Riqualificare Tor Sapienza?

Il progetto c’è, i soldi pure. Ma è tutto bloccato. Si chiama Reblock ed è realizzato dall’università Tor Vergata in collaborazione con 30 associazioni. È finanziato con fondi europei, ma per usarli manca la firma del Comune

 

di Eleonora Camilli, Redattore Sociale

 

22 novembre 2014 – “È come avere in tasca il biglietto vincente della lotteria e non incassarlo”. Il paradosso di Re-block, lo sintetizza così uno dei suoi promotori, Alfredino Di Fante, che da mesi aspetta di far partire questo progetto di riqualificazione urbana, bloccato da una firma mancante del Comune di Roma. Una storia come tante di lungaggini burocratiche, si direbbe, se non fosse che questo progetto realizzato dall’università Tor Vergata insieme a trenta associazioni territoriali, è stato pensato proprio per il quartiere Tor Sapienza, anzi per via Giorgio Morandi, famosa in tutta Italia per gli scontri delle scorse settimane.
“Tutto molto bello, ma non si sa perché è ancora bloccato”. Finanziato dalla Comunità europea, e quindi a costo zero per l’amministrazione capitolina, il progetto Reblock (acronimo di REviving high-rise Blocks for cohesive and green neighborhoods) intende avviare una riqualificazione a tutto tondo volta a far uscire l’anello del Morandi, costituito da una muraglia di palazzoni, dall’isolamento sociale in cui è immerso e che costituisce linfa vitale per le attività illecite e la microcriminalità.

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Ma ad oggi è ancora fermo, perché le regole del bando Ue prevedono che il Comune di Roma, in qualità di esperto del territorio faccia da ente accreditatore, insieme all’università Tor Sapienza (ente scientifico) e le associazioni cittadine (trenta in tutto, venti delle quali di Tor sapienza riunite nell’Agenzia di quartiere).

Eppure l’iniziativa è in piedi da oltre un anno, e ben otto mesi fa è stata presentato ufficialmente alla presenza di alcuni assessori comunali, che avevano preso l’impegno di farlo partire. “Avevamo invitato i quattro assessori coinvolti: Luigi Nieri per il patrimonio, Estella Marino per i rifiuti e il verde pubblico, Paolo Masini responsabile dei Lavori pubblici e Giovanni Caudo che si occupa di urbanistica. L’invito era stato esteso anche a Claudio Rosi direttore dell’Ater – spiega Di Fante – Sono venuti tutti tranne Rosi e Nieri. Ci hanno fatto grandi complimenti, tutto molto bello, ma niente di più, per mesi. Ora, dopo che è scoppiata la rivolta, ci si è resi conto che lì c’erano delle istanze importanti per la riqualifica del territorio. Ci hanno richiamato, ma aspettiamo ancora l’adesione. Per ora hanno promesso ai residenti di rifare i marciapiedi e di occuparsi dell’illuminazione, interventi che servono certamente, ma bisogna pensare in maniera più strutturata. Noi aspettiamo ancora, e speriamo che questo biglietto della lotteria Marino lo voglia davvero incassare”.
Secondo i promotori Il Comune di Roma fino ad oggi non ha aderito per “distrazione e mancanza di ambizione. Anche se ora alla luce quello che successo, forse useranno questo progetto per riparare la scandalosa situazione in cui si trovano – sottolinea Di Fante -. Ma è veramente assurdo perché quando lo abbiamo presentato a livello europeo è stato selezionato come uno tra i migliori progetti sulle periferie, insieme a un altro presentato dalla città di Malaga, si tratta infatti di un programma di azione strutturato ed efficace. E invece siamo fermi: il Comune dovrebbe solo metterci il suo marchio, accettare i soldi della Comunità europea e impegnarsi ad usarli per riqualificare Tor Sapienza, ma ad oggi non l’ha ancora fatto”.

Il progetto. Le aree di intervento di Re-block sono tre: innanzitutto c’è un’azione di qualifica ambientale volta allo smaltimento dell’amianto e alla riqualificazione delle aree verdi abbandonate. Il secondo intervento è invece pensato per il complesso del Morandi, un blocco di palazzine che isola la via da Tor sapienza “vecchio”, cioè dalla parte più storica del quartiere. “L’idea è trasformare questa sorta di muraglia in una cerniera di unione attraverso la riqualifica delle strutture abbandonate – spiega ancora Di Fante -. Per esempio si è pensato di fare dell’ex scuola Vittorini una sorta di casa delle associazioni, dove dare supporto alle persone in difficoltà, ai disabili, alle persone disagiate. C’è anche un’area che sarà dedicata ai papà separati e abbiamo pensato a laboratori di artigianato per i ragazzi”. Infine il progetto intende anche sviluppare un’economia locale di tipo alternativo con un mercatino del riciclo e una produzione e vendita di prodotti a chilometro zero. Secondo i promotori si tratta di una sperimentazione che da Tor Sapienza potrebbe estendersi anche ad altri quartieri della Capitale con le stesse problematiche urbanistiche e sociali. Sempre se riuscirà a partire.


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