Amarildo è uno dei tanti scomparsi, torturati o assassinati dalla Polícia Militar (PM) nelle favelas di Rio. Uno dei tanti ma questa volta destinato a restare nella storia. Il nuovo documentario di Rodrigo Mac Niven
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/1015058_4778608114201_571572631_o.jpg[/author_image] [author_info]di Elena Esposto. @loveSleepless. Nata in una ridente cittadina tra i monti trentini chiamata Rovereto, scappa di casa per la prima volta di casa a sedici anni, destinazione Ungheria. Ha frequentato l’Università Cattolica a Milano e si è laureata in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo. Ha vissuto per nove mesi a Rio de Janeiro durante l’università per studiare le favelas, le loro dinamiche socio-economiche, il traffico di droga e le politiche di controllo alla criminalità ed è rimasta decisamente segnata dalla saudade. Folle viaggiatrice, poliglotta, bevitrice di birra, mediamente cattolica e amante del bel tempo. Attualmente fa la spola tra Rovereto e Milano[/author_info] [/author]
5 ottobre 2014 – È il 14 luglio 2013. L’aiutante muratore Amarildo de Sousa, abitante della favela Rocinha, viene prelevato dai poliziotti dell’omonima Unidade de Polícia Pacificadora (UPP) per essere interrogato.
Dopodiché scompare nel nulla.
La moglie (e la telecamera di sicurezza) lo vede per l’ultima volta mentre i poliziotti lo caricano su di una macchina per essere portato alla base. Il comandante dell’UPP Rocinha, Maggior Edson Santos, afferma di aver rilasciato Amarildo dopo l’interrogatorio avendo visto che non aveva pendenti giudiziari, e alla moglie disperata dice che probabilmente l’uomo è a casa di qualche parente o amico.
Ma Amarildo non è a casa di nessuno. Amarildo non è alla delegazia della Polícia Civil (dove tra il resto i poliziotti della Polícia Militar dovrebbero portare eventuali sospetti). Amarildo non è in nessun ospedale. Amarildo non è andato a pescare, suo unico passatempo secondo la moglie, Bete.
Amarildo non è in nessun luogo perché Amarildo è scomparso. Nel nulla.
Amarildo è uno dei tanti scomparsi, torturati o assassinati dalla Polícia Militar (PM) nelle favelas di Rio. Uno dei tanti ma questa volta destinato a restare nella storia.
Perché il luglio 2013 è un momento cruciale per Rio de Janeiro. Le manifestazioni che riempiono le piazze arrivano sugli schermi di tutto il mondo grazie alla cassa di risonanza offerta dalla Confederation Cup, e con esse anche il caso della scomparsa di Amarildo guadagna visibilità a livello nazionale e internazionale.
Amarildo è destinato a diventare il simbolo dei soprusi che la popolazione favelada da decenni soffre, Amarildo è destinato a diventare la miccia che fa esplodere la bomba di una società che non può e non vuole più accettare la violenza indiscriminata e brutale dello Stato contro i suoi propri cittadini.
O estopim (la miccia) è proprio il titolo del nuovo documentario scritto e diretto Rodrigo Mac Niven, regista carioca autore di altri due lungometraggi provocatori: Cortina de fumaça sul tema della legalizzazione della droga già presentato a Milano in tre diverse occasioni, e Armados sul tema della detenzione di armi da fuoco da parte dei civili.
In questo nuovo film Mac Niven non porta lo spettatore dritto al cuore del tema principale, la vicenda di Amarildo, ma ci arriva passando per due centri concentrici fondamentali: il contesto specifico della favela Rocinha e la sua conturbata relazione con le forze di polizia, in special modo di recente con l’UPP.
Con il suo peculiare stile che unisce alla presentazione accurata e dettagliata delle informazioni una tecnica brillante di regia e montaggio Mac Niven lascia parlare i testimoni diretti: Duda, leader della Rocinha, Mc Leonardo famoso funkeiro nato e cresciuto nella favela e altri abitanti che hanno avuto esperienze negative e marcanti con la polizia, come minacce, violenze o talvolta la morte di una persona cara.
Alle testimonianze dirette vengono affiancate le lucide analisi di personaggi esterni, esperti dell’argomento che offrono un’analisi del fenomeno da un altro punto di vista, più distante e più sofisticato.
