Dopo lo sciopero sociale e lo sciopero dei metalmeccanici, e in attesa dello sciopero generale del 12 dicembre, arriva lo sciopero del voto. Una cosa mai vista in Emilia Romagna, con un tasso d’astensione pari a circa il 62% del corpo elettorale, ovvero hanno votato solo 1.250.000 cittadini/e (il 38%)
di Bruno Giorgini
25 novembre 2014.- Alle ultime elezioni europee, pochi mesi fa, i votanti erano stati attorno al 70%, circa 2.390.000 . Inoltre se guardiamo la distribuzione dei voti, scopriamo che il PD è calato al 44% ottenendo 535mila voti, rispetto al 52% e mezzo (1milione duecentomila voti e passa) delle elezioni europee, perdendo in percentuale un 8% ovvero per l’esattezza perdendo 677.283 voti (prendo i dati dal blog di Paolo Soglia già direttore di Radio Città del Capo).
Sic transit gloria mundi vien da twittare al ganzo fiorentino, il renzi senza maiuscola che credeva di dominare l’elettorato inalberando il vessillo del suo partito della nazione. Quindi in Emilia Romagna la sconfitta del PD della nazione renziana pare, stando ai numeri, inequivocabile e pesantissima, nonostante il governo della regione riconquistato. Diciamola così: senza dubbio nell’altissima astensione convergono moltissimi cittadini/e già elettori del PD praticando un cosciente sciopero del voto come segno di dissenso assai esteso e profondo rispetto alla politica neoliberista e autoritaria del segretario del partito nonchè presidente del consiglio. Chissà se l’angelica ministra Boschi parlerà con fiero cipiglio dei professoroni cattivi maestri di cotanta astensione, non mi meraviglierebbe.
Se poi questa emorragia di voti che ha dissanguato il PD sia permanente oppure un avvertimento, un sonoro scappellotto perchè egli cambi politica o almeno ne corregga gli aspetti più odiosi, antioperai e antipopolari, è difficile dire, certo allo stato attuale il PD partito riformista di massa è un ricordo, per molti un rimpianto, mentre nella realtà il partito senza organizzazione e senza tessere, il partito dei tavoli alla leopolda e dei cinguettii su twitter, è franato vittima della pioggia battente delle astensioni, oltrechè di un calo percentuale attorno all’8%.
Il fatto è che non solo renzi e i suoi hanno rottamato l’organizzazione, la ditta, con palese disprezzo per Bersani (addirittura, come il Pierluigi ebbe a denunciare in una direzione nazionale, col metodo Boffo, la macchina del fango), ma anche hanno smarrito l’idea stessa di egemonia, fondamento del riformismo emiliano, e infine abbandonando la composizione degli interessi economici e sociali di cui il partitone sempre si era fatto garante. Infatti lo schieramento di renzi a fianco di Confindustria e dei padroni del vapore è talmente smaccato da interdirsi qualunque azione politica di mediazione, da quella tra lavoratori e padronato a quella tra padroncini e media/grande industria (strano è che su questa strada lo abbia seguito Graziano Delrio che d’Emilia e enti locali dovrebbe intendersi, e testa che tutti dicono essere fina). Le cooperative poi agiscono ormai in piena autonomia nel mercato – alcune come Unipol, la CMC (Coperativa Muratori e Cementisti), il CCC (Consorzio Cooperative Costruttori), Coop Adriatica tutte emiliano romagnole essendo in proprio dei giganti- almeno da quando l’ultima impresa in compartecipazione DS oggi PD, quella portata avanti da Consorte al tempo Presidente di Unipol per l’acquisizione della BNL, naufragò nell’indagine della magistratura nonchè nell’improvvida telefonata di Fassino che esclama, più o meno, finalmente abbiamo una banca. Nè basta un manager della Lega Coop al governo, perchè se una rondine non fa primavera, tantomeno un Poletti fa un movimento cooperativo.
Ma a questo punto sento fischiarmi le orecchie, alcuni o molti obiettando che comunque l’astensione è un fenomeno “qualunquista”, tanto più se intrecciato con una buona crescita percentuale e in voti della Lega dell’altro Matteo, il Salvini salvatore della patria che erge il suo petto contro l’invasione degli immigrati e degli zingari, in alleanza con i neonazisti di casa pound, mobilitando una quota di popolo nostrano mentre in Europa si allea e coordina con Marine Le Pen, la Vague Bleu, l’onda blu che rischia di sommergere l’assetto stesso della V Repubblica fondata da De Gaulle. Insomma un tasso così alto di astensione metterebbe a rischio la democrazia rappresentativa.
In realtà questa astensione è l’emergenza macroscopica di una crisi già in atto della democrazia rappresentativa, una crisi del criterio di rappresentaza, indotta dalle stesse forze politiche e dalle istituzioni. Che dire infatti di un Parlamento – il Legislatore – composto da nominati dai segretari dei partiti, un parlamento (la minuscola è d’obbligo) eletto sulla base di una legge giudicata incostituzionale dalla Consulta, e che oggi pretende di poter nientepopodimenoche abolire il Senato su imperio di renzi, capo di un governo che usa a man bassa la fiducia, capo di governo che è anche capopartito, e in questa veste adepto del vecchio centalismo democratico di leninista memoria secondo cui la minoranza deve adeguarsi alle decisioni della maggioranza, apparentemente strana concezione per chi si vorrebbe liberale, invece del tutto congruente con chi, come renzi, è invece liberista autoritario, come il suo modello di legge elettorale dimostra a iosa, il cosidetto job act rincarando la dose nell’abolizione dell’aricolo 18. Infine, saltando il M5S che ormai s’arrabatta soltanto per far parte a pieno titolo del Palazzo, andiamo a sinistra, piccola ma pugnace (spero), e mi riferisco all’Altra Emilia-Romagna che sfiora il 4%, lasciandosi SEL alle spalle, essendo che SEL si è alleata al PD come i pessimisti prevedevano ahimè.
La minuscola affermazione dell’Altra Emilia è una increspatura nell’acqua stagnante della politica istituzionale, forse potendo diventare almeno un’ondina. Starà a chi è stato eletto/a darsi da fare per non rimanere un pallido fantasma, un’ombra evanescente confinata nei corridoi del palazzo della Regione tra un’alzata di mano e una riunione di commissione, bensì scendendo in strada tra la gente, perchè lì e solo lì oggi nasce e si costruisce una politica di opposizione efficace al liberismo di renzi e dell’establishment finanziario mercantile che opprime e sfrutta i lavoratori, riduce i diritti e le libertà, allarga la povertà, produce esclusione e miseria sociale con un alto tasso di violenza, così inquinando e mettendo a rischio la convivenza civile.
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