Napoli, stato parallelo

Né Stato, né antistato: non esiste l’uno, non esiste l’altro. Ma uno stato parallelo, con le sue regole, posticce come una griffe contraffatta

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/vincenzo-ammaliato.jpg[/author_image] [author_info]di Vincenzo Ammaliato, da Napoli. Da bambino giocava a guardie e ladri con gente che oggi sconta numerosi ergastoli (e che a turno, all’epoca, facevano anche le guardie). Ha iniziato a scrivere perché faceva figo e perché si rimorchia facilmente. Poi ci ha preso con questo mestiere e ha continuato, pur rimanendo marito fedele (perché nel frattempo si era sposato). Da undici anni collabora con Il Mattino, come corrispondente da Castel Volturno. È coautore del documentario La Domitiana. Ha collaborato alle realizzazione di reportage televisivi in Kosovo, Romania e in Moldavia . Ha partecipato alle collane “Strozzateci Tutti” e “La Giusta Parte”. Ha scritto anche per La Voce della Campania. Ha inventato Il Festival dell’Illegalità. Tutto questo, nel tempo libero, essendo dipendente di una ditta privata che non ha nulla a che vedere né con l’informazione, né con la letteratura.[/author_info] [/author]

27 settembre 2014 – Fra le strade di Napoli c’è in atto una guerra fra Stato e Antistato? Per capirlo bisogna calarsi fisicamente in questi luoghi. Girare fra strade, piazze e quartieri che appaiono fuori controllo, ma solo all’occhio di uno scrutatore distratto.

Al Rione Traiano, ad esempio, dove c’è stata due settimane fa la drammatica morte del diciassette Davide Bifolco, ucciso da un proiettile partito da una pistola di un carabiniere mentre era in corso un inseguimento, ci sono chiare e precise regole, rispettate un po’ da tutti i suoi abitanti.

Lo stesso vale per tutti quegli altri territori definiti dalla letteratura e dalla pubblicistica che si occupa della zona partenopea “ghetti”, come i quartieri di Secondigliano, Ponticelli, Pianura, Barra e altri. E come alcune aree della provincia nord di Napoli, di quella torrese-stabiese e di quella vesuviana. E, ancora, determinati paesi dell’agro aversano.

In questi luoghi il disagio sociale taglia anche l’aria; eppure, qui solitamente si registrano meno fatti di cronaca nera rispetto a quelli che invece si verificano in territori cosiddetti normali. Al Parco Verde di Caivano, come al Rione Salicelle di Afragola, solo per citare due aree disagiate, veri e propri gironi danteschi all’ombra del Vesuvio, ci sono meno furti nelle abitazioni, o di auto che sulla tranquilla collina vomerese, oppure nella serena zona flegrea. Eppure, da queste parti lo Stato è assente.

 

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Chi è allora che riesce a garantire il relativo clima di sicurezza di tali territori? Chi è che detta le regole in queste aree depresse? Com’è che all’altissimo allarme sociale non risponde una guerra civile al giorno nella zona fra Torre del Greco e San Cipriano d’Aversa? E, soprattutto, se le istituzioni legittime qui non ci sono, a comandare è chiaramente l’Antistato?

Ma nella capitale del Sud Italia non sempre si possono utilizzare teoremi per arrivare a soluzioni. Qui non siamo nella Sicilia della mafia, quella messa a ferro e fuoco dagli anni ’70 a quelli ’90, e che vide fra gli altri le uccisioni di esponenti delle forze dell’ordine, della magistratura, della politica, dello società civile e delle professioni.

Nel napoletano nello stesso periodo la camorra ha fatto, sì, un morto ammazzato in media ogni due giorni. Ma tranne in rare circostanze non ha mai sparato su poliziotti, assessori, giudici, giornalisti, operatori economici, volontari e simili. I morti sono stati, e sono tuttora, quasi esclusivamente cosiddetti “interni”. Il piombo della camorra esplode quasi solo per spartizioni del territorio, per dissidi fra ex alleati, per punire sgarri.

Qui non si colpisce un bersaglio “esterno”. Ma non per una precisa strategia decisa dai capi della cupola in salsa partenopea. Semplicemente, perché non è servito e non serve. Perché in questi quartieri, e in questi Comuni di frontiera, lo Stato legittimo è presente soltanto con la scuola dell’obbligo, col medico di base e con la caserma dei carabinieri. Poi, con poco altro. Lo Stato si avverte con sparute istituzioni, le cui sedi ricordano i fortini del vecchio West. Ci sono, perché ci devono stare, ma non per assolvere in pieno al proprio compito.

Per il resto lo Stato legittimo ha sempre lasciato mano libera ai suoi cittadini di organizzarsi in proprio; e ha chiuso un occhio, talvolta anche due, sugli affari compiuti al di fuori dei canali istituzionali. Soprattutto, ha lasciato direttamente ai cittadini la gestione di due servizi fondamentali per la vita sociale, due servizi che generano la linfa vitale per ogni organizzazione criminale, che producono consenso sociale: la sicurezza e il lavoro.

Della sicurezza, abbiamo trattato in parte già sopra; per il lavoro, invece, c’è da sottolineare che ufficialmente i cittadini di questi quartieri patiscono una disoccupazione superiore al cinquanta per cento della popolazione attiva. Secondo i dati ufficiali, da San Giovanni a Teduccio, a via Stadera, passando per la Masseria Cardone per arrivare fino alla Domiziana, ci dovrebbero essere quotidianamente file di indigenti alle mense della Caritas lunghe chilometri. E invece, niente affatto.

Perché le borse contraffatte, nel napoletano è facile trovarle indossate dalle impiegate che vivono e frequentano la zona di Chiaia. Le ‘Louis Vuitton’ che girano a tracolla sul Corso Secondigliano, invece, sono quasi tutti capi da oltre settecento euro. Come mai? Insomma, se un carabiniere in questi territori di notte insegue uno scooter con a bordo passeggeri sospetti, non si tratta di un’operazione che entra all’interno di un sistema. Ma dell’azione singola di chi ritiene, nonostante tutto, di dover fare fino in fondo il suo dovere.

Azioni di chi non condivide il patto non scritto tra uno Stato che non è capace, o che non desidera, gestire determinate aree e chi poi effettivamente comanda in questi territori. A Napoli, non c’è guerra fra Stato e Antistato, perché il primo non esiste; pertanto, non esiste neanche il suo antagonista. Né Stato, né Antistato.

In determinati quartieri di Napoli c’è solo un’istituzione riconosciuta e rispettata, quella dello Stato parallelo, lo stesso che ha autorizzato ieri la costruzione della cappella in ricordo di Davide Bifulco; cappella abusiva solo per la pubblicistica e la letteratura. il problema a Napoli è grosso…e ancora oggi, dopo tutto quello che succede, e che è sotto gli occhi di tutti, si fa la divisione fra chi in città sta con la camorra e chi con lo Stato. Servirebbe una forte avanguardia di giornalisti, politici, sindacalisti, artisti che spieghino che a Napoli non c’è la presenza né di uno, né dell”altro…ma che c’è solo uno stato parallelo, parallelo come le ‘Nike’ e i ‘Moncler’ venduti alla Madallena.

 

 

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