Il cuore del film è poi occupato dalla descrizione dettagliata della vicenda di Amarildo attraverso il racconto della moglie, le parole dell’avvocato della famiglia, del delegato che si occupò della prima parte delle indagini e il portavoce della Commissione dei Diritti umani che per primo arrivò sul posto per dialogare con la popolazione infuriata riunitasi in una manifestazione per chiedere giustizia.
Le interviste sono intervallate da scene filmate in presa diretta anche con mezzi meno convenzionali, come un cellulare, stralci di telegiornale, video da youtube e uno spezzone di finzione molto forte e scioccante che simula gli ultimi momenti di Amarildo, interpretato da Brunno Rodrigues, mentre viene interrogato e torturato nella base della UPP.
Ma film non ha come unico scopo documentare e indagare sulla scomparsa di Amarildo; esso infatti porta alla luce e discute altri temi importanti e problematici.
Uno stralcio di un video mostra ad esempio un discorso in parlamento del Deputato Statale Flavio Bolsonaro mentre afferma che Amarildo è stato ucciso dai trafficanti e in quanto trafficante. False prove sono state forgiate dalla stessa PM per depistare le indagini e per portare a credere che Amarildo fosse legato al traffico di droga per giustificare la sua scomparsa e attenuare il peso della condanna che pesa sulle spalle del Maggior Edson Santos e dei suoi sottoposti.
Ammesso e non concesso che Amarildo fosse stato davvero un trafficante questo avrebbe giustificato la sua scomparsa (e probabilmente morte)? Se vi siete scioccati di fronte a questa eventualità non avete mai avuto anche fare con la polizia di qui.
Non che la società carioca fin’ora si sia data troppa pena di dispiacersi per gli assassinati dello Stato violento di polizia che domina la scena delle favelas ormai da decadi e che vengono spesso giustificati da questa stessa società con la semplice affermazione “era un trafficante” o “é todo vagabundo” perché alla fine “bandido bom é bandido morto”.
Ci sono volute le manifestazioni dei bianchi di classe media con le bombe di gas lacrimogeno, lo spray di peperoncino e i proiettili di gomma sparati sui figli della borghesia per far capire ai cariocas che “a polícia que reprime na avenida é a mesma que mata na favela” (la polizia che reprime nelle vie è la stessa che uccide nella favela).
Lo stesso caso Amarildo è a sua volta emblematico di come le informazioni assumano un grado di importanza in base al luogo e il contesto.
La Rocinha è una favela che ha sempre avuto molta visibilità, in parte perché è considerata la più grande dell’America Latina ma anche per la sua peculiare localizzazione tra due dei quartieri più chic e rinomati di Rio (è sempre stata teatro per esempio di quegli abominevoli safari umani che i turisti amano tanto e che si chiamano “favela tour”).
Nello stesso periodo della sparizione di Amarildo nel più lontano e sconosciuto Complexo da Maré la PM uccideva 9 persone. Ma mentre il mondo intero chiedeva “Dov’è Amarildo” nessuno ha chiesto giustizia per i morti della Maré.
Il caso Amarildo richiama ancora più l’attenzione perché questo orribile crimine è stato commesso da poliziotti che fanno parte di un’unità chiamata “pacificatrice” ma così dicendo si crea una logica perversa per cui se l’UPP non può fare queste cose lo stesso principio non si applica al resto dei poliziotti che operano nelle favelas non pacificate. E questo non è accettabile.
Il film di Mac Niven è sicuramente un documento importante e coraggioso nella sua denuncia chiara e limpida, nella sua affermazione che davvero la miccia è stata accesa e che non siamo più disposti ad accettare uno Stato che uccide e reprime i propri cittadini.
Ma allo stesso modo questo non è sufficiente. Bisogna che la classe media si unisca per alzare la voce ancora più forte su tutti quei soprusi con i quali la polizia e le altre forze di pubblica sicurezza continuano a sottomettere la parte più povera della società.
Tutta la città deve urlare che non ci dovrà più essere nessun Amarildo, né nella Rocinha, ne nella Maré, ne nel Complexo do Alemão né in nessun’altra parte della città. Altrimenti la miccia si spegnerà prima di raggiungere la dinamite e O Estopim resterà un bellissimo e toccante documento di qualcosa che non avrebbe mai dovuto succedere ma che continuerà, con la complicità di tutti.
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