Raccontando delle persone, delle vite, delle giornate di quelli che la guerra la pagano
di Q Code mag
@QcodeM
16 luglio 2014 – L’ennesima punizione collettiva alla quale viene sottoposta la popolazione civile di Gaza, come tutte le altre, non porterà a nessun risultato. Sempre che il risultato non sia quello di nuovi lutti, di nuove distruzioni, di un odio che non potrà che crescere, ingrossando le fila di coloro che non hanno più alcuna fiducia in una soluzione giusta del conflitto.
Il governo israeliano, attraverso il suo esercito, ancora una volta scatena una pioggia di fuoco in risposta al lancio di razzi di qualche gruppo, come se ne fossero responsabili i civili di tutta la Striscia di Gaza. Che dieci anni fa, mentre festeggiavano la fine di un’occupazione, si sono resi conto di essere finiti reclusi in una prigione a cielo aperto. Cielo dal quale, a cicli alterni, piovono bombe.
Questa raccolta di pensieri (in quindici righe) vuole essere un racconto ‘altro’ di Gaza, reso da coloro che hanno avuto per i motivi più diversi la fortuna di incontrare l’umanità di Gaza, quella che non viene mai raccontata, da media che si ricordano di Gaza solo quando c’è un attacco, come se la vita a Gaza non fosse un inferno quotidiano. Ma anche nell’inferno la vita esiste e resiste, sempre, ogni giorno. Ed è questa resistenza di umanità che questa raccolta di voci vuole raccontare.
Perché a un popolo si può togliere la libertà, ma non gli si può togliere l’umanità.
Se siete mai stati a Gaza, mandateci le vostre quindici righe all’indirizzo: redazione@qcodemag.it
foto di Naoki Tomasini
E’ tornata la stagione delle piogge nel ghetto di Gazawia.
Il gigante vile, ha di nuovo accumulato troppe munizioni e ha urgenza di consumarne, contro l’unico vicino indifeso. Gli amici – vili – del gigante si apprestano ai margini della prigione per assistere a un’altra pioggia di piombo, o fosforo bianco, come conclusione pirotecnica del tempestivo mundial.
Il gigante ipocondriaco si nasconde sotto una cupola di ferro, e si prepara a schiacciare i tetti delle case dei palestinesi come una ballerina ètoile, che si fa annunciare e poi si nega. Gli amici – vili – del gigante lo pregano di essere compassionevole.
Il gigante superstizioso invoca in suo aiuto la sacra trimurti Apache-Jericho-Delilah. Gli amici – vili – del gigante lo incitano recitando il mantra: Kassam-Katyusha-Khaibar.
Il gigante paranoico non sa distinguere un bambino da un soldato, o un lamento da una minaccia, ma non riesce nemmeno a equiparare una vittima con una vittima. Gli amici – vili – del gigante cercano di confonderlo distorcendo la storia e gli eventi.
Il gigante fragile è circondato dalle fiamme, dal Tigri fino al Nilo. Gli amici – vili – del gigante, nuotano ancora in fiumi di denaro.
Nel mare di fronte a Gaza, un tonno impaurito sta cercando di farsi pescare dal giovane Amin, che mentre piange sul molo, s’immagina un giorno di pregare a Gerusalemme.