Il film che rappresenterà il Brasile ai prossimi Oscar è stato presentato a Milano durante la rassegna Agenda Brasil 2014 (vagaluna.it)
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/1015058_4778608114201_571572631_o.jpg[/author_image] [author_info]di Elena Esposto, da Rio de Janeiro. @loveSleepless. Nata in una ridente cittadina tra i monti trentini chiamata Rovereto, scappa di casa per la prima volta di casa a sedici anni, destinazione Ungheria. Ha frequentato l’Università Cattolica a Milano e si è laureata in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo. Ha vissuto per nove mesi a Rio de Janeiro durante l’università per studiare le favelas, le loro dinamiche socio-economiche, il traffico di droga e le politiche di controllo alla criminalità ed è rimasta decisamente segnata dalla saudade. Folle viaggiatrice, poliglotta, bevitrice di birra, mediamente cattolica e amante del bel tempo. Attualmente fa la spola tra Rovereto e Milano[/author_info] [/author]
13 novembre 2014 – Un ragazzo cieco. L’amica di una vita che lo accompagna a casa e lo aiuta ad aprire il portoncino, l’unica amica, a giudicare dall’inizio del film. Una madre super protettiva, un posto in prima fila con la macchina per stenografare per prendere gli appunti, le prese in giro dei bulletti della classe che non perdono occasione per ridere malignamente. L’adolescenza che bussa alla porta con tutti i suoi problemi, la voglia di essere indipendente, la voglia di essere come tutti gli altri. Hoje eu quero voltar sozinho racconta la storia di Leonardo, più semplicemente Leo.
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La passione per la musica classica, l’amicizia con Giovana che forse, chissà, ha finito per innamorarsi di lui, la voglia di andare all’estero a studiare per dimostrare alla sua preoccupatissima madre che se la sa cavare bene anche da solo, il fatto di non aver mai baciato nessuno, il banco vuoto dietro al suo dove nessuno vuole sedersi perché la sua macchina per prendere appunti ticchetta in modo fastidioso.
Una routine normale, talvolta frustrante per un adolescente in crescita, viene stravolta dall’arrivo di Gabriel che si è appena trasferito in città. Gabriel, che piomba in classe a lezione iniziata e che, con tutto il candore di chi arriva senza pregiudizi, si va a sedere proprio dietro Leo. Gabriel che senza malizia gli chiede, sbadato, se “ha visto” questo o quell’altro. Gabriel. Leo scopre, attraverso questa nuova amicizia, un nuovo modo di vedere il mondo, non necessariamente attraverso gli occhi.
Il film tocca con una delicatezza infinita temi spinosi come la ribellione adolescenziale, il rapporto genitori-figli, quello tra amici, le gelosie, le incomprensioni, il bullismo, la diversità fisica certo, ma anche quella sessuale. Diversità sessuale rivelata poco a poco, come se lo spettatore accompagnasse Leo in questo processo di scoperta di sé stesso.
Ribeiro riesce a svincolarsi dai toni cupi e drammatici della cinematografia gay portando sullo schermo un amore limpido, uguale a tutti gli altri. Se gli adolescenti sono adolescenti ad ogni latitudine geografica, sembra voler dire, rimangono tali indipendentemente dalla latitudine cui si collocano i loro gusti sessuali.
Leo, infatti, non è lo stereotipo del ragazzo gay, tutt’altro. È lontano dagli schemi troppo netti del “noi versus loro” e dalle dinamiche, tipiche a volte delle minoranza, dell’isolarsi o del piangersi addosso. Con grande maestria Ribeiro è riuscito a parlare della diversità, sessuale e fisica, non come tale, ma come qualunque altra diversità che caratterizzerebbe un qualsivoglia adolescente.
Leo, che accetta con serenità, quasi con curiosità, la sua natura, e Giovana, che dopo una prima reazione negativa,lo accoglie nella sua diversità e unicità di essere umano, sono due esempi di freschezza e naturalezza. Quella freschezza e quella naturalezza che le tante battaglie degli adulti, piene di intolleranza e rivendicazioni, ma non meno piene di odio, hanno perso da tempo.
L’avventura di Leo e Gabriel ci dice chiaramente che l’amore, etero o gay che sia, è per forza una cosa bella, una cosa tenera. Non sorprende quindi che Hoje eu quero voltar sozinho abbia vinto il Teddy Award riservato ai film con tematiche LGBT all’ultimo Festival di Berlino. Pur senza pretese di militanza o denuncia sociale, la disarmante e coraggiosa serenità dell’ultima scena che mette a tacere tutte le prese in giro dei bulletti della scuola, dice molto di più di mille parole.
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