Carol e Pedro. Due cittadini brasiliani, due vite all’opposto e una ricerca che tenta di spiegare i motivi delle loro esistenze tanto differenti
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/1015058_4778608114201_571572631_o.jpg[/author_image] [author_info]di Elena Esposto, da Rio de Janeiro. @loveSleepless. Nata in una ridente cittadina tra i monti trentini chiamata Rovereto, scappa di casa per la prima volta di casa a sedici anni, destinazione Ungheria. Ha frequentato l’Università Cattolica a Milano e si è laureata in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo. Ha vissuto per nove mesi a Rio de Janeiro durante l’università per studiare le favelas, le loro dinamiche socio-economiche, il traffico di droga e le politiche di controllo alla criminalità ed è rimasta decisamente segnata dalla saudade. Folle viaggiatrice, poliglotta, bevitrice di birra, mediamente cattolica e amante del bel tempo. Attualmente fa la spola tra Rovereto e Milano[/author_info] [/author]
5 dicembre 2014 – Avete presente quelle persone irritanti che dicono di essersi fatte da sole? Quelle che si meritano il successo perché è esclusivamente frutto del loro enorme sforzo di riuscire nella vita? Quelle che «se gli altri sono poveri è colpa loro, potevano sbattersi di più e ci sarebbero riusciti»?
I darwinisti, gli affezionati di Weber…in poche parole gli stronzi. Il mondo brulica di stronzi, niente di nuovo su questo fronte, ma alcune volte raggiungono dei livelli quasi fantascientifici. È il caso di una ricerca condotta da uno studioso americano, e fedelmente riproposta dal quotidiano brasiliano “Estado de São Paulo”, sulle nove abitudini dei ricchi che i poveri non hanno.
Come si dice, il diavolo sta nei dettagli. Ve le voglio riproporre applicate alla società brasiliana, dal momento che anche i media nazionali l’hanno proposta ai loro lettori, e lo inizierò presentandovi due personaggi.
Carol (nomi di fantasia, personaggi reali) vive in una baracca arroccata in una favela. La casa è composta di una stanza dove vive con la madre, uno zio e la sorella che ha appena avuto un bebè. Tutte le mattine si alza all’alba, scende a prendere il pane, risale la ripidissima scalinata, prepara la colazione alla famiglia, poi esce per andare al lavoro. Il tragitto da casa al lavoro e viceversa, pressata in un autobus pieno di gente, le porta via almeno due ore al giorno. Il pomeriggio dopo il lavoro va al doposcuola a prendere due cuginette e una nipotina, le porta a casa sua che a quel punto rigurgita gente e animali (la cagna e la gatta hanno appena partorito) e aspetta che qualcuno venga a prendersi le bambine.
La casa è tremenda, una poltrona sfondata, un sofà e un letto, un vecchio mobile senza ante funge da armadio per tutta la famiglia e il pavimento di cemento è ricoperto da una logora moquette. In un angolo della stanza troneggia un’enorme tv, pagata a rate che si proiettano per i decenni futuri e si trasformano in debiti, classico meccanismo di consumo nelle classi basse in Brasile. Il sabato e la domenica lo passa con la famiglia, il fidanzato o gli amici. Vanno in spiaggia, organizzano barbecue o intraprendono il lungo viaggio fino ad uno dei quartieri più periferici della città dove vive una parte della famiglia. Un week end al mese lo passa al capezzale della nonna malata, per dare il cambio alle altre cugine e a sua madre.
Pedro è figlio della classe media. Quando l’ho conosciuto studiava in una delle più prestigiose e care università del Paese, dopo aver già trascorso un anno in Europa. Vve in un attico in un quartiere residenziale e la mattina quando si alza Dona Maria, la domestica, ha già preparato la colazione. A lui non rimane che vestirsi ed uscire per andare in ufficio (con la macchina, ovviamente) dove lavora per una compagnia straniera con base in Brasile. Dopo il lavoro esce a bere una birra con gli amici, va al cinema o in qualche club di classe, il week end si rilassa, legge Sartre in francese, va a correre per tenersi in forma o in spiaggia con i colleghi e gli amici.
