I 25 anni della Jerry Masslo a Casal di Principe, terra di resistenza
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/Andrea-Cardoni.jpg[/author_image] [author_info]di Andrea Cardoni, @andrecardoni. Andrea Cardoni è responsabile comunicazione Anpas Nazionale. Ha pensato e raccontato, con video, foto e cose scritte, storie e tante care cose dei villaggi rurali della Tanzania, dei terremoti dall’Aquila all’Emilia, di un partigiano che ha più di 100 anni che si chiama Garibaldo e di suo nonno Remo.[/author_info] [/author]
28 ottobre 2014 – Tre pacchi, tre fregature: la prima è che si chiama “Renato” e quindi è nato di nuovo perché prima di lui c’è stato un altro fratello, la seconda è che nel Sessantotto aveva diciotto anni, la terza è che a 18 anni si è fidanzato con quella che è la sua attuale moglie e unica donna avuta in tutta la sua vita (“stev’già bloccato” dice) quindi niente distrazioni se non l’impegno per gli altri.
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Questa è la spiegazione del perché Renato Natale, medico e (da giugno) sindaco di Casal di Principe, è così com’è. Venticinque anni fa, insieme ad altri sei medici, ha fondato un’associazione di volontariato che prende il nome di Jerry Masslo, sudafricano assassinato nell’agosto 1989 a Villa Literno. Da quel momento con la sua associazione ha dato soccorso e cura a chi ha bisogno: migranti, profughi, studenti, mamme, raccoglitori di pomodori, muratori, prostitute, tossicodipendenti, insomma persone.
Curare queste persone è significato fare un percorso di legalità che da 25 anni ha permesso alla Jerry Masslo di fare resistenza e inspirare generazioni di ragazzi che hanno avviato un percorso virtuoso insieme al Comitato Don Diana e Libera della Provincia di Caserta “dove il rispetto e la dignità umana è posta al di sopra di ogni ragione” (questo c’era scritto su uno dei cartelli che ricordano i primi 25 anni della Jerry Masslo). Oggi a far parte dell’associazione sono professionisti, studenti, commercianti, artisti, pensionati, disoccupati, medici, migranti.
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Tre ambulatori medici, un doposcuola per 50 bambini, il camper notturno che assiste tossicodipendenti e prostitute, un centro di accoglienza per donne vittime di tratta presso un bene confiscato, la sartoria sociale “Casa di Alice”: è per questo che Renato dice che la sua e dei suoi compagni è una esperienza di “resistenza”. È stato anche minacciato per tutto questo. Non si è mai chiesto chi glielo fa fare? È l’unico momento in cui abbassa la testa e gli si gonfiano gli occhi, mi racconta delle sue tre fregature, del dovere che ha nei confronti dei suoi compagni caduti in battaglia e nei confronti dei ragazzi e delle ragazze che sono cresciuti con lui.
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C’è Teo che anche se è un cane mangia le crocchette per i gatti e che anche se è proprio piccolo riesce a saltare la recizione che sarà il doppio di lui, c’è un’agenzia funebre che si chiama Last way, poi c’è Maria che ha due lauree e cuciva le bomboniere per un matrimonio, Bose che ha attraversato il deserto e adesso prepara il Pacco alla camorra, Anna che il gatto le è entrato in macchina e le ha divorato il pesce che aveva comprato per cena. C’è Renato che ci tiene a dire che Napoli è sullo stesso parallelo di New York, che Miriam Makeba è morta proprio lì dov’erano loro e che non è proprio sicuro che i tunisini sappiano fare il caffè e che da 25 anni tutti i martedì e giovedì continua ad andare all’ambulatorio dell’associazione e curare gratuitamente chi ne hcaa bisogno.
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Questa c’è a Castel Volturno, vicino al quarantunesimo parallelo dove c’è la resistenza dei casalesi a tutto quello che c’è fuori che invece pare addormentato, o peggio rincoglionito, abituato, rinunciato, avvilito, spento. E questa è un’altra fregatura e un altro pacco di Renato.