo dopo aver effettuato la bonifica, dovrà inviare i risultati all’Agenzia Regionale per l’Ambiente che avrà 45 giorni per le sue verifiche decorsi i quali, in mancanza di risposte, l’intervento del privato s’intenderà approvato. Come le cronache ci raccontano, spesso ci vogliono anni e anni per aver un quadro certo dell’inquinamento prodotto in una determinata area. Come potranno le Agenzie Regionali ricostruire la situazione in 45 giorni?
Il decreto, tra l’altro, non prevede alcun criterio minimo sulla caratterizzazione (la fase preliminare della bonifica nella quale si cercano le sostanze inquinanti), al contrario dell’attuale normativa, lasciando totale libertà al privato mentre, invece, l’Agenzia Regionale per l’Ambiente avrà due notevoli limiti: effettuerà la verifica solo sul 10% dei campioni e solo sui parametri scelti dal privato. Dati gli altissimi costi dei piani di caratterizzazione e delle bonifiche e il rischio di richieste di risarcimento per danni sanitari (che d’ora in avanti potrebbero avvenire solo sui dati forniti dall’inquinatore, e quindi, da chi sarà accusato di averli causati) il rischio è di dare avvio ad una lunghissima stagione di piani minimali e di bonifiche che avverranno solo sulla carta. Infine, così come per i limiti agli scarichi industriali previste dalle Autorizzazioni Integrali Ambientali, più l’inquinamento sarà elevato più questi rischi potranno concretizzarsi. E quindi, più si è inquinato più si potrebbe esser favoriti.
Augusto De Sanctis, esponente del Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica e tra i fondatori del comitato abruzzese Stop Biocidio e del Coordinamento Nazionale Siti Contaminati, ha definito questo nuovo decreto “la solita scorciatoia all’italiana, perché il nostro sistema produttivo non vuole pagare quel che dovrebbe per risanare le aree che ha inquinato” e quindi il Governo Renzi dona la possibilità di “chiudere la stagione dei veleni privatizzando le operazioni per risparmiare. Ma è solo un colpo di spugna vergognoso: alzare i limiti di contaminazione non vuol dire risolvere i problemi ma solo nascondere polvere sotto il tappeto”.