Hanno vinto i No. Prima vittoria. La seconda è dei due contendenti che hanno creato la possibilità per gli scozzesi di esprimersi, in una gara politica condivisa
di Angelo Miotto
@angelomiotto
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19 settembre 2014 – Hanno vinto i No e come titola un quotidiano spagnolo: Il Regno resta Unito. Foto festose fra gli unionisti, scene di tristezza fra gli indipendentisti. Ma questo è il copione di una competizione in cui si vince e si perde.
I No sono stati 2.001.926 contro 1.617.989 di Sì, su un totale di 4.283.392 elettori. La contea in cui i No hanno ottenuto più consensi è stata quella delle Orcadi con 67,20%, mentre quella più indipendentista è stata quella di Dundee City con il 57,35%.
Importanti vittorie per il campo indipendentista si sono registrate soprattutto a Glasgow, la città più grande del Paese.
Ma le due vittorie di Scozia forse sono il miglior esempio di cosa può fare un percorso democratico all’interno di un movimento centripeto come quello che si vorrebbe, ma non esiste, in Europa. Lo abbiamo già scritto: molte delle preoccupazioni e del fare minaccioso che è stato versato nelle parole di una campagna politica e giornalistica internazionale riguardava la possibilità che la Scozia fosse il via fattivo a un effetto domino che preoccupa il capitale, le Borse, l’assetto finanziario del mondo del credito, e poi la Spagna, ma anche una visione della sovranità interna che mai come oggi è gelosa dei suoi confini nazionali.
La vittoria di Londra apre a una devoluzione importante per Edimburgo. La vittoria è incontestabile, ma per la politica nazionalista la sconfitta ha un sapore poco amaro, mentre Cameron, il premier britannico, ha già una fronda interna al proprio governo e partito per le concessioni che ha promesso durante la volata della campagna elettorale. Per questo leggiamo titoli che parlano di ‘Vittoria di Pirro’.
Ma va dato atto all politica britannica di aver costruito con quella scozzese un momento di espressione politica e di dibattito importante, lasciamo perdere per un attimo le ragioni degli uni e degli altri. Il momento in sé, condiviso, legale, con una campagna elettorale aperta, con un interesse inte3rnazionale forte e forti interessi in gioco che hanno fatto la loro parte, ma con la possibilità per gli elettori di esprimersi. Non è poco, se guardate alle poliiche nazionaliste centrali di molti Paesi, Spagna in testa. Mariano Rajoy avrà anche tirato un sospriro di sollievo, ma la questione catalana e il referendum del 9 novembre dicono di una attitudine opposta, rispetto alla Scozia. Due giorni fa un ministro spagnolo è arrivato a minacciare la sospensione dell’autonomia catalana attuale per bloccare il referendum di novembre.Una differenza non da poco. E per questo il 18 settembre 2014 di Scozia è importante, al di là della retorica, per il Vecchio Continente.