Corpi normati o corpi liberi: la rivolta dell’artista contemporaneo Petr Pavlensky tra performance e politica
di Alessandro Ingaria
@aleingaria
traduzione a cura di Igor Piumetti
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27 agosto 2014 – Nei mesi scorsi, Petr Pavlensky, un giovane artista di origini russe, ha sviluppato un’azione performativa, solo apparentemente ispirata ai codici della storica corrente della body art, per manifestare la propria opposizione ai dogmi imposti dal governo di Vladimir Putin, soprattutto in materia di libertà sessuali. Partendo dall’idea di reiterare la protesta dei prigionieri delle carceri russe, Pavlensky grazie alle ferite inflitte sul proprio corpo ha creato un varco di significati nelle fenomenologie corporee dell’Est Europa, tra piazza Maidan, il movimento ucraino delle Femen e la comunità LGBT. In modo contrapposto alle correnti performative tradizionali, negando qualsiasi equivalente simbolico, Pavlensky attraverso le aperture del sangue, svela – come direbbe Jean Luc Nancy – le aperture del senso sotteso alle vicende socio-esistenziali di una parte dell’Occidente.
Secondo lei i giovani russi sono interessati alla politica? C’è un movimento politico nel quale si riconosce? Quali sono gli obiettivi dei giovani gruppi politici?
«Direi che i giovani hanno iniziato a interessarsi di più alla politica. Ma l’altra questione è che spesso questo interesse si limita a discutere sul fatto che Putin e il suo regime non siano una buona cosa. Inoltre, alla fine del continuo dibattito da parte dei partiti dell’opposizione, l’unica soluzione “buona” risulta essere il candidato Navalny, che è diverso da Putin al massimo per la sua passione per il nazionalismo. Oggi possiamo constatare una rivincita della destra in Russia. Da parte dell’apparato ufficiale del governo c’è una feroce reazione e l’adozione di leggi che fanno precipitare il paese nel pantano del totalitarismo. In parallelo con questo atteggiamento, godono del sostegno del governo gruppi neonazisti informali, che lo stato usa come una quinta colonna nella lotta contro l’Opposizione di sinistra.
Io non seguo nessun movimento politico in Russia, dal momento che i neo-nazisti mi disgustano per l’ideologia, mentre quelli di sinistra sono disgustosi a causa del loro conformismo liberale, conservatore e vile. Gli obiettivi dei giovani gruppi politici sono come sempre molto alti; la destra vuole l’affermazione del fascismo russo, gli antifascisti vogliono rovesciare i fascisti, i socialisti vogliono ripristinare l’ Unione Sovietica, i liberali vogliono che l’Unione Sovietica non torni e gli anarchici vogliono distruggere tutto. Tuttavia, una tale abbondanza di piccoli gruppi disparati con obiettivi contrastanti gioca a favore dello stato. L’apparato di potere centralizzato periodicamente mette questi gruppi l’uno contro l’altro. Per questo il potenziale dell’opposizione si limita all’interno di piccole beghe subculturali elitarie e mai come fonte di pericolo per il governo che lo neutralizza facilmente».
Qual è la scena politica in Russia?
«Essenzialmente il partito “Russia Unita” e i suoi satelliti, coperto sotto altri nomi. Nel 2012 c’è stata la possibilità della nascita di un’opposizione, ma purtroppo il tutto si è smorzato e ridotto alla figura nazional-liberale di Alexei Navalny».
Che impatto ha la religione nella società russa? Il Patriarca Kirill è più influente di Vladimir Putin?
«Oggi si tenta di trasformare la religione in un potente strumento di manipolazione. Per fare questo la popolazione viene indotta in ogni modo a una forma di pensiero occulto. Da un lato ci sono canali clericali di copertura regionale, dall’altro i canali governativi che mostrano costantemente stregoni, esorcisti e altre sciocchezze mistiche. Tale propaganda ha un impatto: quando qualcuno annuncia di avere delle reliquie, si formano code chilometriche in attesa di un miracolo. Nelle scuole è stato introdotto un nuovo elemento che si chiama “i fondamenti della cultura ortodossa”. Ai bambini viene insegnato a credere in dio e difendere la patria dai nemici che la circondano ovunque. Il tempo ci dirà quali frutti darà questa coscienza militar-paranoide dei giovani. Oltre a tutto questo il patriarca Kirill ha una funzione secondaria e, semplicemente, duplica il comportamento e le parole di Putin. Allo stesso tempo, come personaggio pubblico, il patriarca risulta ancora più ridicolo di Putin: fa o dice sempre qualche sciocchezza che spesso fanno ridere di lui. Oggi la chiesa è ossessionata dall’accumulo di ricchezze e dall’accaparramento di nuove proprietà. Sebbene in Russia tra la chiesa e il dipartimento di polizia non esistano differenze a livello simbolico, come praticamente l’intera popolazione comprende, ciò non impedisce che le credenze religiose occupino un posto sempre più importante nella testa della gente. Questo è un fenomeno molto paradossale» .
