Moas, fondi finiti

Insufficienti le donazioni arrivate per far proseguire la prima esperienza di soccorso “privato” in mare. E nessun imprenditore si è fatto avanti. Ultima uscita il giorno prima della chiusura di Mare nostrum. Catrambone: “Non so se si potrà cooperare con Triton”

tratto da Redattore Sociale

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27 ottobre 2014 – Circa 2.500 migranti soccorsi in mare dal 26 agosto ad oggi, ma il primo intervento umanitario “privato” nato da un’idea della famiglia di imprenditori italo-americani Catrambone, residenti a Malta, terminerà il proprio intervento a fine ottobre per aver terminato i fondi messi a disposizione di tasca propria (secondo alcuni media internazionali tra i 2 e i 4 milioni di euro, cifra successivamente ridimensionata dagli stessi Catrambone) e a causa di una raccolta fondi insufficiente a sostenere il progetto. A darne notizia a Redattore sociale è proprio Regina Catrambone, che insieme al marito Christopher ha dato vita al Moas, Migrant offshore aid station. “Le risorse messe a disposizione dalla nostra famiglia sono terminate – spiega Regina Catrambone – e purtroppo non saremo in condizioni di protrarre la missione nei mesi a venire. Ringrazio le persone che ci hanno sostenuto attraverso le donazioni, tuttavia la cifra raccolta è insufficiente a sostenere persino le spese vive dell’operazione”.

La copertina del rapporto di Amnesty International

La copertina del rapporto di Amnesty International

Nei giorni scorsi, la Phoenix I, l’imbarcazione di 40 metri messa in mare dal Moas per soccorrere i migranti dotata di gommoni, droni per individuare le barche in difficoltà e uno staff di esperti per rispondere alle prime necessità dei migranti, è partita per la terza e ultima missione e non passa giorno in cui non ci sia qualcuno da soccorrere. Dall’inizio del progetto, il team della Phoenix ha lavorato a stretto contatto con le autorità impegnate nel Mediterraneo con l’operazione Mare Nostrum. Una volta intercettata l’imbarcazione in panne dalla Phoenix, infatti, il Moas ne segnala la presenza alle autorità chiedendo l’autorizzazione ad intervenire. I migranti vengono così accolti sulla Phoenix dal team e consegnati alle autorità marittime o trasportati fino in Italia. Ma dal primo novembre, in mare le cose cambieranno.

La Phoenix, terminerà la sua ultima missione e al posto dell’operazione Mare Nostrum ci sarà Triton. “L’operazione Mare Nostrum si concluderà il 31 di ottobre e la missione Triton che gli subentrerà non opererà con le modalità attuali – spiega Catrambone -. Intanto le aree di conflitto si stanno espandendo coinvolgendo milioni di persone che sicuramente cercheranno in mare una via di fuga disperata. Al momento non sappiamo se si potrà cooperare con le autorità europee e con Triton”.

Tante storie. Tante e diverse le storie raccolte dai membri del team del Moas sul ponte della Phoenix. In tre mesi, infatti, sono stati soccorsi tanti siriani in fuga dalla guerra, ma non solo. Sulle carrette del mare anche tanti provenienti dal Pakistan, Marocco, Nigeria, Eritrea, Ghana, Gambia, Bangladesh, Costa d’Avorio, Mauritania, Tunisia, Senegal, Guinea Bissau, Niger, Mali, Sierra Leone e Benin. Tanti anche i bambini e le famiglie che hanno pagato a caro prezzo la traversata del Mediterraneo, in alcuni casi anche vendendo tutto quello che avevano prima di partire. Volti e storie di passaggio anche sui vari canali del progetto Moas, dal sito internet al canale Twitter o quello di Youtube, in cui si vedono tutte le fasi delle operazioni  e le imbarcazioni o i resti dei gommoni intercettati dai droni durante le operazioni.

A pochi giorni dalla conclusione dell’ultima missione della Phoenix, la sfida lanciata dai Catrambone, però, rischia di restare una parentesi nella storia dei flussi attraverso il Mediterraneo. All’appello dei due imprenditori, infatti, hanno risposto alcune organizzazioni non governative, come Medical Bridges, mentre alcuni hanno donato all’organizzazione attraverso il web. Tuttavia le donazioni raccolte non sono sufficienti per finanziare altre operazioni. “Il Moas è stato estremamente efficace nel salvare vite umane in mare – spiega Christopher Catrambone -, ma abbiamo bisogno di maggiori finanziamenti per condurre le missioni future. Le nostre attività, inoltre, dipendono anche dall’ottima collaborazione con Mare Nostrum, che purtroppo sta giungendo al termine. Ora dobbiamo lavorare tutti insieme per continuare a salvare vite”. A missione terminata, il Moas però non getterà la spugna anche se al momento, spiegano i coniugi, non ci sono state proposte di collaborazione da parte di altri privati o realtà imprenditoriali. “Ci concentreremo nel fundraising – spiega Regina Catrambone -. Pertanto rinnoviamo la richiesta di sostegno a imprenditori ed alle istituzioni pubbliche e private”.

 

 

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