Passaggio in India

India, stato del Kerala, tra le Sorelle missionarie dell’Immacolata, tra memoria dello tsunami e futuro

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/05/foto.jpg[/author_image] [author_info]foto, video e testo di Tano Siracusa. Fotografa dagli anni ’80. Ha collaborato con numerose testate ed è stato direttore della periodico Fuorivista. Attualmente è coordinatore di redazione di Gente di Fotografia. Ha realizzato numerose mostre in Italia e all’estero. www.tanosiracusa.it[/author_info] [/author]

20 luglio 2014 – Sono passati quasi dieci anni da quel giorno, quando il mare ha invaso la terra e l’ordine del mondo è stato sconvolto.

A Karungal, un piccolo centro nell’estremo sud dell’India, il Nirmala Hospital, un ospedale gestito dalle Sorelle missionarie dell’Immacolata a pochi chilometri dalla costa, si riempì in quei giorni di sfollati e di feriti, di gente in fuga traumatizzata, terrorizzata dallo tsunami che aveva chiuso tragicamente quel 2004.

Adesso le suore guardano le cassette video che descrivono il caos di quei giorni, mentre attorno a loro, nel fiato umido dei tropici, la vita non ha mai smesso il suo incessante, tumultuoso germogliare: quello delle piante, della vegetazione sfarzosa, esagerata, delirante, e degli animali per strada, cani, gatti, topi grossi come gatti, galline, varie specie di pennuti ed enormi farfalle, scimmie, elefanti. Tutti immerso nella calura umida  che incombe anche nelle notti affollate di fruscii, gemiti, richiami di animali misteriosi.

 

 

La vita degli uomini invece è tornata a nascere nelle silenziose stanze del Nirmana Hospital, dove le donne vengono a partorire.

Siamo nel Kerala, uno degli stati più avanzati del subcontinente, con livelli di istruzione e di qualità sanitaria molto elevati, con una popolazione – maggioranza cattolica e minoranza induista – che convivono nel reciproco rispetto.

Una sorta di anomalia in un paese dove l’unico monoteismo che si oppone alla sfrenata proliferazione politeistica dell’induismo è quello islamico.

Il segno più vistoso di questa anomalia è un’assenza che non può sfuggire ad un occidentale, quella delle vacche in giro per le strade. Le vacche per le strade e nei mercati, nelle stazioni ferroviarie, fra i risciò e le automobili, le moto e le biciclette, i veicoli a due, tre e quattro ruote che vanno a benzina, a pedali, spinti a mano o dagli animali, nel clamore della grande folla che vive per strada, mangia per strada, spesso dorme e muore per strada:  accanto alle grandi vacche che osservano con equanime distacco l’affannarsi dei bipedi. Con lo stesso distacco con cui una moltitudine di divinità mostruose contempla dalle superfici dei templi lo spettacolo del mondo: esseri proteiformi, ghignanti, lussuriosi, feroci, sognanti, a volte irati.

Attorno all’ospedale delle suore, non ci sono vacche e i templi induisti sono pochi, ma il lento tumulto dell’India, della sua gente, degli animali, è anche nelle strade di Karungal, dove le suore non fanno differenza fra cristiani, induisti o musulmani.

Nella sala parto i cesarei vengono effettuati da una suora chirurgo, gli ambienti sono puliti, il personale efficiente, l’atmosfera distesa. La mattina all’alba le madri espongono i neonati alla luce del sole che sorge. Qui dentro la vita che nasce non conosce differenze di religione, per le suore, per tutti è solo un evento che va benedetto.

L’arrivo di un gruppo di un piccolo gruppo di volontari non modifica le loro abitudini. Dopo la sveglia all’alba, la messa, il pranzo, la cena e i momenti di preghiera costituiscono brevi intervalli nel loro tranquillo vorticare fra i corridoi e nelle sale dell’ospedale, per le strade di Karungal, nelle scuole, nei villaggi vicini, dove ancora sono visibili le tracce e sono vivi i ricordi di quando dieci anni fa il mare ha invaso la terra.

Le Sorelle missionarie dell’Immacolata, si muovono veloci, leggere fra la miseria e gli splendori dell’India. A volte sembrano danzare.

 

Sosteneteci. Come? Cliccate qui!

associati 1



Lascia un commento