Secondo la lista dello studioso americano la prima differenza tra ricchi e poveri è che i primi hanno sempre in vista i loro obiettivi. La seconda è che i ricchi sanno sempre quello che bisogna fare oggi e lo fanno. Bizzarro.
Anche Carol sa che ogni giorno deve scendere a prendere il pane, andare al lavoro, recuperare le bambine all’asilo e accudire la nonna e lo fa, immancabilmente, perché sa che non ci sarà nessuno che lo farà al suo posto. Tuttavia questo non le impedisce di continuare a vivere nella favela, a lavorare come segretaria e a guadagnare quanto basta per mantenere sé stessa e la famiglia (e pagare le rate della tv). Altre tre caratteristiche che fanno ricchi i ricchi sono il fatto che essi non guardano la tv e leggono, non per piacere, ma per il desiderio di apprendere. Inoltre amano gli audio libri.
A questo punto dobbiamo introdurre un elemento cruciale, quell’elemento che potremmo chiamare “uguali opportunità iniziali”. In Brasile i poveri figli di poveri probabilmente avranno frequentato delle scadentissime scuole pubbliche, senza adeguato equipaggiamento e insegnanti costretti a lavorare in situazioni precarie e di violenza. Se il buon Pedro può leggere Sartre in francese è perché i suoi genitori hanno pagato fior fior di scuole private, ha completato l’università e non ha mai dovuto lavorare per mantenersi nel tempo libero. Non è certo questo il caso di Carol.
Per quanto riguarda gli audio libri dubito che anche Pedro li ascolti, ma certamente nell’abitacolo pulito e silenzioso della sua macchina non sarebbe difficile farne uso, al contrario di quello che succederebbe nell’autobus che prende Carol, dove il rumore del traffico che penetra dai finestrini aperti, lo sferragliamento della carrozzeria e le urla dei venditori ambulanti e di quelli che cercano di convertirti al Vangelo ti arrivano ai timpani anche se te li stai sfondando con 120 decibel di funk.
La sesta differenza è che i ricchi lavorano più del necessario. Sempre secondo la ricerca solo il 6 per cento dei ricchi intervistati si sentono insoddisfatti del proprio lavoro. Leggendo tra le righe: se il tuo lavoro ti piace perché dovrei stupirmi se resti in ufficio oltre l’ora prevista? I ricchi poi non si aspettano di diventare ricchi dal giorno alla notte, infatti solo il 6 per cento gioca alla lotteria contro il 77 per cento dei più poveri. Anche qui l’amico ricercatore si è dato la zappa sui piedi. Chi è già ricco perché dovrebbe aspettarsi di diventare ricco? In secondo luogo da chi è più ragionevole aspettarsi la speranza nella botta di culo della lotteria? Da quello cui non manca nulla o da chi vive nell’indigenza?
L’ottava differenza consiste nel fatto che i ricchi si preoccupano della loro salute, in particolare, sottolinea la ricerca, il 57 per cento dei ricchi conta le calorie tutti i giorni contro il 5 per cento dei più poveri. Credo sia scontato dire che il conteggio delle calorie ha senso solo per chi rischia di assumerne in eccesso, mentre non vale il contrario. Inoltre questo lusso se lo può permettere solo chi ha una dieta abbastanza diversificata. Se tutti i giorni hai nel piatto la stessa roba basta che conti le calorie una volta nella vita.
Se poi volessimo parlare della salute in modo più globale basterebbe dare un’occhiata al sistema sanitario brasiliano. Le liste di attesa della sanità pubblica sono infinite e dal momento che i poveri, per definizione, non possono permettersi la sanità privata non sorprende che siano meno in salute dei ricchi. L’ultima differenza recita (cito testualmente): «I ricchi si prendono cura del loro sorriso». Amici, io ci ho provato. È un mese che mi lavo i denti quindici volte al giorno ma il mio conto in banca continua con il suo trend calante…
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