#HumanGaza11

Raccontando delle persone, delle vite, delle giornate di quelli che la guerra la pagano


di Q Code mag
@QcodeMag

20 luglio 2014 – L’ennesima punizione collettiva alla quale viene sottoposta la popolazione civile di Gaza, come tutte le altre, non porterà a nessun risultato. Sempre che il risultato non sia quello di nuovi lutti, di nuove distruzioni, di un odio che non potrà che crescere, ingrossando le fila di coloro che non hanno più alcuna fiducia in una soluzione giusta del conflitto.

Il governo israeliano, attraverso il suo esercito, ancora una volta scatena una pioggia di fuoco in risposta al lancio di razzi di qualche gruppo, come se ne fossero responsabili i civili di tutta la Striscia di Gaza. Che dieci anni fa, mentre festeggiavano la fine di un’occupazione, si sono resi conto di essere finiti reclusi in una prigione a cielo aperto. Cielo dal quale, a cicli alterni, piovono bombe.

Questa raccolta di pensieri (in quindici righe) vuole essere un racconto ‘altro’ di Gaza, reso da coloro che hanno avuto per i motivi più diversi la fortuna di incontrare l’umanità di Gaza, quella che non viene mai raccontata, da media che si ricordano di Gaza solo quando c’è un attacco, come se la vita a Gaza non fosse un inferno quotidiano. Ma anche nell’inferno la vita esiste e resiste, sempre, ogni giorno. Ed è questa resistenza di umanità che questa raccolta di voci vuole raccontare. 
Perché a un popolo si può togliere la libertà, ma non gli si può togliere l’umanità.

Se siete mai stati a Gaza, mandateci le vostre quindici righe a: redazione@qcodemag.it

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Guido Veronese, psicologo, Chair Psychologists for Human Rights, Università di Milano Bicocca – Dipartimento di Scienze Umane R. Massa

Un genocidio silenzioso

In queste ore terribili rieccheggia nella mia mente la voce di un caro amico e collega di Gaza, Jasem, Program Menager di Mercy Corps, US, uomo di pace e generosa umanità: “Qualcuno fermi questo nonsenso”.

Il dramma di queste ore è appunto perlopiù la perdita di senso, conseguenza devastante del trauma individuale e collettivo: perdita di senso di umanità, di giustizia, perdita d’amore, lutto.

Una popolazione assediata e umiliata, privata della propria terra e dei propri figli. Uccidere bambini – in queste ore si calcolano decine di piccole vittime e il numero va drammaticamente crescendo – significa perpetrare il genocidio. Oggi, nel nome di Primo Levi, tutti noi siamo “Sommersi”, nessuno “Salvato”, senza accorgerci, passo a passo, ci inoltriamo più o meno consapevolmente nel cuore della Tenebra.

 

 

 


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