Perché Vladimir Putin è così ossessionato dall’omofobia, e perché la questione è così importante nel suo programma politico?
«L’omofobia di Putin è paragonabile all’antisemitismo della politica nazista del Terzo Reich. E’ l’immagine del nemico, con cui Putin vuole unire la popolazione. Questo schema politico determina contemporaneamente una nuova soggettività collettiva, predispone all’annientamento di un “nemico” interno e definisce il resto del mondo come un nemico esterno, che deve essere affrontato. Insieme a questo, il disprezzo per le minoranze sessuali è parte integrante della cultura carceraria. Le autorità stanno rendendo più labile la linea tra la libertà e la galera, così che lo schema di comportamento dei detenuti diventa sempre più familiare e comprensibile».
L’omofobia è una parte della cultura tradizionale russa?
«Questa è una domanda interessante, perché qui siamo di fronte ad un altro paradosso. La cultura tradizionale russa prima della rivoluzione del 1917 era in gran parte determinata dalla chiesa. L’istituzione della chiesa ha sempre cercato di seminare nelle persone quanto più possibile pregiudizi e paure. Pertanto, in una popolazione semplice, per lo più puritana, il sesso era inteso come un bisogno fisiologico di crescita della popolazione. Tuttavia, una parte privilegiata della società aveva un approccio molto sofisticato alla vita sessuale: imperatori e imperatrici avevano harem, amanti e favoriti. Cioè questi segmenti della società, rispetto ai principi della chiesa, si sentivano abbastanza liberi. Ma il paradosso principale è che i più liberi dai dogmi della chiesa fossero proprio gli stessi funzionari della chiesa. L’omosessualità e la pedofilia sono sempre stati una parte integrante della cultura tradizionale del clero secolare.
Per fare carriera i funzionari clericali devono prendere un voto di celibato, devono rinunciare ai rapporti sessuali con una donna, ma per una regola non scritta possono facilmente sostituirli con rapporti con uomini o bambini. Non è particolarmente raccomandato sbandierare questo aspetto, ma abbastanza spesso le informazioni su casi di pedofilia tra il clero diventano pubbliche. Tale rapporto di permissivismo sessuale è stato rotto solo per un paio di decenni dopo il 1917, quando in Russia ha preso il via la rivoluzione sessuale e la libera espressione della propria sessualità era ad appannaggio di tutta la popolazione».
Come si riferisce al corpo la religione e la società russa?
«La religione si riferisce al corpo come a una proprietà di dio e dello stato. La religione insegna ai bambini che il più alto valore è morire per la fede e la patria. Il modello della storia indica come santo martire contemporaneo,quasi canonizzato, un soldato, presumibilmente torturato da estremisti caucasici. Secondo questa leggenda, lo hanno minacciato di morte se non avesse rinunciato alla fede ortodossa. Egli non ha rinnegato e così l’hanno brutalmente assassinato. Per la religione, il corpo è materiale biologico per la popolazione, funzionale all’esercizio della guerra e alla conferma del dogma religioso. La società si riferisce al corpo come a qualcosa di fragile, a qualcosa che deve essere protetto a tempo indeterminato, pulito con salviettine umidificate e protetto dalla moltitudine di pericoli che lo stato mostra alla popolazione».
Che tipo di rapporto ha il governo russo con l’arte? Lo stato sostiene l’arte?
«Lo stato è pronto a sostenere solo quelle opere d’arte che sono pronte a sostenere lo stato. Cioè quelle che contribuiscono alla propaganda ufficiale dello stato.Il rifiuto pubblico dell’espressione delle proprie opinioni politiche e le dichiarazioni che l’arte e la politica sono incompatibili è qualcosa di approvato dallo stato. Il grado di conformismo è il criterio più accurato di una proficua collaborazione con lo stato».
