Rimandato al 18 dicembre per mancanza di consenso il voto per riconoscere lo Stato di Palestina: i socialisti premono per una mossa unilaterale, i popolari vogliono infilarci il negoziato con Israele
tratto da NenaNews
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27 novembre 2014 – Il parlamento europeo avrebbe dovuto votare domani (ndr. oggi) una mozione sul riconoscimento dello Stato di Palestina, ma l’assenza di consenso interno sulla terminologia da utilizzare ha convinto i parlamentari a rimandare la votazione al 18 dicembre, tra tre settimane. La mozione era stata presentata dal gruppo di socialisti democratici ed è stata spostata su richiesta dei popolari per mancanza di consenso sulla bozza: quella originale parlava della necessità che “tutti i Stati membri Ue riconoscano lo Stato di Palestina entro i confini del 1967 con Gerusalemme come capitale”; i popolari premono per seguire il modello spagnolo, ovvero il riconoscimento dello Stato solo a seguito di negoziati tra le parti.
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Questa potrebbe essere la soluzione migliore per la Ue, timorosa di compiere passi troppo concreti perché – seppur premendo a parole per la soluzione a due Stati – ha sempre invitato gli Stati membri ad evitare mosse unilaterali che non siano figlie del dialogo tra israeliani e palestinesi. Per ora a festeggiare è Israele, che plaude al rinvio del voto, definito “controproducente”, e continua a fare lobby all’interno dei vari gruppi parlamentari perché anche la votazione del 18 dicembre si concluda con un flop.
Un obiettivo da non mancare per Tel Aviv, dopo il voto favorevole dei parlamenti di Gran Bretagna, Irlanda e Spagna, quello della Svezia e l’attesa votazione del parlamento francese, prevista per il 28 novembre. Di riconoscimento torna a parlare anche il presidente dell’Autorità Palestinese, Abbas: “E’ venuto il momento di trovare la volontà politica per lavorare seriamente all’ottenimento dei diritti inalienabili del popolo palestinese, compresa l’indipendenza dello Stato entro i confini del 1967”. Ovvero il 22% della Palestina storica.
Ma se a parole l’Anp preme per lo Stato, nei fatti frena un’azione individuale: ieri il ministro degli Esteri palestinese all’Onu Malki ha annunciato il rinvio della richiesta al Consiglio di Sicurezza Onu di promuovere una risoluzione per porre fine all’occupazione militare israeliana dei Territori Occupati, per la mancanza ad oggi di almeno nove voti a favore.
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