Si compie il passaggio di potere da un’oligarchia all’altra
di Matteo Zola, EastJournal
29 ottobre 2014 – Sebbene fosse chiaro fin dall’inizio della campagna elettorale chi avrebbe vinto queste elezioni parlamentari in Ucraina, il voto ha comunque riservato qualche sorpresa. Anzitutto diamo i numeri, ricordando che non sono ancora del tutto sicuri e che mancano i dati (assai interessanti) del voto regione per regione.
I numeri
Il Blocco Petro Poroshenko, guidato da Yuri Lutsenko, ha ottenuto il 23,1% dei voti superando di poco il Fronte Popolare del premier uscente Arseny Yatseniuk, che si ferma al 21,2%. Al terzo posto Samopomich, “Auto-aiuto / mutuo soccorso”, del sindaco di Leopoli, Andry Sadovy, con il 13,4%. Più distaccato troviamo il Blocco di opposizione, che raccoglie quel che resta del Partito delle Regioni, che fu di Yanukovich, che si attesta al 7,6% (ma alcuni exit polls lo danno al 9%). Il Partito Radicale, guidato dal fervente nazionalista Oleh Liashko, si ferma al 6,4%. Svoboda, il partito di estrema destra ultranazionalista che tanto ha fatto parlare di sé, è al 6,3% mentre Patria, il partito di Yulia Timoshenko, arriva appena al 5,5%
La lotta per il governo
Mancando ancora i dati definitivi non possiamo sapere quale sarà la distribuzione dei seggi nel nuovo parlamento che, tuttavia, sembra essere destinato a vedere una maggioranza composta dal Blocco Petro Poroshenko e dal Fronte Popolare di Yatseniuk. Le ambizioni di quest’ultimo, che ha creato un proprio partito solo allo scopo di avere potere contrattuale in seno alla nuova maggioranza, porteranno forse alla sua riconferma a premier. Tra i due partiti non sembrano esserci sostanziali differenze ed entrambi hanno le stesse criticità.
I signori della guerra in parlamento
La prima di queste criticità è la presenza, nelle liste dei due partiti, di comandanti dei famigerati battaglioni impegnati nel Donbass e responsabili, secondo Human Right Watch, di abusi e crimini di guerra alla pari dei gruppi separatisti filorussi. E’ il caso di Andrey Teteruk e Yuriy Bereza, comandanti dei battaglioni Mirotvorez e Dniepr, mentre altre personalità dei gruppi paramilitari che guardano apertamente verso l’estrema destra come Andriy Biletsky, comandante del battaglione Azov, fa parte del “comando militare” del nuovo partito del Premier.
Partiti “pro-europei”?
Il successo del Blocco Petro Poroshenko e del Fronte Popolare è stato salutato dai media occidentali come “la vittoria delle forze pro-europee”, una chiave di lettura semplicistica quanto fuorviante. Poiché se è vero che Poroshenko e Yatseniuk sono i rappresentanti di quella parte del paese che intende affrancarsi dall’influenza economica e politica di Mosca, è anche vero che tale affrancamento risponde a precisi interessi di gruppi oligarchici concorrenti a quelli che sostenevano Yanukovich. L’Ucraina, insomma, è passata da un gruppo oligarchico a un altro, ed è chiaro che le oligarchie non operano per l’interesse dei cittadini ma per semplice tornaconto personale. Il loro “europeismo” è strumentale al perseguimento di quegli interessi. Non è forse peregrino ricordare che Poroshenko fu uno dei co-fondatori del Partito delle Regioni di Yanukovich.
Samopomich, la novità
In questo quadro la presenza di Samopomich è un elemento di rottura. Il partito messo in piedi dal sindaco di Leopoli, Andry Sadovy, ha ottenuto il 13,4% piazzandosi al terzo posto. Sadovy non è un nazionalista né un populista, non appartiene ai circoli legati all’oligarchia, e si colloca a sinistra degli schieramenti nazional-popolari di Poroshenko e Yatseniuk, seppur nel quadro della tradizione cristiano-liberale. Tuttavia i facili entusiasmi vanno smorzati poiché, nelle sue fila, compare anche Semen Semenchenko, nome di battaglia di Konstantin Grishin, russo di Donetsk ma leader del battaglione nazionalista ucraino “Donbass”, attivo nell’omonima regione. La presenza di un “signore della guerra”, di fatto un leader paramilitare, non può che gettare un’ombra sulla “buona volontà” del partito.
