Rosarno, tutto come prima

Amnesty International Italia presenta il rapporto “Lavoro sfruttato due anni dopo” ed evidenzia le falle della Legge Rosarno

 

di Antonio Marafioti
@AMarafioti     

foto Nadia Lucisano

 

29 novembre 2014 – Il sistema di sfruttamento dei migranti di Rosarno si regge su due livelli: quello occulto dei caporali che fa leva sul lavoro nero e sottopagato, quello palese della legge italiana che impedisce le denunce e l’autotutela dei braccianti extracomunitari.
È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Amnesty International Italia presentato nella cittadina calabrese insieme alla Carovana italiana per i diritti dei migranti, la dignità e la giustizia.

Il documento dal titolo “Lavoro Sfruttato due anni dopo – Il fallimento della legge Rosarno nella protezione dei migranti sfruttati nel settore agricolo in Italia”, è un nuovo monitoraggio della condizione dei cittadini africani e asiatici impiegati nelle campagne del Centro-sud Italia.
Nel rapporto del 2012 vennero documentate gravi violazioni ai diritti dei lavoratori come , si legge, “paghe al di sotto del salario minimo contrattato fra imprese e sindacati, riduzioni arbitrarie delle paghe, pagamenti ritardati o mancati pagamenti e lunghi orari di lavoro”. E poi ci sono le politiche migratorie del governo italiano che, sostiene il rapporto, hanno “aumentato i rischi per i lavoratori migranti di essere sottoposti a sfruttamento lavorativo, soprattutto per quanti si trovino in una situazione d’irregolarità”.

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È una violazione del diritto internazionale generale e di almeno quattro convenzioni ratificate dal nostro Paese.
E dire che ci sono voluti quattro anni dal giorno delle rivolte che nel 2008 infiammarono la cittadina calabrese perché il governo si decidesse ad adottare il Decreto Legge 109, conosciuto come Legge Rosarno e che, almeno sulla carta, introdusse “misure di protezione per i lavoratori migranti irregolari vittime di sfruttamento”.

Introdotta per dare attuazione alla Direttiva Europea 2009/52 EC (Direttiva Sanzioni) di lotta all’immigrazione illegale, la Legge Rosarno permise soprattutto l’interruzione della procedura di infrazione aperta in Commissione Europea contro l’Italia per mancata trasposizione della direttiva nei tempi richiesti.
Si mise una pezza sulla rispettabilità del governo di Roma di fronte ai Paesi membri e si cercò di correggere un sistema corrotto. Delle due solo la prima opzione funzionò, almeno a livello diplomatico, dal momento che, sostiene AI, “il Decreto Legge 109/2012 fallisce nell’intento di fornire una protezione effettiva ai lavoratori agricoli”.
E ciò si verifica nonostante sia previsto il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari al lavoratore che denunci il proprio datore di lavoro e che cooperi nel procedimento penale contro lo stesso.

Tutto sulla carta. Nella realtà la legislazione ha invece peggiorato la situazione dei migranti che hanno ormai rinunciato a esercitare il loro diritto per timore di subire un’espulsione dal Paese o di non ottenere, in caso di rientro in patria, il pagamento della mano d’opera arretrata.

A livello burocratico, il d.l. 109/2012 ha, infine, messo un blocco alla concessione di permessi di soggiorno. “In Calabria – si legge nel rapporto – tra l’entrata in vigore e l’ottobre del 2013 non è stato concesso alcun permesso di soggiorno dall’Ufficio del Procuratore di Palmi; né è stato emesso uno solo presso la Questura di Reggio Calabria. In Campania, la Questura di Caserta non ha registrato alcun impatto quantitativo della Legge Rosarno con riguardo ai numeri di permessi rilasciati, avendo ricevuto tra luglio 2012 e ottobre 2013 solo alcune richieste di permesso di soggiorno per sfruttamento lavorativo. Nel Lazio, tra luglio 2012 e ottobre 2013 il Procuratore Capo di Latina non ha ricevuto alcuna richiesta di permesso di soggiorno in base alla Legge Rosarno”.

Il perché è nelle parole di Joshua (nome di finzione) un lavoratore migrante del Ghana, che ad AI ha dichiarato: “I datori di lavoro cambiano tutto i giorni. Chi dovrei denunciare? E in che modo posso sostenere la mia denuncia?”.

Al termine della presentazione del rapporto, un corteo di lavoratori migranti e cittadini solidali ha sfilato fino al porto di Gioia Tauro, passando per la sede di Sos Rosarno e per la tendopoli di San Ferdinando. Erano presenti Padre Alejandro Solalinde, direttore del centro migranti “Fratelli in cammino” nello stato di Oaxaca, Messico, e coordinatore del Centro pastorale cattolico di cura per i migranti nel sud ovest del Messico, José Jaques Medina, fondatore e presidente del primo sindacato di operai senza documenti e del sindacato nazionale dei lavoratori migranti del Messico, e Mounira Chagrani, portavoce delle famiglie di 501 tunisini scomparsi nel Mediterraneo tra il 2010 e 2011 mentre cercavano di arrivare in Italia.

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