L’arresto di Josè Manuel Mireles, ex leader delle “autodefensas” michoacane, lo scandalo di un festino con politici e prostitute, la scoperta di una piantagione di piante di coca. Ecco che cosa sta accadendo nello Stato centramericano
[author][author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/02/carpen.png[/author_image][author_info]di Filippo Carpen. Neolauraeato (leggi disoccupato), svolta le sue giornate pedalando, leggendo e scrivendo (non mentre pedala). Ama la geopolitica, le relazioni internazionali e altre cose noiose; è estremamente sintetico. Il suo blog è dodicizerosei.wordpress.com[/author_info] [/author]
Negli ultimi mesi il Messico è stato scosso da alcune vicende che hanno segnato l’opinione pubblica. Si tratta di situazioni ben distinte fra loro, ma che allo stesso modo rendono evidente quanto sia labile la linea che separa le istituzioni o chi crede di rappresentarle, dal subdolo mondo della criminalità organizzata.
Il primo fatto risale a circa due mesi fa. Alla fine di giugno l’ormai ex comandante delle “autodefensas” michoacane, Josè Manuel Mireles, è stato arrestato insieme ad altri 82 compagni d’arme in un’operazione condotta da esercito e polizia federale. A loro carico accuse pesanti, come riportato da El Pais, che comprendono detenzione di armi da guerra e possesso di stupefacenti.
Avevo già parlato della figura di Mireles e delle Autodefensas in un’articolo precedente, quindi non mi dilungherò sul racconto della sua figura e sull’operato delle forze paramilitari al suo servizio.
Tuttavia il suo arresto ha fatto sorgere più di un dubbio alla società civile. Molti sostengono infatti che sia la scontata conseguenza della ripetuta critica alle istituzioni, sia a livello locale che nazionale, sul piano della lotta ai narcos. Come ha detto l’ex sindaco di Garcia, cittadina dello stato del Nuevo Leon, in un’intervista riportata da un giornale locale: “Se qualcuno apre la bocca finisce in carcere, è quello che circa di dire il governo alla gente, quelli che dicono qualcosa possono finire in carcere.”
Molti sostengono che il suo arresto abbia una duplice valenza, discriminatoria e politica. Discriminatoria perché tra tutti i gruppi di Autodefensas che sarebbero potuti essere sciolti col medesimo capo d’accusa (quello sul possesso illecito di armi da guerra), solo quello capeggiato da Mireles è stato colpito.
Forse perché, e qui entra in scena la ragione politica, l’ex medico michoacano era diventato nell’ultimo anno e mezzo personaggio scomodo, inviso alle autorità statali. Un suo eventuale arresto, accompagnato da accuse infamanti come il possesso di droga (tutt’ora da dimostrare), avrebbe minato la credibilità di questi movimenti autocostituitisi, agli occhi dell’opinione pubblica. L’ex comandante è tutt’ora detenuto nel penitenziario di Hermosillo, stato del Sonora, in attesa del processo.
Processo, questa volta mediatico, che dovranno affrontare alcuni esponenti di spicco del PAN, il principale partito d’opposizione messicano, dopo lo scandalo venuto alla luce intorno alla metà d’agosto. In un filmato di pochi minuti, diffuso dal settimanale Reporte Indigo, si vedono diversi personaggi politici di primo piano ad un festino. Fin qui nulla di strano, un simpatico momento di relax tra compagni di partito, se non fosse che al party di “Villa Balboa”, la presenza di una dozzina di prostitute risultasse quantomeno fuori luogo.
Il fatto che ha scandalizzato l’opinione pubblica messicana, ha avuto luogo lo scorso gennaio durante l’annuale assemblea di partito, che ha visto coinvolti tutti i 114 deputati del PAN che siedono in parlamento. Sarà un caso, ma i coinvolti sono tra le figure di primo piano della scena politica. Tra loro spiccano i nomi di Luis Alberto Villareal, ormai ex-coordinatore del partito alla camera dei deputati, e il suo vice Jorge Ivan Villalobos Seanez.
Il presidente del partito Maduro, si è affrettato a rimuovere i personaggi coinvolti dai loro incarichi istituzionali, senza dare peraltro spiegazioni esaurienti. Sia Villareal che Seanez hanno però mantenuto il loro posto alla camera. Il PAN, il principale partito d’opposizione della scena politica messicana, sta attraversando una crisi senza precedenti dopo i fasti dello scorso decennio. Fondato nel 1939 da un gruppo di conservatori cattolici ha sempre fatto della moralità cristiana il suo faro. Negli ultimi anni si è distinto per una sfrenata lotta contro aborto, unioni gay, unioni civili ed in alcuni stati (Guanajuato) con campagne contro le effusioni in pubblico. Un partito in cui Giovanardi non sfigurerebbe.
Ma la notizia a mio avviso più importante è un’altra, e non ha trovato spazio su nessun media italiano. L’esercito messicano ha scoperto e bruciato la prima coltivazione di piante di coca sul suo territorio.
Nel municipio di Tuxtla Chico, Chiapas, al confine con il Guatemala, l’esercitò ha scoperto 1639 piante di coca su una superficie di 1250 metri quadrati. “è la prima volta che si scopre questo tipo di foglie in Messico” sono state le parole del generale Sergio Martinez, comandante della 36 zona militare con sede a Tapachula. Per alcuni esperti si tratta di una prova dei cartelli per il successivo sviluppo di queste colture su larga scala, un primo passo per affrancarsi dai paesi produttori in Sud America.
Anche l’agenzia ONU che si occupa del monitoraggio dei flussi di droga su scala planetaria, l’UNODC, ha parlato di scoperta preoccupante. Fino ad oggi infatti, nel paese, erano stati rinvenuti solamente laboratori per la lavorazione della pasta di coca in chloridrato di cocaina. Un eventuale riuscita di questo progetto da parte dei cartelli della droga messicani, cambierebbe l’assetto della geopolitica del narcotraffico nelle americhe e di converso in Europa.
In questo scenario le istituzioni messicane potrebbero dare finalmente una risposta a Mireles, dalla parte del popolo o da quella dei narcos?