Addio Giorgio

Il 29 luglio si è spento il jazzista Giorgio Gaslini. Gaetano Liguori ne fa un ritratto appassionato, di musicista e uomo, interprete dei tempi e precursore delle strade del Jazz in Italia

di Gaetano Liguori

 

Gaslini_Giorgio

 

5 agosto 2014 – Ci ha lasciato Giorgio Gaslini, musicista, compositore, pianista, direttore d’orchestra, ma soprattutto colonna portante del jazz italiano dagli anni ’50. Milanese, classe 1929, si interessò da subito al Jazz che si diffondeva nel dopoguerra tramite i dischi portati dall’esercito americano. Dopo qualche esibizione ancora con i pantaloni corti (come lui amava raccontare), capì l’importanza di solidi studi accademici nella formazione di un musicista, così si iscrisse al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e si diplomò in breve tempo in pianoforte , composizione e direzione d’orchestra.

Studiò con maestri come Ghedini e compagni come Abbado, Berio e Paccagnini. Ebbe dunque la fortuna di muovere i primi passi in una Milano che offriva negli anni ’50 diverse soluzioni di impiego per un giovane musicista e presto si affermò come Jazzman e si impiegò alla Voce del padrone (celebre etichetta discografica).

Ha attraversato da par suo vari generi musicali sempre con creatività e originalità, sia che fosse una colonna sonora (come nel caso del capolavoro di Antonioni “La notte”), o un jingle pubblicitario (basti ricordare “La mucca carolina” per il carosello del Invernizzi). Scrisse opere, balletti, musica da camera, sempre sperimentando in molti casi “controcorrente”. Certo il genere per cui sarà sempre ricordato è il Jazz, che ha praticato fino agli ultimi momenti, incidendo più di 90 tra dischi e CD. Si è esibito in quasi 4mila concerti che lo hanno portato, oltre che nel nostro Paese, in Europa, America, Asia, fino ad essere il primo musicista italiano ad esibirsi in Cina. Essenziale per chi si è occupato di Jazz in Italia la sua opera di didatta che lo portò per una breve esperienza alla fine degli anni ’60 al Conservatorio di S.Cecilia a Roma, ma dato che non erano ancora i tempi, quella breve esperienza fu cassata dal Ministero. E pensare che se oggi il Jazz è materia di pari dignità in tutti i Conservatori d’Italia lo si deve a lui e alla sua opera di apripista.

Io che pur non essendo un suo allievo mi sono sempre considerato un suo discendente musicale lo ricordo con affetto e gratitudine perché senza di lui e il suo esempio, non avrei mai pensato di fare la carriera che ho intrapreso. Alcune sue opere significative come “Colloquio con Malcom X” o “Fabbrica occupata” sono nella storia della musica non solo per la loro intrinseca qualità musicale ma anche per la carica ideologica e sociale che portavano in momenti pieni di fermenti sociali. Eravamo in pieno ’68. Il suo libro “Musica totale” è stato e rimane un testo insuperato delle sue concezione musicali che tanto influenzò noi giovani di quegli anni e che andrebbe attentamente riletto nei Conservatori e nelle Università.

 

 

La sua è stata una vita dedicata alla musica e ai musicisti non dimenticando mai la funzione di crescita culturale che questa ha sempre avuta al di là di ideologie e di credi religiosi. I ricordi che mi legano al Maestro sono tanti e si perdono nei racconti di mio padre che suonava la batteria e che spesso era chiamato a registrare con lui. Era il musicista Jazz con il quale noi giovani degli anni ’70 potevamo dialogare e apprendere. Ricordo centinaia di concerti nel “circuito alternativo” che ci vedevano protagonisti sia sul palco che dopo in qualche stand della festa dell’Unità a discutere di musica e di politica. Fummo candidati entrambi per il PDUP nel 1979. Ricordo come fosse ieri un concerto del 1974 in una Piazza S.Croce a Firenze piena di bandiere rosse e di giovani, salire sul palco sempre impeccabilmente vestito (era uno degli uomini più eleganti che abbia mai conosciuto) e dar luogo ad un’infuocata esecuzione di Murales. Oppure partecipare ad un Festival nella Statale di Milano occupata intitolato “Nuove tendenze del Jazz Italiano”, lui che era da due decenni un protagonista del Jazz italiano e che aveva contribuito a far passare da una dimensione di parrocchietta ad una dimensione Europea la musica degli afroamericani.

gaslini

Ricordo le telefonate fiume che facevo con lui quando si cominciò a parlare di “riflusso”e non trovavo stimoli nel mio lavoro. Mi consigliava sempre di cercare una via d’uscita nella musica. Suonare, studiare, scrivere, con metodo e continuità e qualche cosa sarebbe prima o poi arrivata, e aveva ragione.

Giorni fa ho tenuto un concerto di solo piano che gli ho dedicato e mentre affrontavo la testiera non ho potuto pensare che da oggi ogni volta che suonerò un pianoforte non potrò non pensare a lui come musicista ma soprattutto come Uomo.

Hasta la Victoria siempre Giorgio

 

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