Chi ha paura del terrorismo in Africa

Strumenti di destabilizzazione politica e piaga sociale per la popolazione, i gruppi armati in Africa crescono sempre di più

[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto. @RAFFAELEMASTO. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]

7 settembre 2014 – La lotta contro il terrorismo e i gruppi estremisti è stato il tema principale del vertice del Consiglio di pace e di sicurezza dell’Unione africana che si è tenuto nella capitale del Kenya, Nairobi. Presenti i rappresentanti di una quindicina di paesi, tra cui quelli più colpiti o più interessati al problema: il presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, il presidente della Somalia, Hassan Cheikh Mohamud, il keniano Uhuru Kenyatta e il presidente del Ciad, Idriss Deby, in qualità di presidente di turno del Consiglio di pace e di sicurezza per questo mese di settembre. Il tema dell’incontro è stato quello di individuare i modi più efficaci per contrastare i gruppi terroristi come Boko Haram in Nigeria, gli Shebab in Somalia, i gruppi tuttora attivi nel nord del Mali.

 

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Quello del terrorismo è ormai il problema numero uno in Africa. In primo luogo per la popolazione civile che sente sempre più restringersi gli spazi (che non sono mai stati ampi, per la verità)nei quali esprimere la propria opinione e il proprio modo di interpretare e perseguire lo sviluppo.

Ma il terrorismo è anche un problema per le classi politiche che si sentono minacciate da un potere esterno che non possono gestire, che sfugge dal loro controllo, che evidentemente può contare su armi, sostegno politico e finanziario da entità con le quali è difficile venire a patti.

Per le classi politiche al potere (o all’opposizione) in Africa il terrorismo spesso è anche un pretesto, un modo per denigrare, destabilizzare, indebolire i nemici interni. È quello che avviene in Kenya dove i miliziani di Al Shebab vengono utilizzati pro o contro la cricca al potere.

Gli Al Shebab fanno, ovviamente il loro gioco e approfittano delle divisioni interne per assestare colpi durissimi. Il Kenya per esempio non può quasi più contare sulle entrate del turismo che un tempo era una delle voci più importanti dell’economia locale: la costa e località rinomate come Malindi e l’Isola di Lamu sono ormai drammaticamente deserte.
Accade la stessa cosa con Boko Haram in Nigeria. Questa setta surreale con un armamentario ideologico ridicolo non ha alcun seguito popolare eppure sta mettendo alle corde governo federale e forze armate.

Fino a quattro anni fa Boko Haram combatteva con bastoni e machete, oggi ha armi automatiche, grandi quantità di esplosivo, una capacità logistica e strategica rilevante. Evidentemente qualcuno ha avuto interesse a farla diventare ciò che è oggi.

È un discorso che si potrebbe fare, con alcune varianti, anche per il Mali e per altre situazioni. Insomma il terrorismo in Africa rischia di cambiare volto al continente e di farlo con il contributo volontario o meno di alcune forze interne all’Africa stessa. Gli unici a pagare il prezzo sarà, come sempre, la popolazione.

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