#HumanGaza16

Raccontando delle persone, delle vite, delle giornate di quelli che la guerra la pagano


di Q Code mag
@QcodeMag

24 luglio 2014 – L’ennesima punizione collettiva alla quale viene sottoposta la popolazione civile di Gaza, come tutte le altre, non porterà a nessun risultato. Sempre che il risultato non sia quello di nuovi lutti, di nuove distruzioni, di un odio che non potrà che crescere, ingrossando le fila di coloro che non hanno più alcuna fiducia in una soluzione giusta del conflitto.

Il governo israeliano, attraverso il suo esercito, ancora una volta scatena una pioggia di fuoco in risposta al lancio di razzi di qualche gruppo, come se ne fossero responsabili i civili di tutta la Striscia di Gaza. Che dieci anni fa, mentre festeggiavano la fine di un’occupazione, si sono resi conto di essere finiti reclusi in una prigione a cielo aperto. Cielo dal quale, a cicli alterni, piovono bombe.

Questa raccolta di pensieri (in quindici righe) vuole essere un racconto ‘altro’ di Gaza, reso da coloro che hanno avuto per i motivi più diversi la fortuna di incontrare l’umanità di Gaza, quella che non viene mai raccontata, da media che si ricordano di Gaza solo quando c’è un attacco, come se la vita a Gaza non fosse un inferno quotidiano. Ma anche nell’inferno la vita esiste e resiste, sempre, ogni giorno. Ed è questa resistenza di umanità che questa raccolta di voci vuole raccontare. 
Perché a un popolo si può togliere la libertà, ma non gli si può togliere l’umanità.

Se siete mai stati a Gaza, mandateci le vostre quindici righe a: redazione@qcodemag.it

tumblr-mdr4pjXIeS1r44q44o1-500

Stefano Rebora, Music for Peace – Creativi della Notte

Mai come in questo momento è necessario divulgare la sofferenza e il dolore di coloro che quotidianamente subiscono queste ingiustizie. Bisogna dare voce al popolo palestinese, a quel milione e settecentomila persone che hanno un cuore e del sangue nelle vene proprio come noi. E’ compito di ognuno poter diffondere le immagine di uno strazio che da troppi anni continua ad alimentarsi con il dolore e lo strazio dei palestinesi. Migliaia di bambini innocenti non hanno potuto avere il diritto di crescere. Migliaia di persone comuni hanno avuto tagliato il filo della vita. Sorrisi che non potranno mai solcare i volti; occhi che non potranno più perdersi nel vecchio “Almina”; braccia che non potranno stringere figli, genitori, amici e amori. Unire le forze è quanto dobbiamo fare: pacifisti, associazioni, governi, gente comune. Unire le forze e lottare; unire le forze e agire: basta con le parole, ma passiamo realmente ai fatti. Basta nel sfruttare dei riflettori accesi, ma cercare di alimentare sempre queste luci. L’abbraccio va ai miei amici non virtuali ma veri, ai miei fratelli, al popolo intero , dicendo loro che spero di poterli raggiungere presto e soffro per il loro dolore e per non essere li accanto a loro, Palestina Libera.

 

Sosteneteci. Come? Cliccate qui!

associati 1



Lascia un commento