Accordi sul lago

Intervista a Sergio Fabian Lavia, organizzatore del Festival Internazionale di chitarra a Menaggio

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Schermata-2013-06-15-alle-20.39.17.png[/author_image] [author_info]di Francesca Rolandi. @FrancescaRoland. Storica, ha portato a termine un dottorato in Slavistica e si occupa di studi sulla Jugoslavia socialista. Ha vissuto a Belgrado, Sarajevo, Zagabria e Lubiana e ha provato a raccontarle per PeaceReporter, Osservatorio Balcani Caucaso, Cafebabel e Profili dell’Est[/author_info] [/author]

4 settembre 2014 – Dal 5 al 7 settembre sulle sponde del lago di Como, a Menaggio, si svolgerà il Festival Chitarra di Menaggio, kermesse internazionale. Ne abbiamo con Sergio Fabian Lavia, organizzatore e anima della manifestazione musicale.

L’edizione 2014 del Festival ha un particolare filo conduttore?

L’idea del Festival è di proporre un viaggio nell’affascinante mondo della chitarra, con le sue variegate sonorità e linguaggi musicali. Strumento di rilievo in diversi periodi storici, dal 1900 occupa i più svariati aspetti della scena musicale: nelle mani di Andres Segovia in sale da concerto classico, nei riff dei concerti rock o come accompagnamento dei cantautori. Nella scelta degli artisti cerchiamo di mettere in evidenza questa versatilità e varietà di stili e generi.

Altro filo conduttore è dato dall’idea di mettere in comunicazione diverse culture, diverse generazioni e anche diversi tipi di pubblico. Si esibiscono artisti con varietà di età e traiettorie musicali e in luoghi con caratteristiche differenti. Nelle chiese si svolgono i concerti più raccolti, mentre sulla Piazza Centrale si possono ammirare spettacoli con aspetti tecnici più ampi che includono la danza e giochi di spazializzazione del suono.

Un aspetto interessante per chi vuole approfondire aspetti tecnici musicali sono i workshop che, mantenendo un linguaggio divulgativo, si dimostrano un’occasione preziosa per conoscere da vicino gli artisti e le loro idee. In questi incontri, che spaziano da mostre di liuteria e strumenti antichi a dimostrazioni di analisi del suono con le tecnologie più avanzate, possiamo incontrare tanto persone del settore musicale quanto appassionati della musica.

Oltre agli artisti professionisti si è dato uno spazio importante ai giovani chitarristi emergenti, creando una collaborazione continuativa con i Conservatori e dando spazio anche ai chitarristi del nostro territorio.

 

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È possibile rintracciare dei generi musicali nella musica che proponete al festival? Un festival come il vostro può permettere a generi musicali diversi di comunicare?

La nostra intenzione è di riunire chitarristi che rappresentano culture di diverse parti del mondo e fare interagire stili differenti fra loro: dalla chitarra classica contemporanea al fingerpicking, dalla musica sudamericana al jazz dando uno spazio privilegiato alle tecniche più innovative dello strumento. Abbiamo ospitato artisti provenienti da diverse parti del mondo che ci hanno presentato uno spaccato della cultura musicale dei loro paesi, facendoci assaporare atmosfere inconsuete, dal Madagascar alla Germania, da Israele alla Francia, passando per il Perù, Stati Uniti, Honduras, Argentina, Svizzera, Turchia, Tunisia, Scozia, Spagna, Brasile, Ungheria e, naturalmente, Italia.

Ci sono stati anche alcuni felicissimi momenti in cui i musicisti hanno suonato anche assieme e hanno potuto scambiare idee fra di loro. Penso che questi incontri favoriscano l’apertura mentale e il dialogo fra gli artisti e diano la possibilità al grande pubblico di conoscere espressioni musicali difficile di trovare nei tradizionali canali comunicativi.

Quali sono stati i legami del vostro festival con la scena musicale internazionale?

Abbiamo avuto l’occasione di ospitare diversi artisti internazionali di cui la maggior parte era già stata in Italia in precedenza.
Per esempio uno fra i più grandi chitarristi compositore, Roland Dyens, di origine tunisina che insegna al Conservatorio di Parigi, l’americano Pete Huttlinger, virtuoso della chitarra acustica molto noto per essere stato chitarrista del cantautore John Denver, il britannico Martin Taylor appartenente al mondo del jazz fingerstyle, il fantastico improvvisatore e compositore ungherese Ferenc Snetberger, il francese Christian Laborde, l’originalissimo artista del Madagascar Solorazaf che lavorava con Dizzy Gillespie e con Miriam Makeba, il tedesco Roman Bunka che suonava con Trilok Gurtu, il grande compositore brasiliano Guinga con cui Paco de Lucia ha dichiarato di volere scambiare il suo universo musicale e naturalmente artisti italiani quali il maestro Franco Cerri.

Lei stesso è musicista e da alcuni anni porta avanti un progetto musicale con Dilene Ferraz. Lei argentino, Dilene brasiliana. Come queste due culture, diverse e vicine allo stesso tempo, si incontrano nell’ambito musicale e più in generale culturale?

Nel mio percorso musicale, che ha profonde radici nella musica argentina, ho sempre sentito un’attrazione per la cultura e la musica brasiliana. I miei ascolti giovanili andavano da Alberto Ginastera e Astor Piazzolla a Heitor Villa-Lobos, Egberto Gismonti e Hermeto Pascoal. L’incontro musicale con Dilene Ferraz, che ora è anche mia compagna di vita, mi ha permesso di limare e approfondire i miei primi tentativi compositivi basati sulla sintesi di questi due mondi sonori.

Abbiamo creato “De Argentina ao Brasil”, un progetto che vuole rappresentare il vasto universo musicale di questi due paesi nei suoi molteplici aspetti. Nella musica proposta dal nostro duo si ritrovano elementi che appartengono alla musica popolare (Tango, Bossa Nova, Chacarera, Ciranda, Milonga, Maracatù, ecc.), aspetti che rimandano alla tradizione “colta” e alla ricerca di nuove tecniche espressive. Il risultato è un insieme di esperienze plasmate da suoni tradizionali fusi con aspetti più sperimentali, anche con l’utilizzo delle nuove tecniche elettroniche e informatiche.

Questo progetto diventa il simbolo di due culture in cui il conflitto d’opposizione e contrasto convive con la complementarità e l’intesa. Da questa sintesi derivano idee di comparazione, movimento, moltiplicazione e di specchio, come quella del tango-bossa: partendo dall’osservazione che la cellula ritmica del tango è la retrogradazione del bossa nova, ho creato una nuova cellula ritmica formata dalla somma di queste due.

“De Argentina ao Brasil” è un progetto con apertura a nuovi linguaggi, la sua multiculturalità ha suscitato un grande interesse ed è per noi uno stimolo molto forte per continuare il nostro lavoro di studio e di ricerca.

 

 

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