Ustica, cosa dicono le nuove carte

Arrivano i primi effetti del decreto Renzi sulla declassificazione dei documenti relativi alle stragi: desecretati molti documenti del ministero Affari Esteri sulla strage di Ustica. Nessuna novità eclatante, ma molte conferme

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Nessuna eclatante novità, ma molte conferme. Perché quella della strage di Ustica è una storia che va dedotta dai silenzi, più che dalle parole. È così anche per i documenti recentemente desecretati e resi consultabili presso l’Archivio Centrale dello Stato, in attuazione del decreto Renzi dell’aprile scorso. La verità relativa ai depistaggi e, soprattutto, agli insabbiamenti la si legge tra le righe. E aggiunge molti particolari a quel mosaico che da 34 anni si sta cercando di ricomporre, per capire come è stato possibile che un aereo civile sia stato abbattuto in tempo di pace senza che si potesse avere un qualche straccio di motivazione.

Andranno deluse le aspettative di chi sperava che dalle carte del Ministero Affari Esteri – in quelle versate, quanto meno – emergessero colpi di scena.

A prima vista, quei documenti (perlomeno quelli pubblicati due giorni fa in esclusiva dal quotidiano La Repubblica) non contengono nessun elemento tale da rappresentare un significativo avanzamento sul piano della ricerca della verità. Se per verità, certo, si intende la ricostruzione dello scenario di guerra che ha visto il DC-9 dell’Itavia centrato da un missile. Mancano le bandierine, su quelle maledette tracce aeree. Erano 21 i jet militari intorno al nostro aereo civile, quella sera. Solo che i radar non riescono a dirci molto di più. Di che nazionalità erano? Che cosa ci facevano lì? Domande ancora aperte su cui sono state fatte molte congetture, in assenza di una verità ufficiale. I documenti che il governo Renzi ha voluto desecretare non contengono queste risposte.

Cosa c’è nei documenti desecretati?

A quanto pare, le carte declassificate del Ministero Affari Esteri ammontano a diverse centinaia di pagine – si parla di oltre 600 files. Occorreranno tempo e pazienza per studiare a fondo la documentazione, per vedere cosa nasce dal confronto con quanto già acquisito. Per capire se possono nascere nuove piste di indagine o di comprensione storica. Ché un documento, estrapolato dal suo contesto, di per sé, dice poco o nulla. Le carte ci parlano se sappiamo leggerle nel loro insieme.

A prima vista, comunque, i documenti ora accessibili riguardano alcuni dei punti più sensibili e controversi dell’inchiesta sulla strage.

  1. La presenza di aerei militari statunitensi nei pressi di Ustica al momento dell’esplosione del DC-9, negata per anni dagli stessi USA. In un memorandum redatto per Massimo D’Alema e Giuliano Amato nel 2000 (si può scaricare qui) la consapevolezza che si trattò di un’informazione falsa. Nulla di nuovo, ma nel documento non si fanno giri di parole. Quei giri di parole che invece gli stessi amministratori hanno usato per decenni. Espressioni come “non si hanno sufficienti elementi per poter affermare che”. Parole rivolte all’opinione pubblica, ma le informazioni, sotto banco, passavano chiare e limpide. Questo colpisce chi, occupandosi di Ustica, si è abituato a un lessico prudente, a tratti ridicolo nel suo non voler dire fino in fondo.

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  1. Il Mig libico precipitato sui monti della Sila in Calabria, ritrovato ufficialmente il 18 luglio 1980 e rispedito in fretta e furia in Libia, su pressante richiesta delle autorità di Tripoli. Tra i documenti desecretati, c’è il fitto carteggio avvenuto tra il ministero Affari Esteri di Roma e il governo libico (si trova per intero qui), da cui si evince la netta volontà di entrambe le parti di chiudere in fretta il caso. La notizia del ritrovamento del Mig è arrivata tre settimane dopo la strage di Ustica, ma in seguito sono emersi molti elementi “strani” tali da indurre il giudice Priore a ritenere che quel Mig fosse precipitato proprio la notte del 27 giugno, nella battaglia aerea segreta di cui ancora non conosciamo i particolari. Nel carteggio desecretato si legge:

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“Definitiva chiusura” del caso: è questo che Roma chiede alla Libia di Gheddafi. È questo che, infatti, avvenne. In poco tempo i rottami dell’aereo e la salma del pilota furono rispediti in Libia, la Procura di Crotone archiviò l’inchiesta in tempi record e bisognò attendere anni prima che qualcuno iniziasse a mettere in dubbio molti fatti. E a collegare il Mig alla strage di Ustica.

Anche qui, nulla di nuovo. Che la gestione del caso del Mig sia stata quantomeno anomala lo sappiamo grazie alle indagini del giudice Priore, che alla vicenda ha dedicato oltre 400 pagine della sentenza ordinanza di rinvio a giudizio depositata nel 1999 (per chi volesse approfondire, si trovano qui). Colpisce, però, questa documentazione, perché ci restituisce l’intensità di come fu gestito il caso. Pare proprio che fosse una “patata bollente” questa vicenda del Mig libico. Eppure, nel lontano 1980, ci avevano detto che si era trattato di un incidente: il pilota aveva perso i sensi (erano già stati notati certi suoi non meglio specificati “comportamenti strani”, dissero), il carburante dell’aereo era finito e così aveva finito per schiantarsi sulle montagne calabresi. Di questa versione ufficiale, nemmeno una riga nel carteggio diplomatico che possiamo leggere oggi. Le assenze parlano, e ci confermano ancora una volta – casomai ce ne fosse bisogno – che la verità su Ustica non bisognava conoscerla.

 

 

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