Il Parlamento italiano si impegni a votare il riconoscimento dello stato di Palestina: la campagna di Q Code Magazine
di Angelo Miotto e Christian Elia
@angelomiotto – @eliachr
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26 novembre 2014 – Un anno dopo l’altro. Per sessantasei volte. Basta prendere una penna, stenderla sul tavolo, e poi un’altra. Per sessantasei volte. Sessantasei penne che sul tavolo non ci stanno, finiscono sul pavimento, e continuano a disegnare una linea che esce dallo studio, entra nel salotto, gira per la camera da letto, fino alla cucina.
Un serpentone, che potrebbe aiutare a immaginare quanto possa essere lunga un’attesa. Così lunga che, alla fine, non è più un’attesa, ma una condanna. Perché sono sessantasei anni che i palestinesi aspettano di veder nascere un loro stato indipendente.
Alla linea di penne, necessarie per firmar trattati internazionali, aggiungete una risma di fogli, necessari per scrivere risoluzione delle Nazioni Unite. Cominciate con quelle degli anni Quaranta, dopo il secondo conflitto mondiale, e arrivate fino al 2014. Il pavimento della vostra casa non si vedrà più. Migliaia di risoluzioni, migliaia. Che dicono cose semplici: ai palestinesi è riconosciuto il diritto a uno stato indipendente, ai palestinesi è riconosciuto il diritto all’acqua, non si devono costruire insediamenti illegali sulle terre che l’Onu assegna ai palestinesi.
E ancora. Gerusalemme sarà capitale dei due stati. I profughi palestinesi hanno diritto al ritorno. Israele deve abbandonare i territori occupati nel 1967. Gli ulivi palestinesi non devono essere abbattuti, come non devono essere abbattute le case delle famiglie dei palestinesi che hanno compiuto azioni contro Israele. Chiede che non siano detenuti, con regole militari, minorenni palestinesi e chiede che vegano rispettate le convenzioni di Ginevra rispetto ai prigionieri politici. Se vi avanzano fogli, aggiungete qualche sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che condanna la costruzione del muro di separazione e ne chiede l’abbattimento.
Nessuna di queste risoluzioni è stata, né viene, rispettata, nessuna di queste risoluzioni è stata, né viene, applicata. Nessuna. E tra penne e fogli, davvero, non riuscite più a orientarvi, nella vostra stessa casa.
Oggi la tensione in Cisgiordania è massima. Dopo la Seconda Intifada, mai era accaduto. Gaza aveva catturato tutta l’attenzione di Israele e dei suoi cacciabombardieri. Anche se in Cisgiordania continuavano a crescere gli insediamenti illegali, il muro è sempre in piedi, gli arresti arbitrari e le detenzioni senza processo continuano.
Adesso, però, si torna a parlare di Terza Intifada. E il rischio è grande. Perché dopo sessantasei anni di promesse le persone non ti credono più. Non accettano più di sentirsi dire ‘’porta pazienza’’. L’esasperazione, l’assenza di speranze, la perdita di fiducia ti rendono sordo a qualsiasi altra questione che non sia pratica.
Se oggi davvero qualcuno ha voglia di parlare di pace e giustizia in Palestina, non si può più perdere un minuto nel riconoscere lo stato di Palestina. Perché solo un atto concreto e visibile potrà riportare la società civile palestinese a credere che esista un domani differente.
La Svezia, la Francia, la Gran Bretagna, la Spagna. In queste settimane sono sempre di più i parlamenti che se ne rendono conto. E votare una mozione per il riconoscimento dello stato palestinese è simbolico, certo, ma è un segnale che deve portare a una mobilitazione sempre più grande, a una pressione sempre maggiore, non per chiedere la luna, ma solo che venga riconosciuto un diritto.
E l’Italia? Ecco, l’Italia. E’ tempo che anche qui si ritorni a guardare oltre il provincialismo di un’agenda internazionale sempre più priva di bussola. Q Code Mag si propone come contenitore, per ospitare qualsiasi intervento e qualsiasi proposta, per portare al parlamento italiano la richiesta di votare una mozione parlamentare per il riconoscimento della Palestina.
Perché la Palestina esiste lo stesso, nella sua gente, nella sua cultura, nella sua storia. Ma è tempo che anche l’Italia sappia far sentire la sua voce, nel concerto di un movimento internazionale che si sta muovendo da tempo. Non è che un atto simbolico, si dirà. Certo, sono ben altri gli atti dovuti a questo popolo.
E’ necessario, però, a volte, passare dalle battaglie simboliche per fare pressione.
Perché è giusto, perché è dovuto. Perché riconoscere lo Stato palestinese servirebbe a togliere qualsiasi alibi a chi lavora alla guerra, darebbe di nuovo un senso di credibilità alla comunità internazionale, lascerebbe in difficoltà chi lavora contro la pace.
La campagna di Q Code sarà contrassegnata da un hashtag: #Italy4Palestine.
Vi raccoglieremo interviste, storie, reportage, spiegazioni. Per raccontare come si vive oggi, come si vivrebbe domani, come si dovrebbe vivere se la giustizia avesse un senso.
Perché potrebbe non servire a nulla, ma è giusto impegnarsi anche se il risultato non è scontato. Perché una parola ferma del parlamento italiano non sarà decisiva, ma sarebbe giusta. E abbiamo bisogno di tornare a mettere in ordine il pavimento, anche in casa nostra.
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