Un progetto del fotografo Tomas van Houtryve ci fa meditare sul “drone journalism”
[author] [author_image timthumb=’on’]https://fbcdn-sphotos-b-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn2/208826_10151525732097904_583330344_n.jpg[/author_image] [author_info]di Leonardo Brogioni, @leobrogioni. Fotografo, fondatore di Polifemo. Per QCodeMag autore della rubrica HarryPopper[/author_info] [/author]
29 settembre 2014 – Il prossimo 8 ottobre nella capitale si terrà la “Roma drone conference”, un bel parla-parla sull’utilizzo dei droni patrocinato anche dall’Ordine dei Giornalisti perchè affronterà il tema del cosiddetto drone journalism.
Questi gioiellini della tecnologia infatti per poter sganciare bombe di precisione devono essere in grado di effettuare riprese aeree, fotografiche o video, in zone inaccessibili. Quindi alcune aziende, anche italiane, si sono date da fare e adesso sono pronte a immettere sul mercato dei nuovi droni appositamente studiati per giornalisti, fotoreporter e troupe tv. Piccoli aereomobili o quadricotteri radiocomandati di massimo 2 kg di peso e scarsa autonomia di volo (dai 13 ai 39 minuti).
Luciano Castro, presidente di “Roma drone”, ha dichiarato a Repubblica: “Il drone journalism rappresenta davvero la prossima sfida tecnologica per il giornalismo, anche per quello italiano. Nel prossimo futuro, piccoli droni portatili telecomandati, capaci di fornire riprese aeree ad alta risoluzione, entreranno in dotazione di troupe tv e anche di singoli inviati in zone calde. (…) ciò rappresenterà una nuova evoluzione tecnologica per la professione giornalistica, ma porrà anche non pochi problemi etici e giuridici per quanto riguarda la privacy”.
In Italia la normativa sull’uso dei droni civili in luoghi pubblici è roba recente, e la si può trovare qui [pdf]. Probabilmente ci sarà bisogno di un’aggiornamento dell’impianto legislativo sul diritto all’immagine delle persone fotografate che tenga conto delle possibili violazioni della privacy o del domicilio possibili grazie a questi aggeggi utilizzati da “zelanti” giornalisti.
L’argomento è assai delicato e il lavoro “Blue Sky Days” del fotografo Tomas Van Houtryve pare fatto apposta per sensibilizzarci in merito.
Attaccando la propria fotocamera ad alcuni droni è riuscito a realizzare foto straordinarie e formalmente perfette, con un bianco&nero da manuale e una definizione massima. Una serie di fotografie che riprendono situazioni quotidiane nell’inconsapevolezza dei soggetti.
With my camera attached to a small drone, I travelled across America to photograph the very sorts of gatherings that have become habitual targets for foreign air strikes—weddings, funerals, groups of people praying or exercising. I also flew my camera over settings in which drones are used to less lethal effect, such as prisons, oil fields, and the U.S.-Mexico border. The images captured from the drone’s perspective engage with the changing nature of surveillance, personal privacy, and war. (Tomas Van Houtryve)
Ad esse Van Houtryve ha aggiunto alcune immagini video delle riprese originali fatte con la telecamera in dotazione all’apparecchio. L’abbinamento di immagini fisse e immagini in movimento, che si puó apprezzare nel suo audiovisivo/documentario “In drones we trust”, è a dir poco inquietante per non dire agghiacciante: i soggetti risultano spiati, controllati a loro insaputa, senza alcuna possibilità di scelta, di avviso o di difesa; in momenti di relax o privati.
Purtroppo non ho trovato un link condivisibile dell’opera e mi tocca pubblicare solo un’anteprima, che comunque rende l’idea.
Qui dunque si pongono i primi interrogativi: finora tutto ció che si svolge in luogo pubblico o è visibile da un luogo pubblico puó essere ripreso e pubblicato (vedi questo esauriente articolo su Fotografia & Informazione).
Ma dove sta il confine aereo del domicilio? La proprietà privata e la privacy sono tridimensionali?
Che vette può raggiungere il drone journalism?
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