#HumanGaza19

Raccontando delle persone, delle vite, delle giornate di quelli che la guerra la pagano

di Q Code mag

27 luglio 2014 – L’ennesima punizione collettiva alla quale viene sottoposta la popolazione civile di Gaza, come tutte le altre, non porterà a nessun risultato. Sempre che il risultato non sia quello di nuovi lutti, di nuove distruzioni, di un odio che non potrà che crescere, ingrossando le fila di coloro che non hanno più alcuna fiducia in una soluzione giusta del conflitto.

Il governo israeliano, attraverso il suo esercito, ancora una volta scatena una pioggia di fuoco in risposta al lancio di razzi di qualche gruppo, come se ne fossero responsabili i civili di tutta la Striscia di Gaza. Che dieci anni fa, mentre festeggiavano la fine di un’occupazione, si sono resi conto di essere finiti reclusi in una prigione a cielo aperto. Cielo dal quale, a cicli alterni, piovono bombe.

Questa raccolta di pensieri (in quindici righe) vuole essere un racconto ‘altro’ di Gaza, reso da coloro che hanno avuto per i motivi più diversi la fortuna di incontrare l’umanità di Gaza, quella che non viene mai raccontata, da media che si ricordano di Gaza solo quando c’è un attacco, come se la vita a Gaza non fosse un inferno quotidiano. Ma anche nell’inferno la vita esiste e resiste, sempre, ogni giorno. Ed è questa resistenza di umanità che questa raccolta di voci vuole raccontare. 
Perché a un popolo si può togliere la libertà, ma non gli si può togliere l’umanità.

Se siete mai stati a Gaza, mandateci le vostre quindici righe.

 

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 Davide, cooperante a Gaza, West Bank e Gerusalemme dal 2009 al 2013

Quando Reema mi ha visto per la prima volta si è un po’ spaventata. Poi abbiamo imparato a lavorare insieme negli asili della striscia, poi siamo diventati buoni colleghi.  Poi amici.
Lei mi chiama Mudeer (che più o meno vuol dire capo), io Mudeera (che probabilmente non esiste in arabo).
Reema da una decina d’anni non porta il velo, solo una sciarpa abbandonata sulle sue spalle mentre scende le scale di casa, così “papà è non protesta troppo”. Ha due bambini e lotta per l’affidamento contro il suo ex marito che l’ha lasciata e si è risposato. Spesso prendeva permessi per andare in tribunale.
Reema è piccola di statura – mi ha sempre chiesto in prestito qualche centimetro (io sono oltre 1,90) – e ha una forza che io… nemmeno per sogno. Va matta per il cioccolato; gliene ho portato chili e chili dalla cioccolateria artigianale di Salahddin Street di Gerusalemme. Una volta le ho portato le lasagne che avevo cucinato a casa mia a Ramallah.
Ieri (9 luglio, ndr) mi ha scritto dicendo che i bombardamenti non smettono mai, ha paura perché i suoi bambini non sono con lei e si sente impotente. Ma oggi è andata al Metro (un supermercato di gaza City) e ha fatto il pieno. Sta un po’ meglio. Almeno per un po’. Ma le scorte di cioccolato non le dureranno molto.
Quando me ne andai da Gaza mi accompagnò all’ultimo check point palestinese. Dopo essersi guardata intorno, mi abbracciò dicendo: “Chissenefrega! Che mi guardino pure”.

 

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