Il ridimensionamento dell’estrema destra
Già le elezioni presidenziali di giugno avevano mostrato la marginalità dei gruppi di estrema destra, come Pravy Sector o Svoboda, e le elezioni parlamentari confermano quanto ridotta sia la base elettorale di questi gruppi. Pravy Sector raccoglie appena il 2,4% dei voti mentre Svoboda si ferma al 6,3%, contro il 10,4% delle elezioni parlamentari del 2012. Un calo di consensi che testimonia la marginalità di un movimento che si attesta su una linea di consensi non dissimile da quella dei suoi omologhi europei, dal Front National alla Lega Nord, che anzi conoscono o hanno conosciuto successi ben maggiori. Tra i partiti ultra-nazionalisti occorre annoverare anche il Partito Radicale che ha ottenuto il 6,4% dei voti, assai meno di quanto pronosticato. Infine il partito Patria, di Yulia Timoshenko, ha preso solo il 5,5% dei voti: pur non trattandosi di un partito tradizionalmente estremista, in questa campagna elettorale la Timoshenko si è fatta portavoce di un nazionalismo becero e violento, discriminatorio nei confronti dei russofoni, ignorante di qualsiasi concetto di cittadinanza non nazionale (anche i russofoni sono ucraini). Il risultato di Patria testimonia come certe retoriche non coincidano con i sentimenti degli ucraini.
Il Blocco di opposizione amputato dalla guerra
Il Partito delle Regioni dell’ex presidente Yanukovich non si è presentato alle elezioni anche a causa del gran numero di defezioni. Molti esponenti del partito, in linea con il migliore trasformismo europeo, hanno cambiato casacca ingrossando le fila del Blocco Petro Poroshenko. L’opposizione si è quindi unita in una lista comune che, però, ha ottenuto appena il 7,6%. A penalizzare l’opposizione è stato, da un lato, il legame ancora troppo evidente con il passato e, dall’altro, il mancato voto delle regioni orientali, in mano ai separatisti, tradizionalmente vicine ai partiti filorussi.
Bye Bye Lenin
Il Partito Comunista, che ha infine potuto partecipare a queste elezioni, non ha superato la soglia di sbarramento. Quello che fu una delle colonne del regime di Yanukovich, espressione dell’elettorato russofono, è scomparso dalla scena politica dopo 96 anni di storia ingloriosa. Erede diretto della sezione ucraina del partito comunista sovietico, è sempre stato una forza reazionaria e di conservazione per quegli apparati legati al vecchio regime. A dispetto del suo nome, non si è mai opposto alle politiche predatorie condotte dalla leadership del Partito delle Regioni, né alla svendita del paese durante la “transizione” all’economia di mercato: le liberalizzazioni selvagge che hanno portato alla nascita di oligarchie criminali e predatorie porta anche il marchio del Partito Comunista che fu primo partito fino al 2002, giocando quindi da protagonista negli anni amari delle privatizzazioni.
Conclusioni
Queste elezioni segnano il passaggio del potere nelle mani di una ‘nuova’ oligarchia, guidata da Poroshenko, che nel nome della democrazia e dell’Europa gestirà il paese (e i propri affari) incontrastata. Tutto è cambiato affinché tutto rimanesse uguale. Se gli ucraini otterranno qualche beneficio in termini di benessere e qualche progresso in termini di democrazia reale, sarà già un successo. Ma non sono queste le elezioni da cui nasce una “nuova” Ucraina, né era lecito attenderselo. Ma se questo parlamento, tutt’uno con il presidente, dovesse mancare nelle sue promesse di benessere e libertà, una nuova “Maidan” non è da escludersi. Gli ucraini hanno dimostrato di saper lottare per quel che vogliono, anche se fin qui sono stati molte volte illusi e strumentalizzati.
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