Serbia-Albania sospesa dopo l’ingresso in campo di un aereo senza pilota che portava la bandiera albanese
di Christian Elia
@eliachr
17 ottobre 2014 – Andiamo con ordine: Ivan Bogdanov sta bene. L’orco di Marassi, detto il Terribile, icona pop dopo le intemperanze dei tifosi della Serbia in occasione dell’incontro di calcio (poi sospeso) tra Italia e Serbia a Genova a ottobre 2010, passato alla storia per aver tagliato la rete di protezione a petto nudo, ieri si è palesato di nuovo.
L’occasione era succosa, al punto che tutti coloro che amano guardare ai Balcani con gli occhiali dell’orientalismo già si fregavano le mani al momento del sorteggio. Il destino cinico e baro, infatti, ha voluto che l’urna sorteggiasse nello stesso girone di qualificazione ai prossii campionati europei la Serbia e l’Albania.
Il 14 ottobre, a Belgrado, era in programma il match di andata. A un certo punto, un drone ha invaso il campo con una bandiera della grande Albania, nonostante qualche commentatore frettoloso l’avesse scambiata per quella del Kosovo.
Ovvio, però, che il Kosovo c’entra. Dalla guerra del 1999, che ha opposto gli indipendentisti albanesi della provincia autonoma della ex-Jugoslavia e i militari serbi, l’Albania sostiene i confratelli kosovari. Una provocazione bella e buona, che poteva portare a incidenti gravi, anche se sugli spalti era stato vietato l’ingresso ai tifosi albanesi.
Un calciatore serbo, Alexander Mitrovic, ha reagito d’istinto, strappando il vessillo e colpendo il drone. Parapiglia in campo, tifosi serbi furiosi che entrano in campo, faccia a faccia pericolosi, partita sospesa. Si pensa che il genio dietro questa beffa possa essere il fratello di Edi Rama, Osli Rama, presente in tribuna vip e fermato (e poi rilasciato) alla fine della partita.
La notizia, però, è che Ivan sta bene. Un po’ ingrassato, si è subito precipitato in campo ma, udite udite, per sedare gli animi. E poi dici che la sua mamma, che ai tempi dei fatti di Genova si affrettò a dire sulla stampa serba che il figlio era un gran bravo ragazzo, non aveva ragione.
Ecco, se qualcuno avesse dovuto scrivere la sceneggiatura di questa partita, avrebbe immaginato un finale più banale. Il drone è segnale che anche il nazionalismo ottuso e becero sa stare al passo coi tempi. Da dire che a parti invertite – con tanto di bandiera della Grande Serbia – si sarebbero sprecati i peana contro i serbi geneticamente malvagi e violenti.
Il punto, però, è che è tutto sommato andata meglio del potenziale rischio corso. Questo non vuol dire che il nazionalismo da quelle parti sia solo un ricordo (ma non è superato neanche altrove) o che i rapporti tra Serbia e Albania siano i migliori possibili, anche se proprio in questi giorni era atteso il premier albanese Rama per una storica visita a Belgrado. Che a pensar male, spesso, uno ci prende.
Il senso è che se la Serbia e l’Albania avessero sui media lo stesso spazio ottenuto dopo la partita per tutto il resto sarebbe molto meglio. I problemi si combattono anche raccontando tutti gli albanesi e i serbi che sono andati avanti, che si occupano di progetti bellissimi, che lavorano per rendere i loro paesi più vivi e più dinamici. Alla faccia di droni e bandiere. Perché se è cambiato Ivan il Terribile, tutti possiamo cambiare. Anche la mamma di Ivan.