A due settimane dalla fine della 71a Mostra del Cinema di Venezia è tempo di un breve bilancio e di una piccola lista di film da ricordare, consigliare e recuperare.
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/02/Juri-Saitta.jpg[/author_image] [author_info]di Juri Saitta. Nato nel 1987, laurea triennale in “Scienze della Comunicazione” e laurea magistrale in “Discipline cinematografiche. Storia, teoria, patrimonio” al DAMS di Torino. Appassionato di cinema praticamente da sempre, collabora con “FilmDOC” e “Mediacritica”.[/author_info] [/author]
24 settembre 2014 – Giunto al terzo anno del proprio mandato da direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera conferma la sua attenzione per i diversi modi di fare cinema, intesi sia dal punto di vista linguistico sia da quello professionale.
Questa è parsa una linea evidente fin dai Leoni d’Oro alla carriera consegnati al documentarista Frederick Wiseman e alla montatrice Thelma Schoonmake e dalla decisione di chiamare il compositore Alexandre Desplat a presiedere la giuria del concorso ufficiale.
Se i nomi di Desplat e della Schoonmake rappresentano la volontà di dare spazio anche a ruoli meno visibili ma importanti per la realizzazione di un’opera cinematografica, il premio a Wiseman ribadisce l’interesse della Mostra per il documentario, interesse “inaugurato” l’anno scorso con la presenza di Sacro GRA e The Unknown Known nella principale sezione competitiva.
L’attenzione per la non fiction rientra però in un progetto generale tendenzialmente di “ricerca”, nel quale si tende a lasciare maggiore visibilità ad autori e cinematografie magari rilevanti ma meno note al grande pubblico. La presenza di registi come Andersson, Tsukamoto, Končalovskij e l’esordiente turco Mujdeci (Sivas) ne è una conferma, mentre l’assenza di alcuni nomi celebri e attesi quali Paul Thomas Anderson e David Fincher è dovuta più a delle logiche promozionali delle “loro” case di distribuzione che alla linea adottata dalla Mostra.
Il livello generale è stato complessivamente medio, con poche punte alte e basse.
Si può comunque affermare che quest’anno le opere buone, attese e interessanti sono state elargite piuttosto equamente nelle varie sezioni: la “sperimentale” Orizzonti ha presentato numerosi lavori forti e radicali, ma (quasi) mai compiaciuti o fine a se stessi; il Fuori Concorso ha proiettato i nuovi riusciti film di autori celebri come Bogdanovich (She’s Funny That Way), Dante (Burying the Ex) e Seidl (Im Keller); Venezia Classici – Documentari ha programmato interessanti opere sul cinema, come per esempio From Caligari to Hitler.
Quasi di conseguenza il livello del concorso si è leggermente abbassato, non perché siano mancati film degni di nota – anzi –, ma vi è stata una presenza eccessiva di lavori medi o mediocri non meritevoli di concorrere per il Leone d’Oro.
E ora la lista delle opere che consiglio di vedere e recuperare, ma con una necessaria premessa: quella che segue non è tanto una classifica dei migliori film della Mostra, quanto un piccolo e limitato elenco di opere interessanti ma meno discusse, e che meritano dunque un po’ di spazio e visibilità in più. Ho quindi escluso i film che hanno ricevuto i premi più importanti, quelli con le grandi star e quelli che in qualche modo hanno avuto una certa attenzione mediatica. Per questi motivi non sono presenti opere assolutamente meritevoli quali A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence, The Look of Silence, Birdman, The Postman’s White Nights, Anime nere e She’s Funny That Way, che nel complesso risultano forse i migliori film di Venezia 71.
“Nobi (Fires on the Plain)” di Shinya Tsukamoto (Concorso).
Ambientato durante il secondo conflitto mondiale, il film vede la guerra come un’esperienza allucinante e alienante che degrada l’uomo distruggendone il corpo e la psiche. Un’opera violenta e visivamente forte realizzata da uno dei registi più radicali del cinema contemporaneo.
“Red Amnesia” di Wang Xiaoshuai (Concorso)
Thriller psicologico cinese su una donna e i fantasmi del suo passato. Giostrato molto bene a livello narrativo e di suspense grazie alle numerose false piste, il film è anche una riflessione sulla rivoluzione culturale e sulle sue ricadute nella Cina contemporanea.
“Im Keller” di Ulrich Seidl (Fuori Concorso)
Documentario che esplora con distanza e sarcasmo le cantine di alcuni austriaci dalle abitudini perlomeno discutibili. Una sorta di “teatro degli orrori” nel quale Seidl conferma tutto il suo stile: cinismo, freddezza e ironia.
“Reality” di Quentin Dupieux (Orizzonti)
Onirico, surreale e grottesco, il film è un congegno perfetto dove la realtà si unisce al sogno, e al sogno si uniscono altri sogni ancora. Qual è la realtà? Qual è l’immaginazione? E, soprattutto, esistono una realtà e un’immaginazione? Tutte domande che restano senza risposta, in un’opera senza un vero significato, ma che punta piuttosto a radicalizzare in modo divertito e giocoso il surrealismo e l’assurdo.
“These Are the Rules” di Ognjen Svilicic (Orizzonti)
Lavoro freddo e rigoroso che attraverso una tragedia famigliare racconta con rassegnata lucidità le contraddizioni quotidiane e quasi irremovibili di un Paese: la Croazia.
“Near Death Experience” di Benoît Delépine e Gustave Kervern (Orizzonti)
Dai registi di Louise-Michel e Mammuth, un film che si allontana dai loro soliti toni ironici e grotteschi per narrare attraverso il monologo interiore di un personaggio una depressione individuale e una condizione umana desolante. Un unico vero personaggio, inquadrature particolari e un continuo flusso di coscienza, in quello che è uno dei lavori più radicali della Mostra.
“Jackie & Ryan” di Ami Canaan Mann (Orizzonti)
Ambientata nell’America rurale, quest’opera è una semplice e lineare ballata folk sulla storia d’amore tra un cantante girovago e una madre con problemi economici. Il tutto narrato e fotografato in modo dolce, malinconico e suggestivo. La crisi è sullo sfondo, ma comunque presente.
“Retour a Ithaque” di Laurent Cantet (Giornate degli Autori)
Su una terrazza a L’Avana cinque amici di vecchia data discutono delle loro esperienze, delle loro frustrazioni e dei loro problemi. La Cuba contemporanea raccontata in un film molto dialogato, dove Cantet dimostra ancora una volta di essere un ottimo direttore di attori.
“From Caligari to Hitler” di Rudiger Suschsland (Venezia classici – Documentari)
Ispirato all’omonimo saggio di Kracauer, il documentario è un’interessante excursus nel cinema tedesco degli anni ’20, che viene analizzato in rapporto alla società dell’epoca e a ciò che sarebbe accaduto poco tempo dopo. Tutto con l’ausilio di un interessante materiale d’archivio. Per cinefili, ma non solo.
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