Raccontando delle persone, delle vite, delle giornate di quelli che la guerra la pagano
di Q Code mag
@QcodeMag
17 luglio 2014 – L’ennesima punizione collettiva alla quale viene sottoposta la popolazione civile di Gaza, come tutte le altre, non porterà a nessun risultato. Sempre che il risultato non sia quello di nuovi lutti, di nuove distruzioni, di un odio che non potrà che crescere, ingrossando le fila di coloro che non hanno più alcuna fiducia in una soluzione giusta del conflitto.
Il governo israeliano, attraverso il suo esercito, ancora una volta scatena una pioggia di fuoco in risposta al lancio di razzi di qualche gruppo, come se ne fossero responsabili i civili di tutta la Striscia di Gaza. Che dieci anni fa, mentre festeggiavano la fine di un’occupazione, si sono resi conto di essere finiti reclusi in una prigione a cielo aperto. Cielo dal quale, a cicli alterni, piovono bombe.
Questa raccolta di pensieri (in quindici righe) vuole essere un racconto ‘altro’ di Gaza, reso da coloro che hanno avuto per i motivi più diversi la fortuna di incontrare l’umanità di Gaza, quella che non viene mai raccontata, da media che si ricordano di Gaza solo quando c’è un attacco, come se la vita a Gaza non fosse un inferno quotidiano. Ma anche nell’inferno la vita esiste e resiste, sempre, ogni giorno. Ed è questa resistenza di umanità che questa raccolta di voci vuole raccontare.
Perché a un popolo si può togliere la libertà, ma non gli si può togliere l’umanità.
Se siete mai stati a Gaza, mandateci le vostre quindici righe a: redazione@qcodemag.it
Gilberto Pagani, avvocato
Sono stato a Gaza tre volte, per seguire il processo agli assassini di Vittorio.
Mi sono accostato al mondo ufficiale, formale, dove la normalità del potere non si differenzia dalla nostra se non per gli aspetti esteriori della sua rappresentazione. Ho incontrato avvocati che non possono patrocinare perché il sistema legale non garantisce equità, giudici allontanati dal loro incarico perché non ossequienti al potere, intellettuali imbavagliati, giovani imprigionati dal conformismo.
Ho incontrato pescatori, contadini, attivisti dei diritti umani, volontari internazionali. Su tutti non solo le privazioni quotidiane, l’assenza dei diritti primari della persona, l’assedio, ma la presenza continua degli aerei israeliani, gli omicidi mirati e l’attesa angosciosa del prossimo massacro.
Ogni volta che mi lasciavo alle spalle le inferriate della prigione di Gaza la sensazione era duplice, sollievo per esserne fuori, dolore per i gazawi, popolo martire che sconta colpe collettive che non ha commesso.
Dobbiamo fare di più, i bambini di Gaza hanno diritto ad un futuro.
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