Gatti, ospedali e margherite

Poesia da ascoltare: dal Festivaletteratura di Mantova, Vivian Lamarque legge Wisława Szymborska

di Giulia Bondi
@gnomade

 

22 settembre 2014 – “Morire – questo a un gatto non si fa”. Comincia citando “Il gatto in un appartamento vuoto” di Wisława Szymborska il libro di Vivian Lamarque “Poesie per un gatto” (Mondadori, 2013). Una raccolta che la poetessa milanese di origine trentina ha scritto “su committenza” del proprio gatto, Ignazio.

Ed è cominciato così il pomeriggio del Festivaletteratura di Mantova, “Lamarque legge Lamarque e Szymborska”, nel quale Lamarque ha alternato propri brani a quelli dell’autrice polacca, premio Nobel per la Letteratura nel 1996.

Capelli lisci, color grigio perla come la sua giacca, Lamarque scartabella tra libri e fogli fotocopiati e ride spesso, anche se parla di argomenti terribili come assenze, morti e ospedali, ma sempre con la leggerezza di una bambina e le rime baciate tra “vita” e “margherita”.

Nella lettura Lamarque alterna, accostandoli per argomento, i propri versi a quelli di Szymborska. “Siamo poeti/vogliateci bene da vivi di più/da morti di meno/che tanto non lo sapremo”, legge dal “PS” della propria poesia “A vacanza conclusa”. E poi subito elogia, con i versi di Szymborska, chi “non scrive poesie”, non te le vuole propinare quando ti invita a pranzo, non ne ha di vecchie nei cassetti né di recenti nella borsetta (In lode di mia sorella).

 

Ecco alcune celebri poesie di Szymborska lette da Vivian Lamarque. Cliccando sui titoli si può accedere a siti web che ne riportano i testi.

(Se il vostro browser non vi permette di ascoltare le poesie direttamente dal sito di Q Code, cliccate qui.)

 

Addio a una vista

 

 

 

Il silenzio delle piante

 

 

 

 

Dopo ogni guerra

 

 

L’anima

 

 

 

Relazione dall’ospedale

 

…seguita da una poesia di Lamarque sullo stesso argomento

Infine, alcuni versi di Lamarque proprio sulla scrittura e la poesia.

 

 

 

È quasi facile fare una poesia, dice Vivian. Lei che sa cantare con parole semplici e terribili. Lei che mentre racconta di morti e lenzuola d’ospedale non può comunque, quasi mai, staccarsi dal sorriso che la accompagna, come un allegato non vendibile separatamente. Lei che ha coscienza dell’ironia involontaria della vita e, forse per questo, quasi sempre, speranza. Lei, Vivian, che come Wislawa riesce ad abitare e raccontarci quei luoghi della vita (e dell’anima) dove si trovano unite la gioia e la tristezza.

 

 

 

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