Lei ha detto: “Voglio mostrare a tutti la possibilità e la facilità dell’attivismo. Le risorse possono essere il proprio corpo o gli articoli per la casa; non hai bisogno di soldi per fare una dichiarazione.». In relazione a questo, cosa ne pensa circa l’uso del corpo nel contesto delle recenti proteste in Ucraina?
«Il fatto è che il Maidan è un’azione della molteplicità. È fatta da una nuova soggettività collettiva. Maidan fa una dichiarazione per il fatto stesso della sua esistenza e del suo sviluppo. Possiamo dire cheè un organismo che si è risvegliato, si è contrapposto al governo stesso e deve giustificare la sua nascita con il successo nel raggiungimento dei suoi obiettivi».
In alcune sue interviste lei ha dichiarato che “la violenza diretta contro qualcosa che è altrettanto violento è un metodo efficace di liberazione” e che “non è il potere che mantiene le persone per le palle, è la gente che si autolimita» In accordo a ciò, lei ritiene che usare la violenza contro se stessi per lottare contro la violenza di stato significa che “è la gente che si autolimita, si autoreclude”? Che cosa ne pensa del rischio che le sue performance contro la violenza di stato vengano inglobate nelle strategie mediatiche del governo Putin?
«Ho parlato di due cose semplici: la prima è che la filosofia della nonviolenza, eretta come un dogma, fornisce semplicemente il monopolio statale della violenza. Così come ho detto che la società può essere chiamata forte solo quando al minimo segno di violenza da parte dello stato, essa è in grado di rispondere con l’impatto di una ribellione e distruzione cento volte superiore a quello che è stato fatto dallo stato. Cioè quando la società colpisce lo stato, deve avere un carattere eccessivo/ridondante. E un’altra cosa: ho mostrato alla gente il vero volto della sua passività. Penso che quando la società latita, l’arte dovrebbe creare occasioni per il suo risveglio. Da un lato il regime avvia procedimenti penali, dall’altro è evidente che tutto ciò che non è una rivolta e una distruzione diretta delle relazioni sociali stabilite può essere definita strategia di regime. Ma, a mio parere, come attuale strategia di regime può essere definita la costruzione nella società di una gerarchia di tipo carcerario e lo sfogo di uno strato della popolazione contro un altro».
Perché, a suo avviso, il corpo nudo crea paura?
«Le persone non hanno paura di guardare il proprio corpo nudo. La gente ha paura che gli altri vedano i loro corpi. Ma questo è solo perché alle persone in età infantile viene insegnato a temere questo».
E’ possibile fare attivismo senza usare il corpo?
«Sicuramente sì. Questo è solo uno degli strumenti per l’espressione. Ci sono molti esempi in cui l’azione non è fatta con il corpo ed altri oggetti: per esempio l’azione del gruppo Vojna “Chuj v plenu u FSB”. O l’azione di Alexander Brener e Barbara Schurz “East Side Gallery”».
Qual è il suo atteggiamento verso la body-art (in particolare l’azionismo Viennese di Gunter Brus, Otto Mühl, Hermann Nitsch e Rudolf Schwarzkogler)? Cosa pensa degli esperimenti fisici estremi (es. la scarificazione o la sospensione corporea)?
«Sono interessato agli azionisti viennesi e a certe manifestazioni della body art, come ad esempio Stelarc. L’azionismo viennese è riuscito a parlare della condizione della società dopo la seconda guerra mondiale e penso che lo abbia fatto molto bene. Per quanto riguarda le esperienze corporee relativamente estreme, come la sospensione, la scarificazione ecc., da sole non sono di alcun interesse. Lo stesso vale per gli artisti che vogliono comunicare semplicemente danneggiando una parte del loro corpo. In quelle azioni che ho effettuato il danno era secondario. Più importante era il contesto in cui le compivo e il contesto da cui derivavano. Ad esempio, se parliamo di “Fiksacii”, si deve ricordare che è stata fatta il giorno della festa dei dipendenti del ministero degli interni, e che i prigionieri nelle prigioni russe inchiodano lo scroto alla propria branda quando l’amministrazione penitenziaria inizia a creare problemi ai detenuti. Avevo bisogno di spostare questo gesto, in questo giorno, nella Piazza Rossa, nel punto più intimo del regime poliziesco per mostrare quale prospettiva attenda la società, se non inizia ad agire».
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