Due giorni, una notte

È nelle sale “Due giorni, una notte” il nuovo film di Luc e Jean Pierre Dardenne, con Marion Cotillard e Fabrizio Rongione

di Irene Merli

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14 novembre 2014 – Un’idea semplice, ma splendida. Un film bellissimo e squisitamente politico. Politico fino al midollo. Perché finalmente i Dardenne hanno riportato al centro del loro cinema il tema del lavoro. Proprio loro che hanno debuttato con “La promesse”, una storia di sfruttamento dell’immigrazione clandestina, e che subito dopo hanno girato “Rosetta”, che in Belgio ha provocato un dibattito tale da determinare una legge sull’occupazione giovanile con lo stesso nome del film. In un momento in cui in molti Paesi europei il lavoro non si trova e si perde a ritmi vertiginosi, come in un’epidemia. E il nostro Premier dice sorridente che  difendere l’articolo 18 equivale a mettere un gettone in un iPhone.

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Marion Cotillard nei panni di Sandra, la protagonista

 

Ma torniamo al film. Sandra, una giovane donna belga che lavora in una piccola impresa di pannelli solari, si sta preparando a tornare dopo un’assenza di qualche mese per una depressione. E proprio allora scopre di non averlo più, un posto. Perché i suoi colleghi sono stati messi davanti a un’odiosa scelta: se accettano che lei sia licenziata avranno ognuno un bonus di mille euro. In fondo senza Sandra ce l’hanno fatta, ha insinuato il capo, e potranno farcela ancora. Voto palese, e la proposta passa.

Quando Sandra lo sa, si sente di nuovo sprofondare nel buio del male oscuro. Piange, riprende le pillole per calmarsi, pensa di nuovo di non valere nulla. Ma il marito e un paio di colleghi la convincono a chiedere un’altra votazione il lunedì seguente, questa volta segreta.

A questo punto la giovane ha solo il week end per incontrare uno ad uno i colleghi e convincerli a cambiare decisione. Due giorni e una notte, e loro sono 16. Il marito la accompagnerà, convinto che l’approccio vis à vis sia fondamentale, e suoi figli la aiutano a trovare indirizzi e numeri telefonici di tutti. Il percorso però è tortuoso: c’è chi ricorda un suo gesto generoso e le dice si, chi si nega, chi ha paura, chi ammette che gli spiace ma proprio non può, chi cambia idea, chi si irrigidisce. E non è affatto facile andare a parlare di questioni così  pesanti  nel tempo libero degli altri, quando fanno la spesa, allenano i ragazzini a calcetto, guardano la televisione.

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«La superba recitazione della Cotillard è infatti intensamente fisica, sempre in tensione»

 

Più’ o meno tutti, all’inizio, chiedono a Sandra: «Quanti hanno già accettato?». Perché una cosa è certa. Come Sandra ha bisogno del suo lavoro per pagare il mutuo e le spese per i figli, per nessuno degli altri il bonus è un lusso: di quei soldi – pochi, maledetti e subito – hanno bisogno tutti per pagare le bollette,  per la ristrutturazione di qualcosa di casa che cade a pezzi, o per mandarli a una famiglia lontana. Le difficoltà, il senso di profonda insicurezza nel futuro accomunano ognuno di loro. Non per nulla l’odioso aut aut è arrivato da un capo, che ha scaricato sui dipendenti la decisione, in una guerra fra poveri che ormai vediamo tante, troppe volte.

Sandra all’ inizio non crede di potercela fare. Ma, man mano che avanza nella sua ricerca di consensi, senza umiliarsi né far sentire gli altri in colpa, ritrova la forza di reagire, di chiedere comprensione conservando quella per gli altri. Fino a un finale davvero sorprendente, anche se realistico. Il film non edulcora nulla, come sempre per i Dardenne.

E qui bisogna spendere molte parole per la protagonista di questo teso, intenso, umanissimo film: Marion Cotillard, la prima attrice nota a livello internazionale con cui i due abbiano lavorato.

Il perfezionismo dei Dardenne, la loro attenzione maniacale al dettaglio per restituire il massimo del realismo possibile è nota a chi ne conosce i film. E anche il modo di girare, pedinando il personaggio principale con piani sequenza “invisibili”. «I grandi attori sanno sparire, ricreando i gesti della gente comune – hanno dichiarato i registi – e Marion ha dato un volto e un corpo nuovi per il nostro film».

La superba recitazione della Cotillard è infatti intensamente fisica, sempre in tensione, come richiede la situazione ad altissimo tasso di stress che sta vivendo. E quando il secondo collega le dà il voto, inaspettatamente, quasi fosse un miracolo, vediamo che ritorna a sorridere, le si illuminano gli occhi, persino il suo modo di camminare cambia. Quasi si dicesse da sola, dopo ore e ore di angoscia, che si, forse ce  la può fare. Non dimenticheremo facilmente la sua Sandra fragile, umana, sempre in pantaloni e senza un filo di trucco. Dopo tanti film a Hollywood, la Cotillard ci regala qui la sua più’ grande interpretazione. Sinora.
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