Intervista a Carolina de Stefano, ph.D Candidate all’Università Sant’Anna ed esperta di Russia
tratto da Ispionline.it
3 settembre 2014 – Dopo aver denunciato la presenza di oltre 1000 soldati russi in Ucraina, ieri la Nato ha diffuso alcune foto satellitari che mostrano forze armate di Mosca impegnate in operazioni militari all’interno del territorio ucraino. Le immagini proverebbero lo sconfinamento di un convoglio di unità d’artiglieria pesante all’interno della campagna ucraina, nell’area di Krasnodon. Nonostante il ministero della difesa russo abbia smentito ufficialmente la presenze di truppe russe nell’Ucraina dell’est, la notizia ha riacceso la crisi in corso da circa dieci mesi nel paese dopo che l’incontro tra i presidente Putin e Poroshenko a Minsk aveva fatto sperare nell’apertura di una nuova fase di dialogo.
Intanto, sul campo si è aperto nelle scorse ore un terzo fronte di conflitto quello attorno a Novoazovsk. La città orientale ucraina che si affaccia sul mare di Azov, è finita sotto il controllo dei separatisti e Kiev teme che i filo-russi stiano ora puntando sul porto Mariupol, ultimo baluardo per impedire la creazione di un corridoio verso la Crimea, annessa da Mosca a marzo. Se così fosse, i ribelli o la Russia acquisirebbero il controllo del Mare d’Azov e di ogni risorsa petrolifera e mineraria che contiene.
Molto risoluto si è mostrato il presidente americano dopo le rivelazioni della Nato. Obama ha accusato la Russia di aver deliberatamente violato la sovranità dell’Ucraina e di essere pronto a riaffermare l’impegno americano in difesa dei suoi alleati europei. Nuove azioni comuni potrebbero quindi essere decise durante il vertice Nato del primo settembre dove sarà presente anche Obama. Secondo i collaboratori di Obama, in queste ultime ore si è verificato uno spostamento della Germania che fin qui aveva tenuto una posizione equidistante tra le “colombe” (Italia, Francia, Spagna) e l’asse Usa-Inghilterra-Paesi dell’est.
Domani il Consiglio Ue che dovrà nominare il nuovo capo della diplomazia europea esaminerà anche il caso ucraino per verificare se ci sono margini per un’azione comune in questo ambito. Anche il Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stato convocato d’emergenza ma nessun risultato significativo è stato a causa del diritto di veto detenuto dalla Russia.
Per comprendere meglio la questione e le sue ripercussioni internazionali abbiamo rivolto tre domande a Carolina de Stefano, ph.D Candidate all’Università Sant’Anna ed esperta di Russia.
La Russia nega che proprie truppe siano mai entrate in Ucraina, se non per “errore” o “in maniera volontaria”. Qual è quindi l’obiettivo ufficiale di Putin in Ucraina e quanto è credibile?
Le dichiarazioni russe che continuano a negare la presenza del proprio esercito in Ucraina a supporto dei filorussi – dopo le fotografie aeree ma soprattutto considerando l’improvviso rafforzamento delle forze separatiste, nei giorni scorsi fortemente indebolite dall’esercito ucraino – non sembra più credibile. Anche l’obiettivo ufficiale di Mosca sostenuto fino a pochi giorni fa – l’intenzione esclusiva di proteggere la popolazione ad etnia russa del Donbass e di sostenerla tramite l’invio di convogli umanitari avallati dalla Croce Rossa internazionale – perdono di conseguenza credibilità.
Soprattutto sulla questione dell’emergenza umanitaria la perdita di credibilità va a grande svantaggio della Russia, a cui ad oggi nessuno poteva negare la gravità del coinvolgimento di civili nello scontro tra l’esercito ucraino ed i separatisti.
È impossibile invece pronunciarsi sullo scarto esistente tra obiettivo “ufficiale” e “reale” di Mosca, perché, tra i molti a sostenerlo l’analista politico russo George Bovt, l’impressione è che la Russia non stia seguendo alcuna strategia lineare, ma che stia invece tentando di scongiurare con azioni unilaterali, in ogni maniera, la possibilità di una sconfitta (e quindi, peggio, di un’ammissione di sconfitta di fronte alla comunità internazionale) dei separatisti che ha sostenuto militarmente e politicamente dall’inizio del conflitto, che la indebolirebbe in sede di negoziati internazionali.
Se l’interpretazione delle foto mostrate ieri fosse confermata, quanto è realistico ipotizzare un maggior coinvolgimento della Nato nel conflitto in Ucraina?
La persistente divergenza delle posizione europee in merito al conflitto ucraino e le dichiarazioni di oggi del Segretario Generale NATO Rasmussen all’uscita dal Consiglio Straordinario Nato-Commissione Ucraina (la richiesta alla Russia “di interrompere immediatamente le azioni militari illegali in Ucraina”, il totale “supporto all’Ucraina” senza fare però cenno ad alcuna iniziativa concreta), rendono molto difficile ipotizzare un immediato e diretto coinvolgimento della Nato nel conflitto, che equivarrebbe ad una dichiarazione di guerra alla Russia. Data l’imprevedibilità degli eventi dei prossimi giorni, però, è fondamentale attendere di conoscere l’esito e le decisioni prese nel Consiglio Europeo straordinario di domani a Bruxelles e durante quello Nato previsto per il 1 settembre.
Dopo quasi dieci mesi di scontri l’opzione di un assetto federale dell’Ucraina, da tempo presentata come via d’uscita dalla crisi, è ancora praticabile? Quali sono stati i maggiori ostacoli a questo progetto?
Nel contesto attuale di gravissima guerra civile, di escalation del conflitto, di ormai (come sembra) dimostrata presenza militare russa in Ucraina, non è possibile nemmeno ipotizzare un dibattito parlamentare su quale sia l’assetto istituzionale di cui dovrebbe dotarsi Kiev approvando una nuova Costituzione nazionale.
L’opzione federale – o di una maggiore decentralizzazione politico-amministrativa rispetto a quella attuale – rimane in teoria, come lo era già mesi fa, la soluzione preferibile per una normalizzazione dei rapporti tra Kiev e le regioni attualmente in mano ai filorussi. La prima ragione è che una scelta (ampiamente) federale è dall’inizio una delle condizioni ufficiali della Russia per interrompere il sostegno ai separatisti, e quindi rimane nell’ipotesi di negoziati multilaterali un punto fondamentale. La seconda è che nelle regioni sudorientali ucraine – diversamente dalla Crimea, e come mostrano sondaggi pubblicati prima che il conflitto si aggravasse – la maggioranza della popolazione si era dichiarata favorevole ad una federalizzazione del paese e contraria invece sia ad una separazione del Donbass dall’Ucraina, sia ad un’annessione della regione alla Russia. Una proposta di riforma del testo costituzionale, non soddisfacente per Mosca, è stata presentata dal Parlamento ucraino alla Commissione di Venezia per una richiesta di parere, ma l’assoluta e unica priorità, anche rispetto alle elezioni parlamentari anticipate previste in autunno, resta la risoluzione pacifica del conflitto.
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